‘Ndrangheta, arrestato a Forlì il latitante Rocco Zagari
È terminata a Forlì la latitanza
di Rocco Zagari, l’affliliato della ‘ndrangheta che i Carabinieri
della compagnia Duomo di Milano hanno arrestato con l’accusa di associazione
mafiosa finalizzata al traffico internazionale di cocaina.
Secondo quanto accertato dagli inquirenti,
gran parte dello stupefacente trafficato dall’uomo era destinato alla
piazza lombarda, in particolare alle discoteche di Milano e dintorni.
Il blitz è scattato lo scorso sabato in un residence vicino a Forlimpopoli,
piccolo centro termale a sette chilometri da Forlì, dove Zagari, quarantasettenne
originario di Rosarno, si trovava insieme alla compagna e ai due figli.
Dall’inizio di giugno sulla sua testa pendeva un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere perché ritenuto il promotore e l’organizzatore
di un’associazione a delinquere pronta a riversare fiumi di droga
nelle strade della movida milanese. Prima della latitanza Zagari
lavorava come autotrasportatore a Bollate; era stata proprio quest’attività
a permettergli di occuparsi del trasporto di stupefacenti per conto
della ‘ndrangheta. Nel suo curriculum criminale non mancano gli arresti
per detenzione di cocaina e l’accusa di porto d’armi abusivo e reati
contro il patrimonio.
L’arresto di Zagari conferma quanto
profondamente radicata sia ormai la presenza della crminalità calabrese
in Emilia-Romagna. Non più tardi di due mesi fa erano stati gli stessi
magistrati della Dda di Catanzaro a indicare nella regione la meta preferita
delle ‘ndrine crotonesi che da tempo hanno posto sotto il loro diretto
controllo diverse attività imprenditoriali, come emerso dalle indagini
che hanno portato all’arresto di sedici persone e al sequestro di
beni immobili nell’ambito dell’operazione ‘Ghibli’. Il tratto
caratteristico delle organizzazioni crminali stanziate in Emilia è
l’estrema versatilità grazie alla quale le ‘ndrine hanno stretto
alleanze con gli esponenti locali dei clan casalesi, presenti sul territorio
con le loro imprese edili. D’altronde quando il volume degli affari
in ballo è così ingente – si parla della gestione dei narcotraffici
per il rifornimento della piazza milanese – non c’è distanza che
non possa essere colmata. Casalesi e ‘ndranghetisti arrivano così
a spartirsi le partite di coca (proveniente in prevalenza dall’Albania)
e prestarsi aiuto reciproco per il riciclaggio dei proventi. Un sodalizio
criminale pericoloso quanto rodato, che nei mesi scorsi ha fatto emettere
ordinanze di custodia cautelare in tutta Italia, a riprova di quanto
capillare sia la sua ramificazione; una struttura orizzontale – dunque
molto lontana dalle rigide gerarchie dei clan tradizionali – con contatti
fra pari grado e caratterizzata da una spiccata tendenza ad adattarsi
a qualsiasi condizione del mercato.
Il periodo di grave crisi economica
rende inoltre molte imprese più facilmente permeabili rispetto alle
inflitrazioni delle associazioni mafiose, le uniche a disporre della
liquidità necessaria a rilevare un’azienda sull’orlo del fallimento.
Per questo nessuno può dirsi immune dal fenomeno mafioso. Nemmeno l’Emilia-Romagna.
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