Lettera a Libero Grassi per la V edizione del premio dedicato all’imprenditore palermitano ucciso dalla mafia
Caro Libero
Lettera
a Libero Grassi per la V edizione del premio dedicato all’imprenditore
palermitano ucciso dalla mafia
=”” il=”” premio=”” è=”” rivolto=”” alle=”” scuole=”” ogni=”” ordine=”” e=”” grado=”” la=”” realizzazione=”” di=”” spot=”” televisivi=”” dedicati,=”” per=”” questa=”” edizione,=”” al=”” tema=””>Incroci di legalità. Alla
scoperta di luoghi, nomi e storie del passato e del presente per costruire
un futuro migliore. Realizza la sceneggiatura di uno spot televisivo.
Il premio “Libero Grassi”si concretizza grazie all’impegno
della cooperativa Solidaria in collaborazione con la Confcommercio e
con il patrocino della Regione Sicilia, della Regione Lazio, dello Sportello
Legalità della Camera di commercio di Palermo.
Da qualche giorno gli spot vincenti appaiono sul sito della cooperativa
Solidaria.
http://www.solidariaweb.org/
Si tratta di:
Quarto
Stato dell’I.C.S.
Daniela Mauro di Pessano con Bornago (MI) sul tema della legalità.
Il lavoro
non è un gioco
dell’.S.I.S. “G. Salerno” di Gangi (PA) sul tema della sicurezza
sui luoghi di lavoro.
Differenziamoci della D.D. IV Circolo di Benevento
sul tema della tutela dell’ambiente.
La Direzione
didattica di Benevento ha vinto un viaggio premio a Palermo e il 23
ha partecipato alla manifestazione in ricordo della strage
Nel corso della
manifestazione di premiazione Salvatore Cernigliaro, amministratore
unico di Solidaria, ha letto una lettera per Libero Grassi che riportiamo
integralmente.
Un imprenditore
coraggioso, libero, che ha scelto di stare dalla parte della legalità.
“Non possono
esservi zone grigie” ha detto Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria,
nel corso della commemorazione del XVII anniversario della strage di
Capaci. “O si sta dalla parte della legalità o si sta fuori da Confindustria.
E’ necessario stroncare ogni forma di contiguità con le associazioni
mafiose che inchiodano i territori all’arretratezza”.
Caro Libero
è la lettera a un caro amico, in cui si racconta tutto quanto stava
a cuore all’imprenditore palermitano: la formazione dei giovani,
futuro della società, che a scuola si misurano coi temi della legalità
e dell’impegno civile, il diritto di chi fa impresa alla scelta di
un’economia sana, la lotta contro il racket, la sicurezza sui luoghi
di lavoro, la tutela dell’ambiente e il rispetto del territorio.
«Caro Libero,
siamo qui
oggi per conoscere e applaudire i ragazzi delle scuole che hanno vinto
la V edizione del Premio che Solidaria ha voluto dedicarti.
Siamo certi
che saresti felice di essere qui con noi perché innamorato della vita
e pieno di fiducia e di speranza nel futuro. Quindi, il tuo posto oggi
sarebbe qui accanto a questi ragazzi che rappresentano sì il futuro,
ma, non dimentichiamolo, sono anche il presente della nostra società.
Pertanto,
siamo certi di condividere con te – uomo dal pensiero tanto profondo
quanto scomodo – il monito per tutti a non pensare di relegare i giovani
e i problemi che essi pongono con forza alla nostra società in un futuro
di là da venire, perché i giovani ci sono e giudicano i nostri comportamenti
già da oggi.
È tempo
di darti conto dello stato delle cose e fare il punto del lavoro fin
qui svolto. Te ne parlerò con sobrietà,
con quella pacatezza che è stato il segno distintivo del tuo modo di
porti e di proporti, fin da quella coraggiosa lettera del gennaio del
1991 con la quale comunicavi a quello che si faceva chiamare geometra
Anzalone che non avresti mai ceduto al suo ricatto, usando un linguaggio
a tratti gentile ma anche tanto fermo da non lasciare margini per possibili
ripensamenti.
Una lettera
al “caro estortore” dai toni “non gridati” perché voleva dare
il segno della tua serenità e della “normalità” della tua posizione,
dalla quale non potevi deflettere perché era “naturale” per un
uomo come te – Libero di nome e di fatto – che pretendeva di vivere
in un consesso civile. Altri, che avevano posizioni pavide e conniventi,
erano “anormali” portatori di comportamenti “innaturali”; quelli
che giravano il viso dall’altra parte per non vedere e non sentire,
e quelli che vedevano te e ti apostrofavano subdolamente come l’incomodo
destabilizzante di un ordine sociale, in realtà profondamente ingiusto
e a forte densità criminale.
