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Esecuzione a Quarto Oggiaro: colpito il clan Crisafulli

Di Lorenzo Frigerio il . Lombardia

Dietro la terribile sparatoria di ieri sera, culminata con un omicidio a sangue freddo, non vi sarebbe nessuna guerra di mafia, condotta con violenza per acquisire il controllo di un territorio tra i più ambiti di sempre, il quartiere di Quarto Oggiaro, spesso assurto agli onori della cronaca per il concentrato di violenza e criminalità che ha saputo esprimere nel corso dei decenni.

Il capo della Squadra Mobile di Milano, Francesco Messina, è stato molto lapidario a tale proposito, dichiarando alla stampa che il delitto di Francesco Crisafulli, avvenuto domenica 24 maggio, poco dopo le 21.30 nella periferia milanese,“non è direttamente riconducibile alla criminalità organizzata”. Gli inquirenti sono giunti a questa prima sommaria conclusione, dopo aver ricostruito il modus operandi del killer: agiva in perfetta solitudine, era a viso scoperto, quindi senza paura di essere riconosciuto e, sembrerebbe dalle prime testimonianze raccolte, gli altri tre uomini rimasti feriti non sarebbero stati tra i suoi bersagli, bensì avrebbero avuto la sfortuna di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, come ha sottolineato il dirigente della Polizia. La rabbia eccessiva dimostrata nel corso dell’esecuzione, tale da portarlo a strafare pur di raggiungere l’obiettivo, verrebbe però contraddetta dal particolare raccontato da alcuni dei presenti: dopo aver fatto fuoco, l’assassino si sarebbe allontanato a piedi, senza alcun tipo di fretta, anzi quasi sicuro di non dovere temere nulla. Altri testimoni invece sostengono che l’uomo si sarebbe allontanato a bordo di un auto, dove ad attenderlo si trovava un complice. Queste ultime testimonianze rafforzerebbero l’ipotesi di un vero e proprio omicidio di mafia, portato a termine da un commando organizzato. Saranno le acquisizioni investigative dei prossimi giorni a sciogliere definitivamente questo dubbio.

Per il momento quindi prende corpo un movente legato più a questioni personali, una sorta di regolamento di conti privati risoltosi con l’estremo ricorso alla violenza omicida: secondo Messina, l’assassino “è una persona che era conosciuta alla vittima e con cui, probabilmente, aveva litigato. Un uomo del quartiere, forse. Non sembra che la sparatoria sia direttamente riconducibile alla criminalità organizzata, ma che sia riconducibile a una rivalità tra i due: un’azione eclatante, un po’ all’antica”. Dalle prime ricostruzioni effettuate, emerge l’identikit di un uomo italiano, di età compresa tra i 40 e i 50 anni, riconosciuto essere un abituale frequentatore delle vie del quartiere. A tale riguardo, deve essere sottolineato in modo positivo il fatto che in queste ore molti cittadini, residenti nel quartiere, stiano collaborando con le forze dell’ordine per ricostruire la dinamica dell’agguato omicida. Ed è questo forse il segnale più importante di cambiamento, se si considera l’alta concentrazione di fatti criminali che nel passato avevano fatto meritare a Quarto Oggiaro la nomea di “Bronx di Milano”, un luogo dove perfino le forze dell’ordine non amavano inoltrarsi troppo spesso per timore di incorrere in spiacevoli incontri.

Stiamo però ai fatti fin qui accertati. A cadere sotto i colpi della calibro 9 utilizzata dal killer è stato uno dei rampolli di una famiglia mafiosa di tutto rispetto; Francesco, Franco per gli amici più stretti, Crisafulli aveva 57 anni ed era un pregiudicato di lungo corso, con precedenti per furto e droga, uscito dal carcere nel 2005 e, anche se detto ora può suonare poco credibile, sembrava aver messo la testa a posto, troncando ogni legame precedente intercorso con la malavita. Quella malavita organizzata nella quale aveva militato a lungo, essendo il fratello di Biagio, soprannominato “dentino” e di Alessandro Crisafulli, esponenti più in vista tra gli uomini di Cosa Nostra al Nord, originari di Comiso, in provincia di Ragusa.

