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I Pupi che raccontano Peppino Impastato

Di Gaetano Alessi* il . Sicilia

Se
vivessimo in un paese “facile” il significato del termine “memoria
condivisa” avrebbe una definizione semplice: patrimonio collettivo di
una nazione, di una comunità, che in essa si rivede, si unisce, trova
aneliti di vita per andare avanti. In
Italia però niente è di facile definizione. La “memoria” viene
utilizzata per ricordare tragedie, per commemorare eventi infausti che
hanno attraversato trasversalmente la storia di un paese “strano”, mai
pacificato. La stretta di mano tra la moglie del commissario Calabresi
e la vedova dell’anarchico Pinelli allevia due tragedie personali ma
non onora, perché non analizza, la memoria collettiva d’anni di cui
ancora oggi non abbiamo percezione. In Italia “memoria”, purtroppo, fa
rima con “commemorazione”.

Così il ricordo di Peppino Impastato si
confonde con la campagna elettorale in corso e dura lo spazio di poche
decine di ore: alcuni link su Facebook o la stanca riproposizione del
film di Marco Tullio Giordana “I cento passi”. Poi il silenzio, per
altri 365 giorni mentre gli amici di sempre, giù a Cinisi, continuano
ad annaspare alla ricerca di fondi che permettano di continuare a
conservarne la “memoria”. Ma anche in questo paese dalle mille
contraddizioni, dove il premier dopo quattordici anni una mattina
d’aprile si sveglia e si riscopre antifascista, c’è la faccia non
oscura della Luna. Quella che sorride ai pazzi, ai coraggiosi. Quella
che guarda al futuro ma che ricorda e crea “memoria condivisa”. Succede
in un piccolo paese del palermitano, Caltavuturo, dove grazie alla
passione di Angelo Sicilia è nato Il Museo dell’Opera dei Pupi
Siciliani delle Madonie, dove la tradizione e la memoria siciliana si
sposano con l’impegno civile. Lo fanno tramite i “Pupi”. Marionette di
legno sospese da fili invisibili, che raccontano storie, che
intrecciano, come un’invisibile sutura, sogni di ieri e speranze di
domani.

Tradizioni e memoria che viaggiano su binari gemelli, facendo
nascere dalle parole “fiamme e serpenti”. Siciliani che ricordano,
portano avanti la “memoria” di una terra martoriata, ma dove, come
diceva Pippo Fava,: “non c’è popolo (i siciliani) che abbia tanto
orgoglio e tanto amore per la vita”. Il 16 di maggio alle 21, i Pupi,
in occasione della notte europea dei musei, daranno voce a Peppino
Impastato, al suo grido: “La mafia è una montagna di merda”. Daranno
carne e sangue ad un ragazzo che diceva quello che pensava e che usava
l’ironia come lancia della sua furibonda richiesta di normalità…di
libertà. Badalamenti, nell’arroganza del “potere” pensò che pochi
grammi di tritolo potessero cancellarne non solo il corpo, ma anche il
pensiero, la storia, il ricordo. Sbagliava. Peppino Impastato torna
perché semplice ma coerente era il suo pensiero; torna perché per
qualcuno, anche negli anni del silenzio dei media, non è mai andato
via; torna per la forza di una madre per cui Peppino era il sogno, la
speranza, il canto; torna perché per ricordare, per aver “memoria”, non
si deve narrare di com’è morto un uomo ma, come fanno i Pupi di
Caltavuturo, di com’è vissuto.

*www.articolo21.info

*http://www.gaetanoalessi.blogspot.com/

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