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8. I traffici di droga in terra d’Abruzzo

Di Alessio Magro il . Abruzzo

È un crocevia di traffici, una terra
di passaggio, ma anche una piazza di spaccio tra le prime in Italia.
Dall’Abruzzo passano le rotte secondarie della droga, quelle che
partono dall’Albania e dai Balcani, sfruttando i diversi scali
marittimi sulla sponda adriatica (Pescara, Giulianova, Vasto e
Ortona). Sono gli albanesi ad aver ormai monopolizzato il commercio
di stupefacenti, anche se la necessità di estendere e intensificare
i traffici spinge i clan slavi a cercare il contatto operativo con le
mafie tradizionali, soprattutto con la camorra. Ecco che gli albanesi
riescono oggi a utilizzare i canali sudamericani e olandesi, come
testimoniano alcune recenti operazioni minori nella regione. Concluso
l’import, smerciata la droga all’ingrosso, tocca poi alle
famiglie rom la distribuzione al dettaglio, un compito affidato alle
donne dei clan. L’Abruzzo è anche la base logistica di transito
per i carichi di droga provenienti dalla Puglia e diretti al Nord.

Le cifre. Il numero delle persone
denunciate in rapporto ai residenti resta elevato (67 su 100mila, con
l’Abruzzo al sesto posto tra le regioni) così come il consumo
individuale, parecchio sproporzionato rispetto alla media nazionale.
Colpiscono le statistiche relative all’eroina. Nel 2006 sono ne
stati sequestrati 134 chili (l’Abruzzo segue il Friuli e la
Lombardia e precede la Puglia). Nel 2007 le persone segnalate sono il
5,88% del totale nazionale, la percentuale dell’eroina sequestrata
è del 4,53. Con un sequestro record di 25 chili a Lanciano (Chieti),
e uno da 12,5 chili a Pescara. Un altro dato significativo svela
alcune direttrici delle organizzazioni criminali: tra i non residenti
denunciati per spaccio di cocaina ed eroina in regione spiccano i
laziali, seguiti dai campani, con i primi coinvolti in reati
associativi. Gli abruzzesi denunciati fuori regione sono coinvolti in
traffici nel Lazio e in maniera minore in Campania, dove però i
reati sono associativi. La provincia di Pescara pesa per quasi il 50%
sulle statistiche regionali.

Il boom. Nei primi sei mesi del ’94
si segnala l’esplosione dei reati legati alla droga: sono più di
700 i procedimenti. È una tendenza che presto sarà confermata da
una raffica di grandi operazioni, che coinvolgono più regioni e che
svelano traffici internazionali di stupefacenti ad altissimi livelli.
Si comincia con l’operazione Flash Dance: Diverse decine di
arresti, un giro di coca e pasticche tra Chieti, Foggia e Campobasso,
il tutto gestito da temibili clan pugliesi. Sempre nel ’94, scatta
la mega operazione Progetto Onig. È un’inchiesta esplosiva: a New
York opera un grande cartello della droga che vede insieme cosa
nostra, ‘ndrangheta e camorra. Indagano diverse procure italiane e
l’Fbi negli Usa. Finiscono in cella in un centinaio. Tra le regioni
interessate dai grandi traffici ci sono quelle a occupazione mafiosa,
ma anche il Lazio, il Piemonte e l’Abruzzo. Altri 40 arresti nel
’95, questa volta la droga arriva dalla Turchia passando dalla
Bulgaria. È l’operazione Giuliano (in onore dell’attore Gemma,
famosissimo nell’Est europeo), che prende le mosse da Lecce e
arriva fino a Chieti, un’operazione alla quale collaborano le
polizie bulgara, svizzera e francese. Nella rete finiscono anche
degli abruzzesi, il terminale dell’organizzazione nella regione
dell’Italia Centrale.

La più grande raffineria d’Europa.
Arrivava grezza dalla Colombia, per essere lavorata e raffinata da
quattro chimici sudamericani. Arrivava da Calì, Bogotà, Baranquilla
e Pereira, per finire poi sulle piazze di spaccio di tutta l’Europa.
In quantità industriali. Una megaraffineria scoperta l’11
settembre del ’97, quando gli uomini del Ros di Giampaolo Ganzer
irrompono in un insospettabile villino a Rosciano, alle porte di
Pescara. Con l’operazione Cedro si svelano traffici di portata
mondiale gestiti dai colombiani, con il coinvolgimento della
‘ndrangheta, della camorra e della Scu. I colombiani preferivano
l’Italia per la trasformazione della coca base, anche per la
facilità nel reperire i prodotti necessari alla lavorazione. Per la
prima volta in Europa, anche grazie ad infiltrati e alle moderne
tecniche di intercettazione, si è seguito il traffico della droga
dalle sue fasi iniziali. Arrivando alla più grande raffineria
d’Europa, proprio in Abruzzo.

Da Tirana con furore. È una delle più
famigerate bande di albanesi quella colpita nel giugno del 2000 in
Abruzzo, con l’operazione Mimozat. Dalla tratta delle bianche alla
prostituzione fino alla droga, partendo dalla costa adriatica per poi
colonizzare anche altre regioni. Circa 40 arresti, centinaia di
denunce, 400 chili di droga sequestrati. Nell’organizzazione –
capeggiata dal boss slavo Nilo Harilla, di Montesilvano – erano
attivi anche abruzzesi, campani e pugliesi. Un’organizzazione
plurale, con un terzo livello di comando sovraordinato, composta da
clan legati da vincoli familiari sul modello della ‘ndrangheta.
Centro dell’impero è la Sardegna, da dove i clan albanesi sono
partiti alla conquista criminale dell’Italia. Nel 2006 da
un’operazione dei carabinieri emerge l’esistenza di una cupola
che dall’isola gestiva i traffici di essere umani, della
prostituzione e della droga (cocaina ed eroina), grazie a cellule
operative in Puglia, Lombardia, Lazio, Abruzzo e Marche e a
collegamenti con le altre organizzazioni criminali italiane e
internazionali.

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