Lecco, ritorna l’incubo ‘ndrangheta
Torna a materializzarsi l’incubo ‘ndrangheta per la operosa Lecco, provincia a pochi chilometri dal capoluogo di regione. Alle prime luci dell’alba, lunedì mattina, sono state eseguite venti ordinanze di custodia cautelare a carico di esponenti della storica famiglia calabrese Coco Trovato. Da almeno vent’anni le mani delle ‘ndrine si allungano sugli affari della provincia lecchese e l’ultimo blitz, disposto ieri dalla Direzione Distrettuale Antimafia ed eseguito dalla Polizia di Stato di Lecco e dal GICO della Guardia di Finanza di Milano, accende ancora una volta i riflettori su quest’angolo poco illuminato della Lombardia, dove le cosche allignano da almeno trent’anni indisturbate.
Verrebbe da dire che si tratta dei soliti noti, vale a dire di componenti della famiglia Coco Trovato, il cui leader e capostipite – Franco Coco Trovato – si trova nelle patrie galere da diversi anni, con alcune sentenze all’ergastolo che gli impediscono di tornare a vedere la luce del sole. Quando venne arrestato nel 1992, Franco Coco Trovato era pienamente inserito nella società lecchese, tanto da aver ricevuto in precedenza un premio prestigioso da parte della locale associazione dei commercianti. In realtà, grazie ad alcune attività di copertura, il boss trafficava in ogni genere di affare illecito ed era una vera e propria istituzione all’interno del mondo della criminalità organizzata, visto che la sua supremazia era indiscussa nel triangolo Lecco, Como, Varese, fino ad arrivare alle porte di Milano.
In prigione, in teoria, ci sarebbe dovuto essere anche “O Banana”, all’anagrafe Vincenzo Falzetta, uno degli uomini di fiducia di Coco Trovato, per scontare la pena di 12 anni e 6 mesi comminatagli nel marzo scorso, al termine del processo scaturito dall’inchiesta “Oversize” che aveva rivelato come il clan Coco Trovato fosse ancora pienamente in attività. Reati pesanti quelli contestati al Falzetta: traffico di stupefacenti, usura, estorsione e riciclaggio. Reati che non avrebbero dovuto consentirgli di uscire molto presto dalla galera. Eppure, grazie alla decorrenza termini e nonostante tutto, Falzetta era in libertà quando le forze dell’ordine lo hanno trovato ieri mattina, nella sua villa di Bollate, un centro alle porte di Milano.
Da qui, stando alle ricostruzioni degli investigatori, il luogotenente della potente ‘ndrina stava disegnando la strategia per una nuova stagione di affari: un occhio di riguardo ai mercati dell’edilizia e del movimento terra innanzitutto, ma senza disdegnare il tradizionale business della droga – ecstasy e cocaina in particolare destinata alla “Milano bene” – e i remunerativi investimenti in appartamenti ed esercizi commerciali di vario genere, dai ristoranti e bar alle discoteche e pub. In queste ultime settimane, Falzetta si era recato più volte in Calabria per trattare con le cosche alleate storiche dei Coco Trovato, vale a dire i De Stefano e Tegano di Reggio Calabria e gli Arena di Isola Capo Rizzuto.
Le accuse contestate nell’ordinanza di custodia cautelare sono associazione per delinquere di tipo mafioso, traffico di sostanze stupefacenti, estorsione e tentato omicidio. Quattordici delle venti ordinanze sono state recapitate a quanti si trovavano in carcere, in esecuzione di altre condanne, mentre sei sono state quelle eseguite nei riguardi di soggetti a piede libero e rinvenuti tra Milano, Calolziocorte e Galbiate, due piccoli centri del lecchese. A Galbiate, tra l’altro, si trova una villa sequestrata e poi confiscata a Coco Trovato grazie alla legge 109/96 e all’interno della quale è stato ricavato un centro diurno integrato per anziani, oggi gestito da una cooperativa aderente al consorzio “Farsi Prossimo” della Caritas Ambrosiana.
A Calolziocorte è finito in manette prima che potesse scappare Giuseppe Elia, anche lui scarcerato per decorrenza termini ma condannato a 12 anni anche lui al termine di “Oversize”. Proprio dalle intercettazioni ambientali disposte a suo carico, le forze dell’ordine hanno scoperto che all’interno della sua villa era stato ricavato un cunicolo, nascosto dietro un armadio e pronto ad essere utilizzato in caso di fuga per sé stesso e altri latitanti. Tornano in galera anche Carlo Mazzei, Giuseppe Gigliotti, Carmine Siriani e Massimiliano Costa.
Falzetta ed Elia si occupavano anche di reperire i fondi da destinare al mantenimento in latitanza di alcuni affiliati e le spese di quanti si trovavano reclusi, a partire da “O Vangelo”, alias Rodolfo Bubba, un 73enne mafioso di spicco della cosca, alla cui saggezza in molti confidavano e alla cui autorità si ricorreva, quando c’erano da battezzare nuovi adepti della cosca. A Bubba ed ad altri tredici le ordinanze sono state notificate in carcere.
Con l’operazione di ieri si chiude il cerchio con quanto emerso nel corso dell’inchiesta “Oversize”, che aveva messo in luce come la presa criminale dei Coco Trovato sul territorio lecchese non fosse mai venuta meno in tutti questi anni.
Ricordiamo che il primo verdetto per “Oversize” arriva lo scorso 19 marzo, dopo un anno e mezzo di udienze e tre giorni di camera di consiglio. La corte, riunita nell’aula bunker di via Ucelli di Nemi a Milano, chiude il processo di primo grado accogliendo le richieste del PM Galileo Proietto, comminando ben trentaquattro condanne per 370 anni complessivi di carcere. Droga, estorsione, usura e riciclaggio di denaro proveniente da affari illeciti: vengono ricostruiti gli affari di una delle cosche più influenti della Lombardia. Le pene più pesanti sono per il figlio di Franco Coco Trovato, Emiliano, condannato a 22 anni e sei mesi di reclusione e per il nipote del boss, Giacomo (18 anni e tre mesi e 70mila euro di multa).
Il capo della squadra mobile di Lecco, Silvio Esposito e il maggiore del Gico Fabrizio Pisanelli, nel corso della conferenza stampa, hanno espresso la loro soddisfazione, così commentando il blitz vincente di ieri: “Un`operazione importante con questi ultimi riconoscimenti dell`associazione di stampo mafioso alla quasi totalità degli imputati. Un tassello importante e che, purtroppo, ci dice quando anche in Lombardia sia radicata la malavita”.
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