Immigrazione e società multietnica: le dichiarazioni di Don Luigi Ciotti
Si respingono barconi colmi di persone disperate, e si grida alla
vittoria. Senza nemmeno identificarle, senza riconoscere loro la
dignità sancita dal diritto internazionale, dalle convenzioni stabilite
per allontanarci dalle epoche buie del razzismo, della superiorità
etnica. Respingendole al mittente, cioè a paesi messi in ginocchio
dalla guerra, lacerati dalle discriminazioni politiche, decimati dalla
fame e dalle malattie.
E’ questo davvero ciò che vuole l’Italia, paese che ha nel suo passato lunghe e dolorose migrazioni?
La
società multietnica è una realtà di tutti i paesi sviluppati, ma solo
da noi il fenomeno migratorio è oggetto di semplificazioni, misure
demagogiche quanto impraticabili, cinici giochi di potere. Solo da noi
una vicenda umana che riguarda il destino di migliaia di persone ma
anche il nostro – perché solo insieme alle persone straniere possiamo
pensare di avere un futuro, una nuova ricchezza culturale e un nuovo
sviluppo economico – pare scivolare in una china d’inciviltà e di
disumanità. Gli episodi di razzismo, le tensioni xenofobe, avallati da
dichiarazioni irresponsabili che periodicamente alzano il tiro, erigono
muri materiali e culturali, lo confermano.
Né vale il tanto
sbandierato principio della sicurezza, perché, dati alla mano, è
dimostrato che là dove la questione migratoria è stata affrontata con
un “mix” di lungimiranza e umanità, creando le condizioni per una
integrazione vera, una piena titolarità di diritti e doveri, i reati
sono diminuiti. L’accoglienza e il diritto, il riconoscimento e
l’attribuzione di responsabilità sono da sempre gli antidoti più
efficaci contro un’illegalità e una criminalità, piccola ma anche
grande, che si avvantaggia dei margini, delle zone grigie e del
sommerso.
Come realtà che operano nel sociale, nel quotidiano
faccia a faccia con le persone più deboli e prive di diritti, e come
coordinamento che opera nel contrasto alla criminalità organizzata e
alle tante forme d’illegalità, di violenza e di corruzione, ci
auguriamo che alla vigilia del voto di fiducia sul cd “pacchetto
sicurezza” – in base al quale sarebbe introdotto quel reato di
“clandestinità” che obbliga di fatto i pubblici ufficiali a denunciare
l’immigrato non ancora regolare, quando vi si imbattano nell’esercizio
delle loro funzioni – ci sia un forte e corale “no” da parte di quella
parte d’Italia memore del proprio passato e desiderosa di costruire un
futuro. “No” contro una norma discriminatoria che viola il principio
dell’universalità dei diritti umani, sociali e civili, e rischia di far
scivolare ancor più il nostro Paese verso un passato dal quale
speravamo di esserci allontanati una volta per tutte.
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