Sardegna l’isola che non c’é?
L’informazione nazionale copre molto poco il territorio sardo, soprattutto in riferimento agli episodi riconducibili a forme di criminalità organizzate. Provocatoriamente ti chiedo: è una mafia che non esiste quella sarda?
Fino a un decennio fa l’informazione nazionale era particolarmente interessata a dar conto del triste e avvilente fenomeno dei sequestri di persona che per troppo tempo ha caratterizzato la “specificità” delle organizzazioni criminali sarde. La scomparsa di quel fenomeno criminale ha lasciato i mass-media senza riferimenti precisi, senza “specificità” da esibire. La criminalità sarda, con la fine dell’Anonima Sequestri, sembrava non esistere più perché non conclamata dal grande circuito mediatico. E, nella regola spietata dell’informazione, se non ti racconto non esisti. C’è una “mafia sarda”?
I mass-media tacciono sull’argomento, salvo piccole crepe che fanno intravedere una realtà che, purtroppo, cresce. Non c’è, dunque, una “mafia sarda” ma azioni e logiche criminali, anche di stampo mafioso, che attraversano persone e territori in una sorta di globalizzazione della criminalità che le mafie sono esperte nell’esportare ed impiantare anche in terre storicamente e socialmente distanti dalla loro nefasta influenza.
Secondo Pino Arlacchi la cultura sarda è caratterizzata da una profonda e radicata mentalità della vendetta, la quale però sarebbe l’esatto opposto dell’omertà, perciò il potere mafioso non è riuscito a radicarsi nell’isola, perché estraneo alla mentalità sarda. È una linea sostenibile?
E’ intrigante l’interpretazione del Prof. Arlacchi, anche se sconta imprecisioni di non poco conto. Non è la mentalità tipicamente sarda (meglio, barbaricina) che porta all’omertà ma, da una parte. la convinzione che la vendetta va curata in ambito personale-famigliare, come fatto privato, che esclude aggregazioni di qualsiasi natura per essere compiutamente realizzata; e, dall’altra, il fatto che lo Stato è sempre stato percepito e visto come nemico con il quale usare la strategia del silenzio, in quanto troppo sovente rappresentato, soprattutto nelle zone rurali dell’interno, dal solo intervento repressivo dei carabinieri e delle forze dell’ordine. Chi collaborava e collabora con la “giustizia” era considerato “spia”, da mettere ai margini della comunità, perché non solidale con le esigenze di giustizia della comunità stessa. Il potere mafioso mal si concilia con la cultura di chi non ritiene di dover delegare a nessuno la atavica doverosa “balentìa” di farsi giustizia da sé.
Lo scorso 17 maggio la Squadra Mobile di Cagliari ha sequestrato un carico di 12 chili di cocaina per un valore di circa 1 milione di euro. Quella scoperta tra le cassette di frutta e verdura è la quantità più rilevante sequestrata fino ad a ora in Sardegna ed a trasportarla era un insospettabile. È un episodio di cui rimanere sorpresi?
Per quantità e metodologia il fatto sorprende e assume forte rilevanza, accreditando l’ipotesitesi che il traffico della cocaina ha raggiunto livelli profondi di penetrazione. Oltre al mercato interno, quello sardo è anche punto d’appoggio insospettabile, come insospettabile era il corriere, per il resto d’Italia e d’Europa. La Sardegna come una sorta di portaerei di sostanze stupefacenti (e non solo), come ebbe a sottolineare qualche anno fa il dr. De Angelis, magistrato titolare del procedimento del sequestro Titti Pinna. Una sorta di porto franco, poco controllato perché appunto al di sopra di ogni sospetto. Ma gli iceberg hanno le punte.
Sul fronte dell’impegno civile e della cittadinanza attiva, invece, qual è la situazione in Sardegna?
La Sardegna, grazie all’indole sarda poco incline ad assoggettarsi a imposizioni esterne, ha di fatto impedito l’attecchimento di organizzazioni eterodirette secondo codici mafiosi. E’ vero altresì che negli ultimi 2 decenni ha saputo mettere dietro le spalle la sanguinosa e ignominiosa esperienza dei sequestri di persona che per troppo tempo l’hanno segnata. Nello stesso tempo ha sviluppato una forte rete di associazioni e di cittadini portatori di nuova cultura, che costituiscono gli anticorpi naturali e più efficaci contro le mafie. In Sardegna l’antimafia sociale conta su giovani, adulti e anziani che sono fortemente convinti che il territorio va presidiato animandolo e realizzando iniziative partecipate e condivise. E’ l’unico modo per non lasciarlo in mano a chi vorrebbe imporre logiche di paura, di diffidenza e di sospetto, anticamera delle violenze. Il meticoloso lavoro di informazione-formazione- animazione fatto da Libera in Sardegna ha contribuito enormemente a far crescere una nuova cultura della giustizia.
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