Non è cosa nostra: manifestazione a Catania in ricordo di Falcone e delle vittime delle mafie
“Uno,
due, tre, quattro, cinque, dieci, cento passi”.Così,
sulle note dei Modena city ramblers, i ragazzi della scuola media
“Cavour” hanno dato inizio ieri sera a Catania alla
commemorazione
della strage di Capaci, organizzata dal circolo Città Insieme, dall’
Asaae (Associazione Antiracket Antiusura Etnea), da Addio Pizzo e da
Libera. “Sono
passati diciassette anni dall’assassinio del giudice Falcone
– commenta padre Salvatore Resca, presidente dell’associazione Città
Insieme – ed ogni anno ci ritroviamo tutti qui.
La
prima volta, proprio la sera della strage, ricordo che ci radunammo
spontaneamente, strabiliati da quanto era successo. Ci
trovammo davanti al palazzo di giustizia, perché pensavamo che
dovesse essere il simbolo della lotta alla mafia. Ogni
anno, in vari modi, ricordiamo quell’esperienza. Stasera
ci saranno parole, immagini suoni, messi insieme dai giovani di Città
insieme e delle altre associazioni, con il contributo della scuola
media “Cavour” e del Liceo Artistico “Emilio Greco”.
Abbiamo
lavorato un mese intero per mettere in piedi questa serata e per non
perdere “il vizio della memoria”. Un
vizio che, speriamo, diventi costume, modo di agire e di pensare,
affinché la mafia cominci ad avere paura di noi”. Un
entusiasmo palpabile quello dei giovanissimi studenti, che
hanno alternato canti, balli classici e moderni, brani letti e
recitati sulle scale del tribunale, sotto lo sguardo della Nike, come
una variegata compagnia teatrale che si esibisce sul più importante
dei palchi.
“Io
ed altri insegnanti – ci racconta Angela Arena, insegnante di Lettere
della scuola media “Cavour” – abbiamo sempre partecipato alla
commemorazione di Capaci. Quest’anno abbiamo deciso però di
coinvolgere i ragazzi, dedicando all’iniziativa di questa sera il
laboratorio di musical e recital che teniamo ogni anno a scuola.
Abbiamo realizzato così uno spettacolo che gli studenti hanno voluto
chiamare “Non
è cosa nostra”. Un
percorso che racchiude letture di testi letterari (da “Il giorno
della Civetta” di Sciascia, a “Il Gattopardo” di Tomasi di
Lampedusa, a “Foemina Ridens” di Pippo Fava), coreografie su
brani musicali di vario genere (pezzi rock, “Vivi davvero” di
Giorgia, Gerardina Trovato, persino “Tano Da Morire”), video di
interviste giornalistiche, alcune realizzate dai ragazzi stessi nel
corso dell’anno, e
scene tratte da film.
Un
percorso che ha ovviamente come tema conduttore l’impegno contro la
mafia e il desiderio di diventare per un giorno delle star. Non
come cantanti o ballerini, ma come cittadini che vogliono cambiare le
cose. Perché ci crediamo e perché, per parafrasare Giorgia,
vogliamo vivere davvero.” “La
scuola -spiega Giuliana studentessa della “Cavour”- ci ha
senz’altro fornito l’occasione per approfondire le nostre conoscenze
in merito al problema della mafia e a capire l’importanza
determinante di persone come Falcone.
La
Sicilia non è solo mafia, ma molto altro e noi siamo qui stasera per
provarlo”. A
sfilare sull’insolito palco, per non dimenticare, i nomi di quanti,
nella storia dell’antimafia, hanno posto una pietra miliare: oltre a
Falcone e Borsellino, sono stati ricordati infatti Rocco Chinnici,
Antonino Caponnetto, Peppino Impastato, Carlo Alberto Dalla Chiesa,
Cesare Mori, Joe Petrosino, Pio La Torre. Video
e musica hanno fatto da sfondo all’entusiasmo dei giovani artisti. Un
entusiasmo però condiviso, spiace constatare, da una fetta troppo
esigua di coetanei catanesi.
