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Una manifestazione contro camorra e razzismo nella “terra di nessuno e terra di sfruttamento”

Di Aldo Cimmino il . Campania

Dopo sette mesi dalla strage di camorra,
quando il 18 settembre 2008 furono trucidati sei africani innocenti,
il “movimento dei migranti e dei rifugiati di Caserta” è sceso
in piazza a Castel Volturno.

Con il sostegno dalla rete antirazzista
della Campania, a cui hanno aderito tra gli altri Dario Fo, Franca Rame
e il coordinamento immigrati di tutta Italia, circa 6.000 persone hanno
sfilato per il lungo percorso della manifestazione. Associazioni, cittadini
e soprattutto moltissimi immigrati che hanno voluto mostrare il vero
volto dell’immigrazione; persone che, sfruttate, lavorano nell’agricoltura
o nel settore fondiario e che di fatto vivono una grande contraddizione,
in Italia, essendo sprovvisti di un permesso di soggiorno. Tutti fianco
a fianco per ricordare le sei vittime innocenti della camorra e per
dire no al razzismo. Un coloratissimo corteo ha invaso la strada principale
di Castel Volturno, partendo dall’ “American Palace” simbolo della
precarietà e del degrado della vita di molti immigrati. Una terra,
quella di Castel Volturno, più volte definita da Mamadou Sy, vice presidente
della comunita senegalese in Campania, “una terra di nessuno e una
terra di sfruttamento” sulla quale pesa la mano della camorra che
«può essere sconfitta – afferma con forza Francesco Nuzzo, sindaco
di Castel Volturno, attraverso le istituzioni forti e i comportamenti
legislativamente corretti di quelle locali».

In questi mesi c’è stata una forte
campagna sul territorio di Castel Volturno che tenta di opporsi alle
tensioni che persistono tra migranti e autoctoni, alimentate dalla mancanza
di servizi sul territorio che creano disagio a tutti. «Questa manifestazione
è importante – dice Padre Alex Zanotelli, missionario Comboniano
– soprattutto per invitare la popolazione indigena di Castel Volturno
ad una buona relazione con la popolazione africana». Obiettivo della
manifestazione, si legge nel comunicato stampa diffuso dal “csa –
ex Canapificio”, è quello di “firmare un patto di Solidarietà
con i castellani perché
i cittadini italiani e stranieri possano liberarsi della camorra e costruire
vera sicurezza sociale tramite il diritto al reddito, alla casa, al
lavoro, alla salute, allo studio”. Castel Volturno è un territorio
“caldo” perché registra la più alta concentrazione di immigrati
e rifugiati; una miniera di sfruttamento dove la clandestinità, «causata
da norme inadeguate – denuncia Fabio Basile del centro sociale ex-canapificio
di Caserta – che non permettono agli immigrati di entrare regolarmente
in Italia», è fonte di ricchezza per l’economia locale e nazionale
e per quella camorristica. Dopo la strage i riflettori si sono spenti.
I migranti sono ancora come “in trappola” senza permesso di
soggiorno. I richiedenti asilo sono ancora allo sbando senza un accoglienza
dignitosa. «C’è un lavoro arretratissimo della Commissione per i
Rifugiati – continua Basile – per cui molte persone aspettano mesi
vivendo in situazioni molto precarie». In questa precarietà si insinua
la camorra attraverso lo sfruttamento della manodopera e della prostituzione.

La presenza delle mafie, però, si avverte già dalla traversata del
Mediterraneo, «perché comincia da li – avverte ancora Padre Zanotelli
– gli immigrati pagano soldi a quelle carrette del mare che appartengono
alla camorra libica e a quella siciliana». Dalla “Bossi – Fini”,
che condanna alla clandestinità,  alle norme discriminatorie contenute
nel pacchetto sicurezza proposto dal ministro Maroni, la manifestazione
si anima per gridare e cantare forte un “no” ad un paese razzista
e xenofobo che dopo la strage, detta di “S. Gennaro” ha posto in
evidenza come questa realtà sia strettamente connessa alla violenza
camorristica.

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