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Terre di Don Diana, anno secondo
L’impegno civile si “allarga”

Di Stefano Fantino il . Campania, Progetti e iniziative

L’edizione dello scorso anno, la prima, era stata un modo coraggioso
di testare il territorio con un idea innovativa e pionieristica: aprire
i beni confiscati, simbolo di crimine, a qualcosa di bello, pulito,
di alternativo al modello precostituito vigente in gran parte dei territori
dell’agro aversano. 

Ora il festival dell’impegno civile “Le Terre di Don Peppe Diana”
arriva alla sua seconda edizione in maniera più matura ma non per questo
meno entusiastica e contagiosa. Sarebbe però impossibile ignorare tutti
quegli avvenimenti, positivi, che hanno visto coinvolti Libera Caserta
e la società civile locale in questi mesi trascorsi, cementando quell’impegno
costante e costruttivo, aldilà dell’evento singolo, per quanto importante.
Il 19 marzo scorso, il ricordo dei quindici anni dalla morte di Don
Diana, i continui corsi di cittadinanza attiva promossi (non ultimo
il corso di giornalismo di inchiesta) e soprattutto la costituzione,
tra Cancello e Arnone e Castelvolturno della cooperativa “Terre di
Don Diana”, su beni confiscati che in futuro saranno centri di sviluppo
lavorativo pulito e alternativo alla camorra. 

Entro questo quadro si instaura il nuovo impegno della tre giorni
del festival, che toccherà diverse tappe nelle giornate del 19, 20,
21 giugno prossimi. «Un festival che si allarga, proponendo tappe a
Napoli e Quindici, nell’avellinese, di fatto allargando su base regionale
il campo di azione», ha dichiarato Pietro Nardiello, responsabile artistico
del festival, facendo riferimento alle giornate prefestival che porteranno
alle iniziative degli ultimi tre giorni. Ricordando che festeggiare,
proprorre cultura e informazione dentro ai beni confiscati rappresenta
il primo modo di creare una reale alternativa alla camorra.  

Costruire nuove prospettive di futuro, concordano su questo tema
Valerio Taglione, del comitato Don Peppe Diana e Marcello Ravveduto,
comitato scientifico del Festival: «la nascita e la continuazione di
un percorso attento all’uomo, all’ambiente e al lavoro» per Taglione,
una «nuova identità repubblicana fatta di memoria e riuso sociale
dei beni confiscati» per Ravveduto sono i punti nodali dell’attuale
esperienza sul territorio.

A patto di non rimanere soli, e di armonizzare le forze migliori
anche della politica e della imprenditoria sana. Il support bipartisan
portato al festival da parte degli onorevoli Granata e Garavini, rispettivamente
vicepresidente e capogruppo di minoranza in Commissione Antimafia sono
il simbolo dell’unità di intenti per una causa importante e vicina.
«Un impegno civile-dice la Garavini, eletta in Germania-  che
deve partire dai territori e diffondersi a livello civile in ogni luogo,
diventando un valido modo di affrontare il problema senza il rifugio
costante in una antimafia solo repressiva, fatta di magistratura e forze
di polizia». 

Politica non solo nazionale ma anche amministratori locali, come il
sindaco di Cancello e Arnone, presente, che permetterà alla futura
cooperativa di lavorare sul suo territorio. Un territorio che deve «rifiorire
dalle violenze subite», come ha sottolineato il dottor Ciardiello della
Cai, uno dei partner del futuro progetto; supportato da Ferrari Bravo,
fondazione per il Sud, che nella cooperativa vede un modello di «sviluppo
sostenibile per riconvetire i territori scenari di abusi». 

Importante per non oscurare questi progetti e questo festival la
costante presenza di una stampa a caccia di buone notizie: appello a
due voci, in apertura e in chiusura, di Beppe Giulietti, onorevole portavoce
di Articolo21 e di Roberto Morrione, presidente di Libera Informazione.
«Non spegnamo il festival, non releghiamolo ad appuntamento annuale
e continuiamo a parlarne» dice Giulietti; «aiutiamo il territorio
a non sentirsi “scoperto” ad andare oltre l’evento e riscoprire
l’importanza di un territorio da raccontare nei media anche nazionali»
conclude Morrione.

E dopo che il video degli A 67, girato a Castelvolturno, coverizzando
un brano di Giorgio Gaber, “Io non mi sento italiano”, veniva proiettato
nella sala al termine della conferenza, il Parlamento riassumeva le tinte usuali. Il luogo in cui, la fiducia
posta dal governo, farà passare la legge  sulle intercettazioni,
che garantirà la mancanza di informazione su quelle tematiche, anche
mafiose, di cui la realtà italiana non puà fare a meno.

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