La loro organizzazione subisce un duro colpo con l’operazione “Terra bruciata” condotta a termine dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Milano nell’aprile 1994, anche se il boss soprannominato“dentino” sarò arrestato a Nizza soltanto nell’ottobre del 1995. La storica amicizia con boss della ‘ndrangheta quali Coco Trovato e Papalia, Flachi e Paviglianiti lo accredita agli occhi dei mafiosi calabresi come uno degli alleati più importanti e la comunanza di interessi e strategica lo porterà spesso alla ribalta come esponente di punta della ‘ndrangheta, nonostante le sue origini geografiche e criminali siano ben altre, come abbiamo rilevato poco sopra.

Tra gli anni Ottanta e Novanta, i fratelli Crisafulli, soprattutto Biagio, risultano essere i leader incontrastati di una organizzazione mafiosa che traffica in armi e controlla manu militari lo spaccio di droga in molti quartieri di Milano, tra le piazze italiane da sempre dominate dalle cosche. Entrambi stanno oggi scontando l’ergastolo per il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e per alcuni omicidi a loro riconducibili. Alla famiglia Crisafulli sono stati sequestrati e poi confiscati beni per un valore di svariati milioni di euro, accumulati grazie ai proventi riscossi con il traffico di droga sulla piazza milanese, a partire dal quartiere che hanno sempre controllato, Quarto Oggiaro.

Ed è proprio a Quarto Oggiaro, davanti ad un bar all’angolo tra via Satta e via Pascarella, che si è consumato ieri sera il feroce agguato. Gli avventori, alla ricerca dei pochi refoli di frescura regalati da un maggio “di fuoco” per le temperature raggiunte, non pensavano certo che avrebbero avuto ancora più caldo da lì a qualche minuto, trovandosi sotto il tiro di un killer spietato. Infatti, seduti all’interno del bar, non si avvedono dell’arrivo di un uomo che, giunto alle loro spalle, prende a far fuoco con la semiautomatica che impugna spianandola in direzione del suo obiettivo principale, Crisafulli appunto. Inutile il tentativo di fuga all’esterno del locale. Attinto da quattro colpi, di cui due mortali che lo raggiungono al viso e al torace, Crisafulli cade a terra in fin di vita, ma morirà solo durante il trasporto in ambulanza al vicino ospedale di Bollate.

Nel caos seguente ai primi colpi d’arma da fuoco che risuonano, si scatena il panico e molti dei presenti all’interno e all’esterno del bar fuggono in ogni direzione. Dopo che il killer si allontana, si prestano i primi soccorsi e si fa la conta in termini umani del blitz armato. Oltre a Crisafulli, in fin di vita ma ormai prossimo alla morte, giacciono a terra per le ferite ricevute altre tre persone, colpite verosimilmente per caso. Il primo di questi è il tabaccaio Nicola Brunetti, 56enne originario di Murge (BA); lamenta una ferita ad un braccio invece il 53enne di Belluno, Agostino Corvo, mentre un cittadino albanese di 34 anni, Hoxha Skelqim risulta essere stato colpito ad una gamba. Nessuno dei tre, stando almeno alle prime verifiche operate dalle forze dell’ordine, pur conoscendo la vittima, sembra aver intrecciato con la vittima alcuna relazione di tipo criminale.

Il comprensibile riserbo e la consueta prudenza, giustamente adottate dagli inquirenti in attesa di sviluppi investigativi, non ci esime però dal sottolineare il palese contrasto che si coglie tra l’istantanee scattate dopo l’omicidio Crisafulli e l’asettico dibattito che nel pomeriggio di lunedì 25 si apre in Consiglio Comunale, chiamato ancora una volta a pronunciarsi se sia il caso o meno di mantenere in vita la Commissione Comunale Antimafia, che qualcuno vorrebbe liquidare con una fretta quantomeno sospetta, visti i tempi presenti, quantomeno oscuri, se volessimo utilizzare un leggero eufemismo.  

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