Mexico es siempre Mexico
Tinte accese e toni cruenti
la lunga storia che lega narcos messicani e ufficiali corrotti
li ha sempre avuti. Ma spesso anche l’aspetto più crudo può assumere
i colori del farsesco, dell’assurdo, a riprova di una situazione pervasiva
e difficilmente estirpabile in tempi brevi. Se il governo centrale di
Felipe Calderon ha deciso di continuare una politica di dura repressione
della corruzione che attanaglia le forze dell’ordine messicane, d’altro
canto la stessa penetrazione di questa “cattiva prassi” ha dimostrato
di essere a livelli quasi impensabili. Al punto di vedere, in una strada,
confrontarsi, armi alla mano non ufficiali e narcos, ma rappresentanti
delle polizie federali e agenti municipali. Poliziotti contro poliziotti,
il potere centrale contro gli ufficiali accusati di essere al soldo
dei narcos. Monterrey, Nuovo Leon, terza città della Federazione messicana.
Armi puntate e nessuno sparo, né tantomeno feriti. Ma vedere agenti
contro agenti, schierati e bardati di tutto punto la dice lunga sul
compito duro che il governo centrale deve affrontare.
La corruzione della polizia
messicana non è mai stata una novità. Proprio per disincentivare o
recidere queste pratiche il governo aveva, nei giorni scorsi, posto
agli arresti diverse decine di agenti, accusati di essere al soldo dei
narcos, e di agire contro l’interesse dell’esercito messicano, cui,
da sempre è delegato il lavoro di repressione delle cellule dei narcotrafficanti.
Elementi confermati dal procuratore generale Luis Carlos Trevino che
ha dichiarato che la procura ha «determinato la presenza di un network
di polizia locale – sia municipale che statale – al soldo delle
organizzazioni criminali con finalità di protezione». Le prime azioni
dell’esercito contro i poliziotti corrotti sarebbero partite dopo la
scoperta in alcune liste dei narcos di precisi riferimenti a una serie
di poliziotti al soldo dei cartelli. Da quei l’inizio dei raid e l’arresto
di quasi 90 sospettati, con conseguente scontro per strada, nella cittadina
di Nuevo Leon, da tempo contesa da due importanti cartelli come quello
di Sinaloa e quello del Gulfo, entrambi interessati a una importante
rotta per il narcotraffico verso gli Usa.
Proprio nelle scorse ore un
primo modo di evitare contatti diretti tra poliziotti e narcos è stato
varato. Il divieto, all’interno dello Stato, di utilizzare il telefono
cellulare, considerato il vero tramite per potere, in ogni momento,
permettere agli ufficiali di ricevere ordini dagli uomini dei cartelli.
La risoluzione entrerà in vigore a fine mese e già suscita molte polemiche
tra i poliziotti che dichiarano di non poter svolgere il loro lavoro
in questo modo. Nel frattempo gli agenti fermati durante la manifestazione
di qualche giorno fa, che li ha visti impugnare le armi contro in federali,
verranno valutati in seguiti e si appurerà se la protesta indica
reale connivenza con i narcos anche nei loro casi, come ha sottolineato
il segretario di Pubblica Sicurezza di Nuevo Leon, Aldo Fasci Zuazua.
Ma la situazione, leggi ad
hoc a parte, non sembra essere sotto controllo. Troppi i 10800 morti
dal 2006, anno di insediamento del governo Calderon, troppe le decine
di persone espulse dai corpi di polizia ogni mese. Ivi compresi grossi
calibri, come Noe Ramirez Mandujano, leader dell’anti droga messican
dal 2006 al 2008. Se nei giorni scorsi a Morelos, poco fuori Mexico
City, 9 ufficiali sono stati arrestati per essere al soldo del cartello
Beltran Levya, su quello stesso libro paga figura appunto Mandujano,
leader della repressione ma “stipendiato” dai narcos con 450 mila
dollari al mese in cambio di supporto di intelligence. Niente di nuovo,
insomma, sotto il cocente sole del Messico.
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