“Devo
purtroppo dire – ammette Padre Resca – che Catania è una città
addormentata. E quando ci si trova a partecipare a manifestazioni
come questa, ci si rende conto che i giovani catanesi non rispondono.
Amano la movida, amano i pub, ma la loro attenzione verso i problemi
della nostra società è altalenante e tende a puntare più verso il
basso che verso l’alto.
Forse
molti di loro credono che manifestare sia inutile. Io
credo che abbiano ragione, che manifestare sia inutile.Ma che
sia, contemporaneamente, indispensabile. Solo
esprimendo ciò che si pensa e facendolo capire agli altri, infatti,
c’è qualche speranza di cambiare le cose. E i
giovani catanesi dovrebbero capirlo e svegliarsi un po’ di più”. “Tuttavia
– commenta Marilù Fazio di Libera Catania – l’impegno di Libera in
Sicilia ci porta ad occuparci anche di informazione, in particolare
nelle scuole medie, perché riteniamo che i giovani, se debitamente
stimolati, rispondono sempre in maniera molto positiva.
Insomma,
crediamo che una speranza per Catania e per la Sicilia ci sia e vada
affidata proprio alle giovani generazioni”. “È
fondamentale però – precisa Grazia Zuccarello, portavoce di Green
Peace – che le nuove generazioni non dimentichino quanto è accaduto e
che imparino a combattere in prima persona la mafia, come prima di
loro hanno fatto i giudici Falcone e Borsellino. Bisogna
credere ed investire nell’educazione e nell’informazione delle nuove
generazioni. Anche attraverso momenti ed iniziative come quella di
stasera”
Ricchi
di spunti di riflessione gli interventi delle associazioni che hanno
partecipato alla manifestazione, ai quali è stata dedicata la parte
conclusiva della serata. “Le
riflessioni di stasera -ci spiega Anna Interdonato, per Addio Pizzo –
tanto da parte nostra quanto delle altre associazioni, vertono sul
rapporto fra mafia e Istituzioni.
Siamo
convinti che ognuno di noi debba fare la propria parte verso la
conquista della legalità, che sia cittadino o istituzione. Ognuno di
noi deve pretendere che la legalità venga sempre applicata, dagli
altri, ma anche da noi in prima persona”.Ma
qual è il rapporto fra associazioni e Istituzioni? Quale il ruolo
giocato da queste ultime a Catania nella lotta alla mafia e nella
conquista della legalità?
Una
posizione critica in proposito arriva dall’Asaae. “Le
aziende che riaprono dopo una denuncia -dichiara Gabriella Guerini,
presidente dell’associazione antiracket- vanno incontro ad immense
difficoltà: perché? È
solo paura da parte dei cittadini che, magari, reputano l’azienda “a
rischio” e nel pericoloso mirino della mafia? Noi crediamo di no.
Crediamo
che il problema stia invece nella mancanza di appoggio ed nel
disinteresse da parte delle istituzioni. Non
dimentichiamo però che anche le istituzioni hanno bisogno di noi. Non
dimentichiamo che solo tutti insieme, possiamo diventare forti e, nel
nome della legalità, possiamo vincere”.
Riflessioni
che rimangono, tuttavia, prive di un interlocutore, almeno
nell’immediato. In quanto, sotto quella scalinata, delle istituzioni
locali non c’è traccia. Al cospetto della Nike, nessuna autorità,
nessun referente politico. Un’assenza
che rende ancora più pregnante l’intervento di Libera, affidato alle
parole di don Primo Mazzolari, lette da Giuseppe Strazzulla: “Ci
impegniamo noi e non gli altri. Senza accusare chi non s’impegna,
senza disimpegnarci perché c’è chi ci ignora. Ci
impegniamo per dare un senso alla vita. Non ci
interessa passare alla storia, ma lasciare qualcosa a chi verrà dopo
di noi”.
E
compiere ancora cinque, dieci, cento passi verso la giustizia e la
legalità.
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