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In Abruzzo è emergenza informazione

Di Tiziana Barillà il . Abruzzo

Giunti nei pressi de L’Aquila lo scenario è quello di un paese in guerra, o meglio di un territorio militarizzato. Procedendo, in direzione Fossa e fiancheggiando Onna, si cominciano ad intravedere le prime macerie e le prime tendopoli, macchie di tende blu della protezione civile e camionette dell’esercito, in alcuni punti si incontrano uomini delle Forze dell’Ordine impegnati a dirigere il traffico, mentre un silenzio surreale e assordante stride con il numero di persone e mezzi che si incontrano per strada.  Dopo il 13 aprile è stata dichiarata chiusa la prima fase emergenziale e si cominciano perciò ad effettuare i primi censimenti e le prime mappature di ciò che rimane. I Comuni inclusi nel decreto firmato ieri dal capo della Protezione Civile Bertolaso, individuati relativamente all’entità dei danni subiti, sono 49. E le polemiche sono già cominciate, comprensibilmente se si pensa che oltre al diritto alle agevolazioni emergenziali, la posta in gioco è la grande quantità di denaro e appalti che arriverà in Abruzzo per la ricostruzione. 

Stranamente, ad impressionare non sono i crolli e gli accampamenti, ma il clima di confusione ed alienazione che sembra regnare sulla popolazione, ma ancor di più sui tanti volontari e giornalisti giunti fin qui. Subito dopo il “pericolo sciacallaggio”, infatti, si sono acuiti i sistemi di sicurezza e controllo, provocando una serie di irrigidimenti a catena rispetto agli operatori dell’informazione e ai volontari che, se non autorizzati, si vedono costretti a tornare indietro. In loco è molto difficile ottenere delle risposte in merito alla distribuzione degli aiuti, alla predisposizione delle tendopoli o a qualsivoglia informazione che riguardi il controllo del territorio, senza passare dalla Protezione Civile.  Ogni cosa, dunque, è sotto la gestione e il controllo della Protezione Civile: il coordinamento delle Forze dell’Ordine e della Croce Rossa, l’organizzazione delle tendopoli, la gestione e distribuzione di tutti gli aiuti, anche gli Enti Locali pare non possano prendere alcuna decisione senza prima consultarsi con il “Com” (Centro operativo misto) di riferimento, dei 7 che sono stati predisposti per  coordinare le attività di assistenza.  Un’organizzazione molto accentrata che sembra avere buoni margini di efficienza laddove ha il controllo della situazione d’emergenza.  I disagi, infatti, sono inflitti perlopiù a quella parte di sfollati che alloggia in campi autonomi o predisposti da altre organizzazioni. Sono circa una cinquantina i “presidi” che alcuni sfollati hanno deciso di impiantare vicino alle loro case, mentre si contano ormai sulle dita di una mano quelli organizzati e gestiti da altre organizzazioni, come il centro operativo di CGIL CISL e UIL di Coppito.    Ed è stato proprio il sindacato Funzione Pubblica Cgil il primo ad esprimere forti dubbi sulla “pesante deformazione dei compiti del Dipartimento di Protezione Civile”. In un comunicato stampa del 7 aprile, infatti, già si denuncia “una prontezza ed efficienza della macchina organizzativa che non sembra trovare riscontro nelle informazioni che stiamo assumendo dai Vigili del Fuoco” “ci parlano di approssimazione, di confusione, di mancanza di coordinamento”. In definitiva, il sindacato chiede che “si riprendano adeguate politiche di investimento, di coinvolgimento attivo delle istituzioni territoriali e della popolazione negli interventi di messa in sicurezza degli edifici, di monitoraggio dell’ambiente, di programmazione e di ricerca, di potenziamento di mezzi ed organici, dedicati soprattutto al soccorso ed alla protezione della popolazione”.  

Certo la consapevolezza e il coinvolgimento territoriale, che sembrano mancare in questa circostanza, non sono cose da poco, se teniamo conto non solo dei disagi burocratici di un territorio privo delle strutture e dei servizi dello Stato e degli Enti Locali, si pensi che nemmeno la Prefettura è stata ancora ripristinata. Ma soprattutto, controllo e trasparenza sono necessarie per permettere ad una comunità di esercitare il proprio diritto di essere consapevole, specie se in riferimento all’individuazione delle responsabilità e a quella che sarà la prossima fase di ricostruzione.  

In questi giorni, presso un campo di rugby di Villa Sant’Angelo, la redazione di Site.it ha impiantato una redazione in loco: un gruppo di giornalisti, un prefabbricato, un ciclostile e finalmente un pò di informazione arriva anche nelle tendopoli. Finalmente, perché da circa due settimane gli sfollati vivono senza rendersi conto di quanto accada intorno a loro, non solo di ciò che accade “lontano da loro”, mancanza sopportabile, direbbe qualcuno data la condizione di emergenza e precarietà. Ma si vive, insopportabilmente, anche all’oscuro di quanto accade nelle loro terre, nelle loro case e in riferimento al loro futuro. In diversi campi i volontari e gli sfollati hanno confermato la scarsità, quando non la mancanza, di fonti di informazione. In ogni caso, si percepisce nettamente la forte difficoltà ad avere una percezione reale di come sia gestita l’emergenza e di quanto accadrà per la ricostruzione.  Attenendosi ai dati della Protezione Civile, aggiornati al 18 aprile, gli sfollati assistiti nelle tendopoli sono 65.579, quelli sistemati presso gli alberghi di Teramo, Pescara, Chieti ed Ascoli Piceno 25.969. Per un totale di 91.548.  Insomma, paradossalmente la quantità esorbitante di informazione che circola da giorni su ogni canale possibile sembra soffocare la capacità di ascolto e di comprensione. Risultato: dei circa 300 mila abitanti della Provincia de L’Aquila, quasi un terzo non conosce quello che realmente accade.  

E mentre il Codacons annuncia una denuncia contro ignoti per concorso in strage, il Presidente del Consiglio minimizza “Per favore non perdiamo tempo, cerchiamo di impiegarlo sulla ricostruzione e non dietro a cose che ormai sono accadute”, introducendo egli stesso un nesso tra la ricostruzione e l’accertamento delle eventuali responsabilità. Nesso che si spera non avrà mai riscontro, ma il cui rischio necessita comunque di un’attenta osservazione, alla luce soprattutto delle prime denunce sulla scomparsa delle macerie, che in altri termini potrebbero dirsi le prove del crimine, le stesse prove che il Premier considera necessarie al fine di un accertamento delle responsabilità.  

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