Sempre più difficile lottare contro il “pizzo gentile”
Dimenticate le incursioni piratesche dei picciotti che con aria spavalda varcano l’uscio dei locali commerciali o arrivano a bordo di bolidi sui cantieri edili sollevando una nube di polvere. Queste scene un po’ western appartengono ormai ad antichi repertori, infinitamente lontani dalla realtà quotidiana cui magistratura e società civile devono confrontarsi.
Nell’industria criminale Mafia Spa, che nel 2008 ha incrementato i suoi profitti con un fatturato di 130 miliardi di euro, quasi 70 miliardi di utile (fonte: Rapporto Eurispes 2009), il racket e l’usura rispettivamente con 9 e 12,6 miliardi, costituiscono la seconda fonte di guadagni dopo il traffico di droga (59 mld).
Il pizzo rappresenta una pratica odiosa cui sempre più imprenditori si oppongono, spesso con buoni risultati. Per questo è mutato l’atteggiamento dei clan nei confronti del mondo dell’imprenditoria, più “comprensivo” e collusivo che antagonista, spesso rivolto ad ottenere favori indirettamente economici, come l’assunzione di certa manodopera e la raccomandazione di determinati fornitori per le catene di distribuzione. Una mafia paternalista, meno violenta ma altrettanto spregiudicata.
A denunciarlo sono le associazioni antiracket e antiusura attive nel territorio regionale. Secondo Domenico Maggi, presidente dell’Associazione Commercianti imprenditori artigiani messapi, fondata nel 1992 e aderente al Coordinamento provinciale antiracket brindisino, i clan “hanno cambiato modo di fare criminalità”, cercano alleanze con imprenditori compiacenti e drogano la corsa alla libera concorrenza sul mercato. Anche Luigi Budano, presidente dell’Associazione leccese contro la cultura mafiosa, che conta il maggior numero di aderenti tra quelle pugliesi, denuncia la solitudine cui ancora oggi sono costretti a convivere gli imprenditori che denunciano il racket. Nel primo trimestre del 2009 all’associazione salentina sono pervenute soltanto tre denunce di richieste estorsive. Mentre per il fenomeno dell’usura le richieste d’aiuto sono più numerose, ma le prede compiono il passo decisivo solo quando sono costrette nella morsa della disperazione. E nemmeno la normativa antiusura e antiracket appare idonea a risolvere le reali difficoltà delle vittime nell’immediato, dopo aver denunciato l’usuraio o l’estorsore. La modifica dell’art.20 della legge 44/99 – spiega il presidente Budano – non tutela le vittime e le espone a danni economici rilevanti, fino a giungere in certi casi allo sfratto da parte dell’ufficiale giudiziario. “Tanto che oggi è più facile difendere l’estorsore che l’estorto”, commenta laconico Budano. Il vice presidente della Federazione italiana antiracket (FAI) Renato De Scisciolo, invece, sostiene che in realtà gli strumenti legislativi non manchino, ma il tempo che decorre dalla denuncia fino all’erogazione dei benefici economici previsti dall’apposito fondo, talvolta non consentono di evitare il pignoramento del bene. Negli ultimi quattro mesi – riferisce il vice presidente della FAI – sono giunti segnali allarmanti di una presunta riorganizzazione dei clan legati alla Sacra corona unita. In questo primo trimestre il Comitato provinciale antiracket con sede a Molfetta ha raccolto circa 30 segnalazioni di minacce di estorsione da tutta la provincia, di cui però soltanto due hanno avuto successivi sviluppi con un atto di denuncia formale. Soprattutto nel nord barese il fenomeno sta prendendo piede e a scopo estorsivo i clan eseguono rapine in serie presso gli esercizi commerciali che non si piegano alla richiesta di pizzo. Un ruolo importante nella gestione degli affari del racket lo giocano le donne dei clan. Sono loro spesso a taglieggiare il piccolo imprenditore e a rifiutarsi di pagare la merce prelevata.
Poi c’è il business dei giochi delle lotterie istantanee, il cosiddetto “gratta e vinci”, che richiama l’attenzione dei boss sui montepremi elargiti da tabaccai e ricevitorie, fenomeno questo in forte espansione a Bari. L’attività delle associazioni antiracket e antiusura in Puglia è molto generosa, ma manca ancora un adeguato piano di comunicazione che raggiunga le potenziali vittime di fenomeni di racket e usura, e soprattutto un’organica campagna di prevenzione. E così la FAI tenterà di portare in piazza le ragioni della lotta al racket e all’usura anche con l’attesa iniziativa “Disracket”, un grande concerto che il prossimo 22 aprile porterà a Bitonto alcuni artisti del panorama musicale regionale. Perché finalmente trionfi un’altra musica.
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