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Media e immigrati
Boldrini : “ La popolazione ha una
percezione distorta”

Di Stefano Fantino il . Interviste e persone

Ho appuntamento con la dottoressa
Laura Boldrini a Largo di Torre Argentina, dove presso uno stand si
procede alla raccolta firme per “Non Aver Paura”, un progetto volto
a sensibilizzare l’opinione pubblica italiana al tema degli immigrati
come risorsa e non come elemento di disturbo e di paura. Un incontro
che è anche occasione per focalizzare sulle tematiche dei migranti
essendo la Boldrini portavoce dell’Alto Commissariato Onu per i Rifugiati.

Dottoressa Boldrini, il
motivo questa iniziativa è da rintracciarsi nelle situazioni di paura
e tensione che ultimamente sfociano in violenze verso gli immigrati?

L’iniziativa nasce da un comitato
promotore di ventisette organizzazioni e associazioni molto differenti
tra di loro, associazioni religiose, laiche, organismi internazionali,
sindacati e da una esigenza comune, quella di far passare un messaggio
diverso sull’immigrazione che non necessariamente deve essere collegato
alla criminalità come spesso si è fatto apparire in questi anni. Un
messaggio che invece ne colga i caratteri di opportunità per uscire
da un pregiudizio che condiziona in maniera pesante la percezione del
fenomeno. Per la prima volta abbiamo deciso di unire tutti quanti le
forze e di lanciare una campagna nazionale contro il razzismo, “Non
aver paura”, per aprirsi agli altri e aprirsi ai diritti.
 

Pensa che la percezione
del fenomeno flussi migratori  percepiti dalla popolazione sia
variata?
 

Sicuramente su questo tema
c’è da fare un ragionamento. Ritengo che negli ultimi dieci anni siano
cambiate molte cose in questo paese; principalmente sono aumentati i
numeri degli immigrati ma è cambiata anche da parte degli italiani
la disponibilità a capire i bisogni e le situazioni che spingono queste
persone ad arrivare fino in Italia. Molti sono impossibilitati a vivere
in sicurezza in casa propria, sono richiedenti asilo e rifugiati: queste
persona devono avere la opportunità di cercare e ottenere protezione
in altri paesi.
 

La percezione così
come veicolata dai mezzi di informazione,
una costante minaccia per il paese,
pensa sia distorta ?
 

Quando si parla degli sbarchi
in un contesto mediatico, purtroppo, è sempre in accezione negativa,
come un invasione. In verità il numero degli sbarchi rappresenta in
minima parte gli “irregolari” in Italia, circa il 12%,  il
che chiarisce che non è il vero problema della cosiddetta immigrazione
irregolare. Inoltre bisogna ricorda che la maggior parte delle persone
che arrivano via mare, molto spesso richiede asilo. Le cifre dello scorso
anno lo dimostrano, su 36 mila persone arrivate via mare una grossa
parte ha fatto domanda di asilo, il 75 %. E il 50% di queste persone
ha ottenuto dallo Stato una forma di protezione. Quindi non è vero
che chi arriva via mare è una minaccia o comunque gente che rappresenta
un pericolo, sono loro stessi persone in pericolo che cercano protezione.
Ecco, i media, non hanno restituito agli italiani questa fotografia,
hanno restituito agli italiani l’immagine minacciosa di persone che
assediano le coste della Sicilia e di Lampedusa e questo non è corretto
ed è gravissimo perché condiziona l’immaginario dell’opinione pubblica
italiana.

Il trattato tra Italia e
Libia per il pattugliamento delle coste, che entrerà
in vigore dal 15 maggio, sembra affrontare il tema più
da un punto di vista di ordine pubblico che da un punto di vista di
diritto internazionale, non trova?
 

