«Nuovo corso» per i beni confiscati
Si trova già ai blocchi di partenza il nuovo percorso in programma nel ddl sicurezza in materia di confisca e riutilizzo dei beni confiscati ai mafiosi. Ci saranno alcune novità importanti in queste nuove disposizioni normative e vanno nella direzione da piu parti auspicata: accorciare i tempi dell’iter e accertarne il riutilizzo sociale. Una svolta che però si ferma un passo prima della costituzione di un’agenzia nazionale unica per i beni confiscati. Per questo mancano ancora degli “steps” – fa intendere Antonio Maruccia – nonostante il parere positivo all’unanimità. Il punto della situazione con il riconfermato commissario straordinario del Governo per i beni confiscati.
Commissario riconfermato per il secondo anno, un rapporto già stilato per il 2008 che racconta di questo primo periodo di lavoro. Qual è il bilancio?
Positivo. La sensazione è che si stia andando verso la direzione già percorsa dalla società civile, da Libera, dagli enti locali. Il lavoro dell’ufficio è stato di monitoraggio, sensibilizzazione di enti locali e prefetture, di stimolo quotidiano. Un lavoro di cui siamo soddisfatti pur sapendo che è solo l’inizio e che bisogna continuare ad andare avanti, soprattutto adesso che le nuove disposizioni normative cambieranno le carte in tavola sarà importante continuare a utilizzare questo strumento che si è rivelato efficace.
A tal proposito, cosa cambierà con il ddl sicurezza in materia di riutilizzo di beni confiscati alle mafie?
Ci sarà una nuovo corso. Dopo molti anni questo dispositivo sposterà dal demanio ai prefetti la responsabilità della destinazione del bene confiscato. Al demanio rimarranno i poteri burocratici tecnici, diciamo, e invece sarà trasferita con formula piena al prefetto la possibilità di scegliere, di vagliare e di valutare. Ad oggi il ruolo del prefetto era ridotto solo all’espressione di un parere, dal ddl in poi le scelte delle prefetture saranno al centro di tutto il percorso di assegnazione del bene. Non da solo ovviamente. Oltre a questo significativo fattore se ne aggiungerà infine un altro. Alla Conferenza dei servizi sarà dato parere consultivo e dentro questa conferenza per la prima volta potranno prendere parte in pianta stabile esponenti della società civile.
Un cambiamento concettuale e logistico insieme rispetto alla cultura del riutilizzo del bene confiscato?
Si esatto. Per la prima volta si includono i singoli cittadini, le associazioni, la società tutta nel percorso di riassegnazione del bene confiscato, un riconoscimento importante che sicuramente produrrà dei cambiamenti e delle innovazioni.
Un percorso importante quello da lei sin qui descritto che si ferma però ad un passo dalla richiesta che proprio la società civile ha fatto negli ultimi anni: la costituzione di un’agenzia nazionale per i beni confiscati. E’ mancata la volontà politica?
L’agenzia per i beni confiscati la chiediamo da molto tempo proprio come strumento capace di superare le attuali debolezze della 109 /96. Ciò detto tutti i pareri espressi da forze governative e da istituzioni passate e presenti sono positivi all unanimità, cioè in teoria sarebbero tutti d accordo con la sua costituzione, nei fatti però – come ricordava lei – ci si è fermati prima. A mio giudizio non ci sono volontà politiche di nessun tipo dietro questo fatto. Semplicemente credo più plausibile che siano mancate le condizioni per destinare le risorse in quella direzione. Qualche tempo fa di fronte alla richiesta di strutturare il nostro ufficio presso la presidenza del consiglio dei ministri ci era stato risposto che « non c’erano le condizioni economiche per farlo».
Spostiamoci ai risultati. Ieri sono stati presentati a Roma i campi estivi di lavoro sui beni confiscati. Uno di questi si svolgerà nella nascitura cooperativa del casertano. Lei si è recato più volte in quell’area e ha avuto modo di osservarla, come sta reagendo il territorio campano a questo bene nato sui territori del clan del casalesi?
Bene, molto bene, sono rimasto stupito dell’entusiasmo che intorno si respira. Si sente che quelle persone, i casalesi (i casertani i campani) si sentono davvero parte di questo percorso che vedrà nascere la mozzarella della legalità, simbolo di rinascita e di mercato etico. In quelle terre un tempo appartenute al clan dei casalesi oggi si respira un’area nuova. Un’area che mi ha particolarmente colpito il 19 marzo scorso quando con Libera piu di 30 mila fra casalesi e resto d’Italia hanno invaso le strade di quel paesino del casertano. Mi rimarranno negli occhi quelle straordinarie immagini di Casal di Principe e sono certo che questo bene confiscato sarà lo stimolo verso una maggiore costanza d’impegno per la società civile, per il popolo dei casalesi.
Ultima domanda sulla Sicilia. Raccogliendo una denuncia che arriva da Libera Palermo in questi giorni, vorrei chiederle qual è la situazione nella provicnia di Palermo, dove hanno sede insieme a Trapani e Agrigento il maggior numero di beni confiscati a Cosa nostra. Sembra infatti che alcuni Comuni non riutilizzino i beni in loro possesso… è vero?
Su questo ci sono alcune considerazioni da fare. Ottima l’esperienza del Consorzio Sviluppo e Legalità a Palermo ma allo stesso tempo problematica la situazione di chi si trova in difficoltà nella gestione di beni sul proprio territorio perchè magari incontra degli ostacoli di carattere economico. Non dimentichiamo le ipoteche che gravano spesso sui beni e lo stanziamento di risorse necessario a renderlo nuovamente utilizzabile dopo anni di abbandono o episodi di devastamento. Ciò detto i Comuni devono fare la scelta del riutilizzo perchè è l’unica scelta da fare. Quando si verificano le condizioni appena dette si dovrebbero poter mettere a disposizione alcuni strumenti, correttivi per rendere possibile a livello economico il riutilizzo, penso a fondi regionali che abbiamo già proposto ecc… Questi ed altri strumenti e poi soprattutto un cambiamento di mentalità: iniziare a vedere al bene come una risorsa e non come un problema. Come occasione di sviluppo per il territorio.
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