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3.Nella terra del marxismo-ENInismo

Di Giuseppe Bascietto il . Senza categoria

Per capire
come mai la sinistra, o quel che ne rimane, da queste parti sia così
forte, bisogna riavvolgere il nastro del tempo. Correva l’anno 1956,
l’anno in cui nacque anche il ministero delle Partecipazioni statali.
Il presidente dell’Eni Enrico Mattei si affacciò sulla piazza di
Gela e annunciò trionfante che ci sarebbe stato lavoro per tutti: l’Agip
mineraria aveva trovato il petrolio. In realtà il giacimento era a
grande profondità, il greggio molto denso, con una percentuale di zolfo
altissima (25 per cento) e l’estrazione sarebbe stata costosissima.
In mancanza di strade, per il trasporto si poteva contare solo su un
porto pochissimo attrezzato. Nel 1965 l’ingegner Boldrini, magnificò
così, nel discorso inaugurale del petrolchimico, l’abilità politica
del suo predecessore: «Il giacimento minerale era di qualità così
scarsa che di nessun tipo analogo era mai stata tentata l’utilizzazione
industriale nel mondo. Ma il genio di Enrico Mattei – desto sempre
su ardimentose prospettive – sentiva il fascino di un inedito cimento.
E dalla sua volontà precisa decisa e trascinante nacquero le nuove
fortune di Gela».

Mattei, legato
alla corrente Dc di Amintore Fanfani (segretario dal ‘54), ma con
buone relazioni anche a sinistra e a livello internazionale, riesce
a imporre il progetto. Nei primi anni, i soldi arrivano a palate. Le
campagne di svuotano e il latifondo si sfalda. I proprietari terrieri,
guidati dal principe Nicolò Pignatelli d’Aragona, dopo avere resistito
per anni, anche grazie alla mafia, alle richieste del movimento bracciantile,
iniziano a vendere i terreni all’Eni. Erano gli anni della «meteora
milazziana», come la definì Pietro Ingrao, il governo regionale di
Silvio Milazzo, uomo politico Dc della corrente di Sturzo, che riuscì
a compattare la destra siciliana, la mafia e il Pci (il segretario regionale
di allora era Emanuele Macaluso), in chiave anti centralista, quindi
avversa a Mattei e alla politica di Fanfani delle partecipazioni statali.
Il «compromesso storico» siciliano, che vide una parte della sinistra
scendere a patti con i potentati locali, ha origine in questo quadro
politico.

A Gela, però,
la sinistra si schiera con Mattei, facendo parlare i giornali di «marxismo-eninismo».
L’occasione era irrinunciabile. Nel 1962 Gela sfiora la piena occupazione.
Oltre al lavoro nel petrolchimico, ci sono da costruire servizi, strade
e interi quartieri per i dipendenti. Come il Macchitella che ancora
oggi, lindo e roseo, appare come un corpo estraneo in una città quasi
interamente abusiva. In pochi anni la popolazione passa da 20 mila abitanti
agli 80 mila attuali.

Il 27 ottobre
1963 l’aereo di Enrico Mattei si schianta a Bascapé, in provincia
di Pavia. Veniva da Galliano, in Sicilia, dove l’Eni aveva trovato
un giacimento di metano («Richiamate i vostri figli emigranti, ci sarà
lavoro per tutti») e aveva dormito a Gela in un Motel Agip. Nel 1974,
l’inchiesta viene archiviata, ma oggi, a 45 anni di distanza, l’ipotesi
più forte è quella dell’attentato. Tra le tante ipotesi (Cia, mafia,
sette sorelle), c’è chi sostiene che le cause vadano cercate proprio
a Gela. Sentito dai giudici di Pavia, il senatore Dc Graziano Verzotto
che accompagnò Mattei nel suo ultimo giorno dichiarò: «Per capire
la morte di Mattei occorre capire l’operazione Anic-Gela, ovvero la
nascita di un tale stabilimento petrolchimico ideata e avviata da Cefis
e Guarrasi nel periodo del governo regionale di Silvio Milazzo».

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