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La villa di Iovine data in affitto nonostante la confisca

Di Raffaele Di Biase il . Campania

La locazione
fraudolenta della villa sita in Villa di Briano,confiscata dal 2005
al boss latitante del clan dei casalesi Antonio Iovine, locazione operata
sostanzialmente dalla madre del ras,Filomena Buonanno, sfruttando l’”inerzia”
dell’amministratore giudiziario dell’immobile, ripropone l’allarmante
problema del mancato riuso a fini sociali dei beni confiscati. A questo
caso, indicativo della mala gestione dei beni confiscati alla camorra,
vanno, infatti, accomunate diverse altre situazioni sintomatiche dell’indifferenza,
se non dell’incapacità, di chi dovrebbe presiedere alle dinamiche
del riuso a fini sociali. Il tutto a dispetto della disponibilità che
tante associazioni benemerite, operanti sul territorio, hanno dato e
continuano a dare per far rivivere sotto la luce della legalità beni
un tempo appartenuti ai clan. Se, dunque, per ben tre anni, la madre
del boss Iovine ha continuato a percepire l’affitto dell’immobile
di via Toti, una villa su tre livelli immersa in un lussureggiante giardino,
con tanto di alberi d’alto fusto e alte mura di cinta; a Trentola
Ducenta il fabbricato un tempo appartenente al capozona Francesco Biondino, 
vedeva, sino a poco fa, le chiavi che davano accesso ad esso  essere
ancora in possesso della madre dello stesso Biondino, nonostante l’avvenuta
confisca. La stessa casa della famiglia Schiavone, a Casal di Principe
in via Bologna 14, nonostante la confisca del 2002, è ancora abitata
dai parenti del boss. E che dire del mancato recupero della villa di
Walter Schiavone sempre a Casal di Principe?

Una villa sulla carta 
destinata a diventare da tempo un centro per disabili, ma  che 
tarda, ancora oggi, a vedere un sostanziale avvio dei lavori, nonostante
la confisca datata 1998 e i finanziamenti ricevuti da Agrorinasce.Ci
sono poi comuni come Castel Volturno e Casapesenna, patria del latitante
Michele Zagaria, che, a fronte di un’ alta presenza di beni confiscati
sui loro territori  vedono, invece, uno scarsissimo utilizzo di
tali beni da parte delle Istituzioni. Insomma , amministratori giudiziari
e rappresentanti legali distratti, negligenti o forse intimoriti,unitamente
a sindaci “alla Don Abbondio” , rischiano di sminuire la portata
delle indagini patrimoniali spesso brillantemente condotte da forze
di polizia e magistratura. Un grave limite questo; considerato che,
ormai, la sottrazione dei patrimoni ai clan dovrebbe rappresentare una
strada maestra sulla quale condurre la lotta al crimine organizzato,
ma anche un’occasione persa per restituire alla collettività ciò
che da essa è stato preso col sangue e col terrore.

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