La mafia che sfrutta l’antimafia
Non è vero che la mafia
esiste perché c’è l’antimafia, la realtà è tutt’altra, c’è
una mafia che si è infiltrata tanto nel tessuto economico e imprenditoriale
da potere quasi ostentarsi, ritenersi non imputabile, diventare essa
stessa testimone della lotta a Cosa Nostra. Per fortuna che ci sono
gli investigatori ed ancora si possono fare le intercettazioni, sennò
davvero tutto sarebbe più difficile per sgominare i boss all’opera.
Uno di questi è un nome noto nell’organigramma mafioso palermitano,
si chiama Benny Valenza, è di Borgetto e guarda caso come tanti altri
mafiosi si occupa di cemento. I suoi precedenti sono finiti tanto confusi
che la sua azienda, nel frattempo intestata alla madre, Flora Camilli,
addirittura portava cemento per la costruzione del nuovo commissariato
di Castelvetrano, destinato a diventare uno degli avamposti più attrezzati
nella lotta alla mafia, nella città del super boss latitante Matteo
Messina Denaro.
Un commissariato, adesso finito sotto sequestro, per
dimostrare l’illecito commesso dall’impresa che lo stava costruendo,
in corso di realizzazione in un terreno confiscato agli uomini d’onore,
in contrada Giallonghi. La mafia aveva deciso di portare la sua sfida
dentro quest’area dove si sono anche costruiti nuovi uffici comunali
ed altre caserme delle forze dell’ordine, come quella della Finanza.
E la sfida era condotta in modo semplice, non mettendo per esempio nelle
strutture il cemento giusto, oppure lasciando l’acqua nelle fondazioni
e sotto ai pilastri, o ancora allungando con troppa acqua il cemento
usato per l’edificio. Quasi un destino segnato per quel commissariato
per la cui costruzione sono stati spesi oltre 2 milioni di euro.
I carabinieri di Palermo
e Trapani, della Compagnia di Monreale e del nucleo operativo provinciale
di Trapani, coordinati dalla Dda di Palermo, hanno però messo fine
all’intrallazzo in salsa mafiosa. Benny Valenza, vicino alla cosca
dei Vitale di Partinico, è tra i quattro arrestati, continuava
ad occuparsi di cemento dopo una confisca, continuava ad essere uno
dei punti di riferimento delle imprese che lavorano nel Belice, dopo
un impianto confiscato, Vitale sarebbe riuscito a controllarne altri
cinque da quando l’anno scorso era tornato libero, ognuna di queste
imprese è stata sequestrata per il reato di intestazione fittizia di
beni: le sue mani su appalti importanti, come quelli per gli aeroporti
di Palermo e Trapani, il porto turistico
di Balestrate, il lungomare di Mazara, 30 capannoni per l’area industriale
di Partinico. Le indagini hanno accertato che Valenza aveva un giro
d’affari complessivo di oltre 50 milioni di euro. A finire sotto sequestro
gli impianti “Camilli Flora”, intestato come si diceva alla
madre dell’imprenditore, la “Timpa Salvatore” di Balestrate,
la “2P” di Marsala, la “Calcestruzzi Lo Bello” di
Castelvetrano e l’azienda di trasporti 2P Trasporti di Alcamo.
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