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Il positivo che non fa notizia

Di Stefano Fantino il . Campania


La camorra che spara. E il giornale che riprende la notizia. Mezza pagina, una pagina, uno speciale in tv. La camorra invisibile. E il giornale singhiozza. La società che reagisce, che crea alternativa e rilancia una possibilità. La stampa scompare. Quante volte questo schema è stato utile ad interpretare  la gestione delle notizie di camorra da parte degli organi di stampa? Molte ma non sufficienti, se pare, tuttora l’unico modo di parlare di un tema così importante. In fondo lo scudo bello e pronto del valore notizia è subito dietro l’angolo: criterio di notiziabilità della vicinanza, ad essere precisi.  Un fatto merita tanta più attenzione ed è suscettibile di diventare notizia, quanto più è ritenuto vicino localmente, culturalmente, temporalmente e via discorrendo, al potenziale lettore.

Finiscono così sotto i riflettori omicidi, violenze. Meno presenti se non assenti i sequestri, le consegne ai comuni dei beni confiscati, le iniziative come la tre giorni organizzata nel casertano, il festival dell’impegno civile. A questo punto occorre un riflessione. Perché questi argomenti negati sono egualmente vicini alla società, al lettore, ma non riescono a sfondare. Di certo questo lato, positivo, è poco noto alle persone, ma dovere del giornalista sarebbe quello di trovare un modo per raccontare la realtà, non usare come schermi delle categorie interpretative che neghino a priori qualsiasi spazio a quanto non solletica l’immaginario perturbante del pubblico.

Anche perché in molte altre aree, al giornalismo poco importa di tenere fede a qualche criterio di notiziabilità, anche se, in quei casi, forse sarebbe meglio lo facesse. Sono innumerevoli le occasioni in cui ci viene spacciato per notizia qualche accadimento privo di ogni aggancio e ogni connessione con la nostra realtà. «Si parla di cosa sia o non sia notizia in merito alla camorra; in altre campi palesemente questi criteri di discrezionalità non vengono applicati». Lo racconta Alberto Spampinato, giornalista dell’Ansa, nell’incontro finale che Libera Caserta ha voluto portare a Mondragone. Tema, “l’informazione e i beni confiscati”. Uno di quegli argomenti, sempre seguendo  la linea, condivisibile, di Spampinato, che sono ritenuti suscettibili di censura. Con la deriva, accertata, di una popolazione poco al corrente di una realtà, anche dura, che cambia, si rinnova e si mostra alternativa allo status quo vigente. «Senza informazione e senza una cultura diversa c’è poca adesione alla società civile e responsabile» dice Raffaele Sardo. «Bisognerebbe inondare di mail le redazioni, stimolare chi è il nucleo fondamentale delle informazioni, l’Ansa, a fare più lanci».

Ma i media, soprattutto nazionali, latitano. Svicolano, prendono strade semplici. Sempre d’accordo a parole, mai puntuali sulla carta stampata o in video. E rimangono i lenzuoli dedicati all’ennesima scorpacciata di sangue, sociologia spicciola, titoli urlati, particolari poco utili. «Catturato il superboss Setola», quando le menti criminali che controllano ancora i Casalesi, Iovine e Zagaria, sono ancora liberi. E in pochi si chiedono di loro, nell’orgia mediatica successiva alla cattura del killer cocainomane. E quasi nessuno, solo pochi onesti cronisti, raccontano i successi, i progressi, le criticità anche di una risposta civile alle mafie. «Dare notizie sul positivo significa dare spazio al cambiamento e paventare un sistema economico diverso» racconta Toni Mira. Cronista di razza, dell’Avvenire. Uno tra i pochi a raccontare sistematicamente, di fianco al dovere di cronaca degli atti di sangue, l’altra faccia. Il positivo, il cambiamento. Come dare torto a questo approccio? Sì, 150 milioni di beni sequestrati a San Luca, un bene confiscato dove ora sorge una casa famiglia e prima viveva un boss sanguinario, sono notizie. Sono notizie fatte e finite. Anche un festival sui beni confiscati. Noi ci siamo stati, nel nostro piccolo, a raccontarlo.

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