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Norme garantiste salvano per ora, il presunto killer di Rostagno

Di Rino Giacalone il . Sicilia

Il Tribunale del riesame di Palermo ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip Maria Pino nei confronti di Vito Mazzara, accusato di avere fatto parte del gruppo di fuoco che, il 26 settembre 1988, uccise a Lenzi il giornalista e sociologo Mauro Rostagno, ex leader di Lotta Continua, fondatore della Comunità Saman.

La decisione è stata resa nota ieri mattina. All’interno del circolo delle norme garantiste, talvolta all’esasperazione, ma dove trovano appiglio i carnefici e non le vittime, i difensori di Mazzara, avvocati Vito e Salvatore Galluffo, hanno presentato ricorso contro l’ordinanza. I giudici ne hanno riconosciuto la fondatezza senza forse cogliere a fondo tutti gli elementi che avevano permesso di riaprire il caso a 21 anni da delitto, hanno deciso di revocare a Mazzara l’ordinanza. I giudici del tribunale del riesame hanno ritenuto insufficienti le prove a carico di Vito Mazzara.

L’accusa avrebbe prodotto elementi che per i giudici non sarebbero gravi da giustificare l’ordinanza di custodia cautelare. Anche se l’arma utilizzata per il delitto di Mauro Rostagno è stata successivamente impugnata da Mazzara in altri delitti compiuti nel trapanese, per i quali l’uomo è già stato condannato all’ergastolo definitivamente, non sarebbe sufficiente a sostenere un ordine di carcerazione.I giudici non hanno messo in dubbio che l’omicidio è stato maturato e deciso nell’ambiente mafioso di Trapani. Gli elementi d’accusa, dunque, non vengono meno, per  inquadrare il delitto del sociologo come un omicidio di mafia.

Vito Mazzara è detenuto nel carcere di Biella, dove sconta ergastoli per cinque delitti dei quali con sentenze definitive, è stato riconosciuto colpevole. In cella aveva ricevuto la notifica della nuova ordinanza emessa a conclusione delle indagini sul delitto Rostagno. In carcere era stato intercettato a parlare con i familiari, un paio di colloqui secondo la Dda di Palermo che costituiscono elementi di prova in aggiunta a quelli forniti dall’esame balistico delle cartucce trovate sul luogo del delitto. Mazzara durante un colloquio esternò risentimento per il fatto che l’indagine «su questa cosa vecchia» (così definì l’omicidio Rostagno parlando con moglie e figlia) era stata «riesumata». Il lavoro del gabinetto di Polizia Scientifica aveva evidenziato una perfetta sovrapponibilità tra gli elementi rinvenuti sulla scena del delitto Rostagno con quelli relativi agli altri delitti per i quali Mazzara è stata riconosciuto essere colpevole.

Ma per i giudici del riesame tutto questo non è sufficiente. L’altro destinatario del provvedimento è il riconosciuto capo mafia di Trapani Vincenzo Virga. Detenuto a Parma non ha impugnato l’ordinanza. La Dda di Palermo probabilmente ricorrerà in Cassazione contro la decisione del Tribunale del Riesame. Il «caso Rostagno» riaperto dopo 21 anni non appare destinato a tornare verso l’archiviazione da dove era stato riesumato da Procura e Polizia.

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