Come ricordiamo i giornalisti uccisi
Sono il fratello di Giovanni Spampinato, uno degli undici
giornalisti uccisi in Italia mentre documentavano fatti di mafia e
terrorismo, e ringrazio quanti hanno la sensibilità di ravvivare la
memoria di queste vittime, anche delle più dimenticate. Come altri
familiari, ho atteso a lungo che il sindacato dei giornalisti, l’Ordine
dei Giornalisti e le alte cariche dello Stato onorassero
collettivamente i giornalisti italiani uccisi da mafie e terrorismo. E
alla fine, dopo decenni di silenzi e disattenzioni, oggi 3 maggio 2009,
a Napoli, come il 3 maggio dell’ anno scorso a Roma, in Campidoglio,
questo gesto è¨ arrivato ed è stata una grande consolazione, come lo è
la nobile iniziativa del Giardino della Memoria di Palermo e la
manifestazione del 21 marzo con la quale, ogni anno, l’associazione
Libera di don Luigi Ciotti ricorda pubblicamente tutte le vittime di
mafia.
Dunque grazie agli organizzatori di questa giornata. Ma lasciatemi dire
che non basta parlare una volta l’anno, nel chiuso di una sala, dei
giornalisti uccisi in Italia perchè si ostinavano a fare i giornalisti.
Credo che bisognerebbe fare di più, per onorare come meritano questi
“caduti” che hanno sfidando la retorica e tutti dovremmo chiamare eroi
dell’informazione.
Secondo alcuni, a noi, familiari delle vittime, non spetta dire queste
cose, ma solo rappresentare il nostro dolore e custodire i ricordi
privati. Io dico: sarebbe giusto in una società con la coscienza a
posto. Come ci si può rassegnare al silenzio quando tacciono anche le
voci pubbliche? Non vi nascondo l’amarezza di questi anni per la
disattenzione delle istituzioni, della politica, della giustizia e
anche del mondo giornalistico. Soprattutto per il silenzio del
giornalismo organizzato che, a mio avviso, per primo deve difendere e
coltivare la memoria dei suoi martiri; indicare più apertamente e con
più continuità il loro esempio professionale e civile; promuovere un
lavoro di documentazione e di analisi sulle circostanze in cui hanno
perso la vita; sollecitare giustizia e piena luce su ognuno di questi
casi.
morti ammazzati è stata affidata solo a noi parenti o ai giornalisti
vicini alla vittima per testata, per appartenenza politica o
territoriale. Non è stato giusto. Ho atteso 37 anni questa cerimonia e
mi commuove pensare che alcuni miei cari non ci sono più. Penso a
quelli che hanno patito e che oggi avrebbero pianto e gioito insieme a
noi. Vi dico grazie anche a nome loro e vi dico come vorrei che fossero
ricordati i nostri morti: con animo sereno e facendo sapere a tutti che
genere di uomini fossero veramente, cosa hanno fatto nella loro vita,
quali passioni li animavano, cosa hanno scritto di tanto terribile.
Questo sarebbe il modo giusto di onorarli.
E’ passato tanto tempo (la prima vittima di mafia, la più dimenticata,
dell’elenco è Cosimo Cristina, ucciso a Termini Imerese nel 1960) e
ancora non si riesce a parlare con serenità e con orgoglio di questi
morti. Non è giusto, non mi sembra degno di una nazione civile lasciare
che nella memoria collettiva i giornalisti uccisi appaiano, come spesso
accade, vittime della loro testardaggine, vittime di una guerra per
bande combattuta per una causa incerta, di uno scontro del quale non è
facile dire chi avesse ragione e chi torto. Nell’Italia ideologica che
esisteva prima della caduta del Muro di Berlino questo atteggiamento,
per quanto sbagliato, trovava qualche spiegazione: Ma dopo? Pesano
ancora come macigni le miserie, dure a morire, di un modo di ragionare
che sminuisce i fatti e riduce ogni cosa a logiche di appartenenza
politica o di testata.
