9. La criminalità straniera in Abruzzo
I cinesi, gli albanesi e i russi, i rumeni, i cinesi e gli africani. La geografia dei clan stranieri e la mappa dei traffici è ormai delineata. A dominare la scena criminale sono gli slavi (presenti nel triangolo Pescara-Teramo-Chieti), che gestiscono i grandi traffici di droga sulla rotta marittima balcanica, il traffico di esseri umani (via mare e via terra), e soprattutto la prostituzione. Un’attività che conducono in proprio (ma talvolta in sinergia con gli slavi) anche rumeni e africani. Una pericolosa convergenza di interessi si registra con la camorra, che dà agli albanesi la possibilità di inserirsi nei traffici intercontinentali ed europei. Poi ci sono i cinesi, nuova frontiera criminale, con comunità inaccessibili, famiglie mafiose fortemente gerarchizzate, il controllo capillare e del territorio. E infine i russi, che investono enormi capitali nel settore turistico, in silenzio.
Il market del sesso
In strada e nei locali notturni, ragazze africane e ragazze dell’Est europeo. Finiscono spesso nei bordelli con l’inganno, con la promessa di un futuro migliore in Italia. Con il ricatto, la minaccia, la violenza vengono poi costrette a prostituirsi. Un business che è ormai colossale, il terzo su scala mondiale dopo i traffici di droga e di armi. Nell’Italia Centrale l’Abruzzo è insieme al Lazio terra di prostitute.
Il clan degli albanesi
Dagli anni 90 in poi le famiglie d’Albania hanno assunto un peso rilevante lungo tutta la costa adriatica. Messe da parte le carrette del mare, gestiscono ormai in solitudine il traffiking, cioè l’immigrazione clandestina via terra dai Balcani e dai paesi dell’Est, soprattutto di donne da avviare alla prostituzione. Canali che vengono sfruttati anche per i traffici di droga, di qualunque tipo e in grande stile, sfruttando anche gli scali marittimi lungo la costa. E in Abruzzo – tra Pescara, Teramo e Chieti – le basi operative degli albanesi sono numerose ed efficienti. Clan molto simili alle ‘ndrine calabresi: nuclei familiari, struttura orizzontale, controllo asfissiante.
Il pericolo slavo
L’allarme per le infiltrazioni e la strutturazione della mafia albanese arriva nella seconda metà degli anni 90. Nel 2000 un blitz destruttura un clan slavo, che dall’Abruzzo estendeva i propri traffici (droga e prostituzione) anche nelle regioni limitrofe, coinvolgendo malavitosi campani e pugliesi. Per ottenere i permessi di soggiorni ai propri affiliati, organizzavano matrimoni di convenienza con italiani compiacenti. Un clan saldato da legami familiari, e dipendente da un superclan, il terzo livello della mafia albanese.
La cupola
La scoperta arriva nel 2006, con una mega operazione del Ros e della Dda di Cagliari. In pratica, favoriti dall’assenza di organizzazioni criminali strutturate in Sardegna – e dalla sottovalutazione del fenomeno a livello investigativo – gli albanesi hanno messo in piedi sull’isola la loro base operativa, per partire poi alla conquista criminale dell’Italia, rimanendo in contatto con la madrepatria. Una struttura capace di trattare con cosa nostra, camorra, ‘ndrangheta e altre organizzazioni criminali internazionali, per la gestione dei traffici di cocaina ed eroina, la tratta delle bianche (letteralmente vendute sul mercato), la prostituzione. E capace di gestire diverse cellule operative nel Paese, soprattutto in Puglia, Lombardia, Lazio, Abruzzo e Marche.
La febbre cinese
Una mafia invisibile quella asiatica, tanti fantasmi che si aggirano per l’Italia intera. Colpire le mafie cinesi è difficile. E si tratta di mafie violente, penetranti, vendicative, dal potere assoluto nelle proprie comunità. Riciclano, investono, ma si dedicano anche ad attività illecite: la contraffazione e i traffici di rifiuti (utilizzando i porti di Napoli, Gioia Tauro, Civitavecchia e Taranto, in accordo con i campani e i pugliesi), lo sfruttamento della prostituzione e del lavoro nero. Oltre alla droga. I cinesi d’Abruzzo sono attivi sul litorale tra Teramo e Pescara, una presenza significativa e visibile. Gestiscono infatti diverse attività commerciali, con il classico sfruttamento bestiale del lavoro. Ma anche con i centri benessere che camuffano le case d’appuntamento. Comunità chiuse, dentro le quali vige l’omertà e si impone la ferrea pratica del pizzo. Elementi che fanno ipotizzare una strutturazione avanzata delle organizzazioni criminali presenti in regione, confermati dall’operazione Piramide a Pescara.
L’invasione russa
È alto l’allarme, da alcuni anni, sui tentativi di infiltrazione economica delle mafie russe. Hanno capitali infiniti, sono spesso rappresentate da grandi imprenditori, da uomini di cultura, da ex esponenti del Kgb. Viaggiano in aereo e non fanno troppo rumore. Investono nei luoghi turistici, lungo le coste, sull’Adriatico, in Abruzzo.
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