Ti ricordo
ancora ospite della trasmissione televisiva “Samarcanda”. Anche
in quella circostanza, con la stessa pacatezza ma con altrettanta fermezza,
esprimevi le tue considerazioni sul “primato affermando, con
grande capacità di sintesi e lucidità, che la qualità delle leggi
non può che essere direttamente
correlato alla qualità del consenso politico. Inserendo così nel dibattito,
in tempi di negazione della complessità del fenomeno mafioso, il tema
decisivo del rapporto tra mafie e società e tra mafie, politica ed
istituzioni.
Mi è indelebile
ancora il tuo ricordo in un altro studio televisivo dove con la stessa
pacata lucidità dichiaravi significativamente non solo un’antimafia
di principio, ma un’antimafia che affondava le radici dei suoi sensi
nel tuo lavoro d’imprenditore, per il quale rivendicavi il tuo diritto
alla libertà d’intrapresa nella gestione della tua azienda.
Ancora una
volta, caro
Libero, con la forza
delle idee dei “fuori
dal coro” indicavi
all’attenzione del Paese il tema costituzionale della democrazia economica
e della responsabilità sociale dell’impresa.
Da allora,
molta acqua è passata sotto i ponti e, purtroppo, molto sangue doveva
ancora versato,
dopo quel tragico 29 agosto del 1991, prima che cominciasse a cambiare
qualcosa.
<>In particolare,
nella lotta contro il racket ci sono stati di recente positivi cambiamenti.
Oggi un imprenditore che denuncia trova ben altra attenzione sia da
parte delle Istituzioni che da parte della società, rispetto a quanto
da te vissuto.
La capacità
d’intervento dell’Autorità Giudiziaria è ben altra come dimostrano
i risultati importanti conseguiti soprattutto negli ultimi anni. Lo
Stato si è dotato di leggi di sostegno alle vittime. Sono cambiate
profondamente anche le associazioni di categoria. È cresciuto il radicamento
delle associazioni.
Non voglio
dirti, caro
Libero, che tutto
vada bene, anzi c’è tantissimo da fare ancora. Soprattutto occorre dare
continuità ed omogeneità all’azione della società e delle Istituzioni
contro il racket e gli altri fenomeni criminali che, oltre agli incalcolabili
prezzi umani che determinano, minano alla base lo sviluppo socio-economico
di vaste aree del Paese, ormai ben oltre i tradizionali confini del
Mezzogiorno d’Italia.
E tuttavia,
sarebbe profondamente ingiusto e ingeneroso non rilevare che oggi il
clima è certamente cambiato, grazie alla determinazione di uomini come
te che hanno pagato con la vita il loro straordinario impegno in tutti
i campi – economico, sociale, istituzionale -, e a tanti altri che modestamente
hanno provato a continuare nel solco del vostro esempio.
Oggi, grazie
anche ai risultati del lavoro investigativo della Magistratura e delle
Forze dell’Ordine, non vi è più nessuno che in buona fede possa affermare,
per esempio, che in Sicilia a pagare il pizzo sono soltanto il 5-10%
delle attività economiche, così come ancora pochi anni fa qualcuno,
con importanti incarichi istituzionali, voleva fare credere.
Un altro
cambiamento, verificato soprattutto negli ultimi anni, riguarda la constatazione
della diffusione
di un ampio dibattito attorno ai temi della cultura della legalità.
Fatto sicuramente positivo, ma che va seguito con la massima attenzione
perché a volte l’impressione è che tutti, proprio tutti parlano di
legalità, talvolta anche quelli che, forse, non avrebbero le cosiddette
“carte in
regola” per parlarne
con titoli di conoscenza e di coerenza.
Ne parlano
perfino quelli già condannati per corruzione, per favoreggiamento,
per associazione mafiosa.
Così tutti
parlano di legalità, tutti investono sulla legalità, tutti promuovono
la legalità, tutti invitano a vivere nella legalità. Ma non sappiamo
come, caro
Libero, di legalità
continua a vedersene sempre ben poca.
Passiamo
così da un’infiltrazione mafiosa all’altra, da una corruzione all’altra,
da un scandalo all’altro. Sanità, rifiuti, appalti pubblici, brogli
elettorali. Non ci fanno mancare proprio niente.
In questo
quadro a corrente alternata, nel quale non vanno negate le luci ma vanno
rilevate pure le ombre, noi
proviamo a fare quel che possiamo, avendo ben chiari limiti, difficoltà
e situazione delle forze in campo e, quindi, senza farci facili illusioni.
Non abbiamo altro obiettivo che quello di mettere in campo ilnostro
impegno civile. Un contributo di passione e di idee che ci fa guardare
al quadro complessivo delle questioni di sofferenza della società italiana,
all’interno del quale resta comunque prioritaria la lotta contro i fenomeni
criminali e mafiosi.
