6.La stidda all’attacco di Cosa Nostra e il controllo sulla politica
La tranquillità
di Gela, comunque, finisce nel 1987, quando cominciano i lavori per
la costruzione della diga disueri e viene ammazzato il vecchio boss
di Vallelunga Francesco Madonia. C’erano nuovi affari da far partire,
le estorsioni, l’usura, il traffico di droga e armi. A monopolizzare
il mercato ci pensa Piddu Madonia, il figlio di Francesco. Ma altri
erano interessati agli appalti e ai traffici di droga e armi. Sono gli
stiddari o clan dei pastori. Criminali comuni che combattono Cosa Nostra.
Secondo un studio condotto dal centro studi sulla legalità di don Luigi
Ciotti (cui questa inchiesta è debitrice anche per la ricostruzione
storica), “anche loro sono interessati ad esercitare il controllo
sugli appalti e sui sub-appalti. Comincia tutto con la realizzazione
di numerose opere pubbliche nell’area industriale in cui si era stabilito
il petrolchimico e, in particolare, con i grossi finanziamenti
arrivati per la costruzione della diga del Disueri (oltre 100 milioni
di Euro). Entrambe le organizzazioni avevano interessi in imprese di
movimento terra, in cui il clan Madonia svolgeva attività imprenditoriali
attraverso varie società”. Inizia, così, una guerra senza esclusione
di colpi tra il clan Iannì-Cavallo della Stidda e quello di Piddu Madonia,
appartenente a Cosa nostra, che nel giro di quattro anni lascia sul
terreno 120 morti ammazzati. Dal 1991 ritorna una calma molto relativa.
In realtà l’attività delle cosche continua tra riscossioni di pizzo,
traffici di eroina e cocaina, sequestri di persona e alleanze trasversali
con brigatisti che, finita l’epoca della lotta armata, hanno imbracciato
le armi per motivi molto meno ideologici e più materiali. È di qualche
settimana fa, infatti, la notizia di un piano per sequestrare un banchiere
siciliano organizzato da un ex militante delle Brigate Rosse, in collaborazione
con alcuni componenti della Stidda.
Il piano, sventato
dai magistrati della procura della Repubblica di Caltanissetta e dai
carabinieri della compagnia di Gela e del comando provinciale nisseno,
ha portato all’arresto di Calogero La Mantia, originario di Sommatino
(Caltanissetta), ma residente a Gela. Ma chi è Calogero la Mantia?
Esponente di spicco della colonna milanesse delle brigate rosse era
stato arrestato negli anni settanta. Scontata la pena era ritornato
a Gela dove ha iniziato una nuova carriera. Insieme agli amici della
stidda aveva messo in piedi il progetto del sequestro. Tutto doveva
avvenire prima di Pasqua. A guidare l’organizazzione Vincenzo Pistritto,
41 anni, pregiudicato di Gela affiliato alla Stidda, che
avrebbe avuto in programma un altro sequestro di persona che riguardava
un familiare di un imprenditore nisseno. Il ritorno dei sequestri
in Sicilia è confermato anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori
di giustizia che hanno spiegato ai magistrati che i corleonesi, dopo
aver a lungo vietato in Sicilia i sequestri di persona, volevano iniziare
una “nuova stagione” criminale effettuando rapimenti di facoltosi
imprenditori. Un via libero che ha permesso a La Mantia e ai suoi
amici stiddari, di mettere su una rete criminale che avrebbe
dovuto avere legami e basi operative in Puglia, Lombardia e Sicilia.
In particolare a Modugno (Bari), Cremona, Gela e nel Ragusano, sarebbero
dovute avvenire una serie di rapine e sequestri di persona. Da qui l’inizio
di sopralluoghi e appostamenti che avrebbero consentito a La Mantia
e ai suoi complici di mettere a segno diversi colpi. A loro disposizione
c’erano armi di ogni tipo ed esplosivo al plastico. Una potenza di
fuoco non indifferente.
Ultimi episodi
in ordine di tempo l’imposizione del pizzo fuori dalla Sicilia e precisamente
a Milano e il progetto di uccidere Il sindaco di Gela Rosario Crocetta.
Volevano colpire duro. E dare un segnale forte ai politici e agli imprenditori
più impegnati sul fronte della lotta alla mafia a Gela. Le indagini,
coordinate dalla procura distrettuale antimafia di Caltanissetta, hanno
permesso di stroncare sul nascere il tentativo di ricostruzione del
clan Emmanuello che, insieme alla stidda, ha dichiarato di voler far
fuori, in qualunque modo, Crocetta e alcuni imprenditori che negli ultimi
anni hanno collaborato con le forze dell’ordine e la magistratura nella
lotta al racket delle estorsioni.
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