Queste logiche hanno impoverito il giornalismo e
la società civile. Mi auguro che anche grazie a queste cerimonie del 3
Maggio prima o poi si riesca a superare questo schematismo. Si capisca
finalmente che ricordare questi giornalisti uccisi da mafie e
terrorismo non è¨ un optional, un omaggio al passato o un contentino
concesso ad alcuni parenti lamentosi, ma è¨ il modo nobile di ancorare
la professione giornalistica ai valori più alti. I giornalisti
dovrebbero porre queste vittime nel loro Pantheon ideale perchè
ciascuno di loro preso a se, e tutte insieme, collettivamente,
rappresentano l’identità più alta del giornalismo italiano, un punto
di riferimento essenziale per la professione giornalistica intesa come
funzione sociale insostituibile in ogni società democratica complessa
come la nostra, in ogni comunità che fa discendere il consenso
politico da scelte consapevoli di cittadini informati. In queste
società i giornalisti sono le sentinelle, i guardiani degli altri
poteri e perciò devono avere professionalità , coraggio, senso del
dovere, responsabilità, orgoglio di tenere la schiena dritta:
l’orgoglio di chi non si rassegna a tacere notizie scomode, di chi non
sceglie il quieto vivere, di chi rifiuta condizionamenti impropri o
violenti.
Le vicende di questi giornalisti uccisi, feriti, intimiditi, minacciati
non sono storie di un passato da dimenticare. Raccontano la stessa
storia dei cronisti di oggi costretti a vivere sotto scorta e ai quali
rinnovo la mia solidarietà . Raccontano una grande verità che dovremmo
tenere sempre presente: il lavoro di cronaca fatto con indipendenza di
giudizio e volontà di non lasciare nulla di intentato per dare ai
lettori una informazione libera, completa, tempestiva e veritiera,
non è mai una passeggiata, è un viaggio che contempla tratte difficili,
complicazioni e rischi non eliminabili e merita l’attiva solidarietà di
tutti i cittadini onesti. E’ una verità incontestabile. Un giornalista
che decidesse di svolgere il proprio lavoro evitando a tutti i costi la
parte rischiosa o scomoda della sua professione, che decidesse di non
disturbare mai interessi costituiti, personaggi dotati di potere lecito
o illecito, deciderebbe di fare un altro mestiere.
Con ciò non voglio dire che i giornalisti debbano essere missionari
votati al martirio, eroi che sfidano la morte per ogni notizia. Voglio
dire che ogni onesto giornalista deve mettere nel conto che a volte è
inevitabile correre qualche rischio, scontentare qualcuno in grado di
nuocere. Non se ne può fare a meno. Non ci si può fare scudo alla
leggera dell’auto-censura, non si può scegliere la scorciatoia del
quieto vivere non farsi vincere dalla paura. Chi si trova in uno stato
di costrizione, di minaccia, di pericolo reale, merita solidarietà e
la massima comprensione, ma deve dirlo, deve rendere conto alla
deontologia professionale. E un grosso problema sul quale i giornalisti
devono riflettere. Si sorvola troppo spesso su queste questioni,
nonostante nelle redazioni si siano moltiplicati i casi di giornalisti
minacciati, ridotti al silenzio con la violenza, costretti a vivere
sotto scorta. Su queste questioni i giornalisti sono chiamati a
sviluppare una riflessione più meditata, più approfondita,
confrontando i pareri e le opinioni, che sono diversi, per precisare
qual è¨ il limite oltre il quale è¨ arbitrario tacere una notizia; per
trovare strumenti, procedure e soluzioni organizzative che permettano
di abbattere il muro della paura, che è poi il muro della censura.
Bisogna ragionarci seriamente, a freddo, quando non si sono prostrati
dalle situazioni di emergenza. Per promuovere questa riflessione, la
Federazione Nazionale della Stampa e l’Ordine nazionale dei
Giornalisti hanno promosso congiuntamente l’Osservatorio permanente
sulle notizie oscurate e sui cronisti (OSSIGENO, in sigla) di cui sono
stato nominato responsabile.
L’Osservatorio si fa carico anche di documentare e far conoscere la
storie di ognuno dei giornalisti uccisi nella convinzione che esse
siano elementi identitari del Giornalismo italiano e che possono
aiutarci a comprendere i casi ”caldi” dei nostri giorni, per non
affrontarli senza partire ogni volta dall’anno zero, senza cadere nella
trappola ben nota delle incomprensioni che creano divisioni
insuperabili e dannose fra le vittime e i loro compagni di lavoro. Il
libro fuori commercio curato dall’Unione Nazionale Cronisti (UNCI), che
rievoca la storia di ognuno dei giornalisti italiani uccisi, aiuta a
sviluppare questi riflessioni.
* responsabile dell’Ossevatorio sui cronisti minacciati – OSSIGENO
Trackback dal tuo sito.