Se la stampa non ha reso un
servizio agli italiani in questi anni, descrivendo sempre il fenomeno
migratorio come devianza e reato e mai nella sua complessità altrettanto
ha fatto la politica che non si è mai spesa per far capire agli italiani
il grande cambiamento della società che passava attraverso l’immigrazione. 
Si è limitata a incentrare i dibattiti pubblici e lo scambio di opinioni
tra schieramenti, solo sul tema della sicurezza.  E in questo c’è
una responsabilità. Ora sembrerebbe che  per avere consensi basta
alzare i toni della voce contro gli immigrati, aumentare il livello
di paura. Ma questo è un modo molto irresponsabile di gestire il fenomeno,
che dovrebbe essere gestito super partes, con senso di responsabilità
a prescindere da chi governa, con una visione a medio termine che porti
l’Italia a poter vivere questo fenomeno non con la paura e l’ansia ma
con l’intelligenza di chi sa coniugare le istanze altrui con i propri
bisogni. Questo purtroppo, sino adesso, non è avvenuto; i governi che
si sono avvicendati in Italia negli ultimi anni raramente hanno accolto
gli aspetti più significativi di questo fenomeno, la globalizzazione,
l’impoverimento di alcuni continenti, il fatto che la crisi economica
oggi colpisce in primis il continente africano e quindi spingerà
le persone ad andare via. Perché la crisi colpirà quei posti dove
c’è già tensione sociale e la inasprirà; e questo di conseguenza
creerà nuove fughe. Tutto questo non è stato colto prima dalla politica
e continua a non essere colto oggi e le misure che vengono messe in
atto sono quasi sempre riferite al contrasto all’immigrazione irregolare.
Quando si comincerà a lavorare sull’integrazione e a destinarvi sufficienti
fondi?
 

Quali le rotte principali
oggidì delle migrazioni, e come  i numeri dei migranti sono correlati
a fattori geopolitici?
 

Noi abbiamo visto che le rotte
cambiano a seconda dei fattori geopolitici che si susseguono. Quando
nei Balcani c’era un conflitto, abbiamo avuto nel ’99, 33 mila arrivi
sulle coste della Puglia e altrettante richieste d’asilo. Sono passati
dieci anni e abbiamo avuto lo scorso anno 31 mila domande d’asilo. I
numeri sono comunque quelli. Non c’è da stupirsi né da gridare all’emergenza.
Perché se si va avanti con questa visione emergenziale si rischia di
condizionare l’opinione pubblica e farla sentire sotto assedio e poi
non si struttura mai una sorta di accoglienza, di gestione del fenomeno
che oramai potrebbe anche essere prevedibili perché sono dieci anni
che succede ogni volta la stessa cosa. Necessario allora cambiare i
metodi di intervento e non strumentalizzare a scopi altri il fenomeno
perché questo crea e creerà forti problemi a livello di convivenza
civile e nessun paese può permettersi questo.
 

A Caulonia, come in altre
zone della Locride, il fenomeno migranti si sta affrontando in modo
positivo, il sindaco addirittura ha ipotizzato il voto per gli immigrati
che vivono nel suo paese, pensa che questo possa essere un esempio da
seguire?
 

Caulonia e altre città hanno
dato un forte segno di civiltà; si sono fatti carico di appelli disperati
che arrivavano dal sindaco di Lampedusa, che chiedeva ad altri anche
di suddividere l’onere degli arrivi. La regione Calabria ha fatto la
prima legge regionale, in via di approvazione,  per l’accoglienza
degli immigrati e lo sviluppo locale.  Coniugare due esigenze:
dare fondi a quelle comunità locali che si impegnano ad accolgiere
e integrare gli immigrati. A Riace abbiamo visto chiaramente un borgo
che si stava spopolando dove arrivano i rifugiati, si riaprono i vecchi
laboratori, le attività artigianali e di fatto i turisti hanno iniziato
a ritornare a Riace, generando reddito. Su questo modello si dovrebbe
agire anche altrove: intervenire per portare benefici alle comunità
portando beneficio anche ai rifugiati.

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