Ecco perché
abbiamo voluto che il Premio Libero Grassi non si occupasse soltanto
di racket, e vogliamo
continuare ad utilizzare questa manifestazione per far riflettere su
altre questioni che meriterebbero,
a nostro giudizio, ben altra attenzione e un più diffuso allarme sociale.
E così,
dopo esserci occupati di racket e usura, Caro
Libero, questa volta
abbiamo voluto porre l’attenzione su altri gravi problemi del nostro
paese come quello delle morti bianche, della devastazione dell’ambiente
e della lotta contro tutte le mafie.
Queste problematiche
hanno, secondo noi, un comune denominatore. L’insufficiente controllo
del territorio da parte dello Stato, che va esaminato con rigore nella
sua complessità, non nascondendo le positive consapevolezze e progressi
organizzativi, ma anche stigmatizzando ritardi e inadempienze operative
e culturali.
Tuttavia,
desideriamo declinare il termine “Stato” nell’accezione più ampia
che certamente comprende l’insostituibile azione istituzionale, sul
piano repressivo e preventivo, ma considera altrettanto decisiva l’azione
di tutte le Forze sociali e culturali sul territorio, da quelle politiche
a quelle imprenditoriali e sindacali, a quelle associative del volontariato
e della promozione sociale.
É illusorio
ritenere di poter combattere le grandi questioni soltanto sul piano
repressivo, combatterli soltanto sul piano legislativo è pura demagogia.
Eppure, sembra che nel nostro paese tutti pensino che i problemi si
risolvano sempre con nuove leggi, sovrapponendo norme su norme, a volte
contrastanti tra loro, spesso incomprensibili ai più, mentre invece
ben pochi si preoccupano della loro concreta attuazione e, soprattutto,
di dare i mezzi necessari a chi deve assicurare la loro applicazione.
E così, caro Libero, che il nostro paese continua ad
essere attraversato da tir che trasportano rifiuti tossici che non vede
nessuno, che poi arrivano in discariche abusive che non conosce nessuno.
E dove si costruiscono palazzi abusivi che non vede nessuno, se non
quando scivolano a valle per una frana o quando si sgretolano per un
modesto terremoto. (Anche
se, a dire il vero, anche le costruzioni pubbliche cadono come se fossero di
cartapesta, nonostante siano costate ai contribuenti onesti cifre astronomiche). Un paese dove le mafie continuano
a poter contare su un fatturato gigantesco, che investono anche in attività
legali così da
incrementare
la loro capacità di condizionamento del nostro vivere civile. Un paese,
il nostro, nel quale si continua a morire di lavoro, nelle fabbriche
e nei cantieri. 1.200 ancora le morti bianche lo scorso anno.
Ecco, caro Libero, perché per noi promuovere la cultura
della legalità vuol dire affrontare
concretamente
i problemi relativi all’inaccettabile presenza del crimine organizzato,
così profondamente innervato in tutti i gangli della nostra società,
ma senza dimenticare di dover costantemente promuovere i valori della
cittadinanza attiva e della partecipazione. Noi col nostro modesto lavoro
proviamo a dare un contributo perché questi valori diventino i valori
di tutti. Un modesto contributo perché non sia reso vano il sacrificio
di chi, come te, è stato disposto a pagare il prezzo della sua vita
per la libertà.
Nel tuo nome,
in questi anni, abbiamo coinvolto tanti giovani, facendo leva sulla
loro voglia di
protagonismo,
affrontando con loro diverse tematiche e proponendo l’uso di strumenti
diversi di
comunicazione.
Dai manifesti
antiracket agli spot antiracket e antiusura, passando per il libro “Lettere
al caro estortore”, in questi cinque anni hanno partecipato al premio
Libero Grassi alcune centinaia di scuole e migliaia di alunni realizzando
prodotti che a noi sono sembrati tutti particolarmente significativi,
anche quelli che poi non è stato possibile premiare, che ci dimostrano
di essere riusciti nell’intento di costruire momenti di riflessione
e di analisi collettive.
Vogliamo
sperare, caro
Libero, che il lavoro
che abbiamo voluto dedicarti sia da te condiviso e, possibilmente,
apprezzato.
Da domani
si riparte per costruire la nuova edizione del Premio, con l’impegno
di sempre e con lo stesso entusiasmo, auspicandoci una sempre maggiore
partecipazione e, soprattutto, sperando che questo nostro lavoro possa
essere d’aiuto alle nuove generazioni perché sappiano sentire – come
diceva Paolo Borsellino – “il
fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso
morale, dell’indifferenza, della contiguità
e quindi della complicità”.
Ciao
Libero, alla prossima.»
Salvatore Cernigliaro
Roma, 20 maggio
2009
Manifestazione
di consegna dei premi Libero Grassi 2009
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