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Una staffetta di passione

Di Norma Ferrara il . Umbria

Raccontava una città nella città che si chiamava Torre Annunziata ed era il luogo delle corrispondenze quotidiane di Giancarlo Siani, 26enne giornalista precario de Il Mattino ucciso dalla camorra il 25 settembre del 1985. Il Festival del giornalismo di Perugia quest’anno ha scelto di ricordarlo intitolando a lui il consueto premio finale della sei giorni internazionale sull’informazione.

“Mio fratello – commenta il fratello, Paolo Siani  – era un giovane allegro, gioviale, sereno. Quando ha iniziato a fare il giornalista non pensava di fare qualcosa contro la camorra. Voleva fare il “giornalista – giornalista” lui – commenta Siani – e se ne andava per strada, in mezzo alla gente, vicino alle fonti. Prendeva le notizie e le raccontava sul suo giornale con puntualità, precisione, rigore”.

Per l’omicidio del giornalista sono in carcere condannati all’ergastolo otto camorristi dopo dieci lunghi anni di processo. Un calvario giudiziario che Paolo Siani si porta tutto dentro ma restituisce con una voce pacata e ferma e un viso aperto, rivolto ai giovani con particolare entusiasmo. “Un grazie dobbiamo  dirlo al magistrato che ha seguito con costanza questo processo  e ci ha permesso di avere per lo meno giustizia, cosa che non tutti i giornalisti uccisi dalle mafie in Italia hanno avuto – dichiara Siani – come il riconoscimento del loro lavoro in vita”. Precari, giovani e giornalisti “abusivi” con un taccuino  in tasca ma molto spesso senza un tesserino. Invisibili. A loro, morti nella ricerca della verità, l’ordine dei giornalisti ha conferito il riconoscimento giornalistico quasi sempre post mortem.  Ed è Ottavio Lucarelli –  dell’ordine dei giornalisti campani –  a ricordare  a Perugia l’impegno di Siani e quel modo di fare giornalismo che onora tutta la categoria anche a distanza di quasi 24 anni.  

Molte le difficoltà nel raccontare l’entroterra napoletano di quegli anni ’80 tante quelle che continuano ad affrontare oggi colleghi che in prima linea, in terre di mafie e anche oltre, non si limitano a fare i “passa carte” ma interpretano a pieno la propria professione. Le ricorda Lirio Abbate, cronista dell’Ansa di Palermo –  sottolineando che “Siani andava per la strada, parlava con le persone, prendeva le notizie direttamente dalle fonti; oggi questo modo di fare il mestiere si è perso”. Il film di Marco Risi, Fortapasc,  ha il merito fra le altre cose di  far vedere come Siani intendesse il giornalismo.

“E vero che cambiano le tecnologie ma al di là delle forme e dei linguaggi rimane assolutamente valido del giornalismo di Siani la costante ricerca della verità – commenta Roberto Morrione presidente di Libera Informazione“. “Il lavoro di Giancarlo Siani  – continua Morrione –  i suoi mille articoli sono ancora oggi la completa testimonianza di un  modo di fare cronaca consapevole e asciutta, mirata e matura, nella continua ricerca della verità ma anche di una capacità di guardare avanti, nonostante i suoi 26 anni”. Un modo di fare questo mestiere che ha lasciato una fotografia di una Campania che ancora oggi per certi versi soffre degli stessi mali: traffico di droga, omicidi, criminalità organizzata e legami con esponenti delle istituzioni locali.

Allora si chiamava Torre Annunziata oggi possiamo chiamarla Scampia. Una città nella città testimoniata al premio Siani da Rosario E. La Rossa, fondatore dell’associazione Voci di Scampia, che quest’anno in occasione della XIV giornata della Memoria dell’Impegno hanno “importato” dalla Sicilia i “pizzini della legalità” come primo strumento per ricordare e fare su questo territorio troppo a lungo dimenticato.  “Dobbiamo avere il coraggio di dire   – commenta Alessandro Cataldo campano e direttore generale della UniCredit Banca di Roma – che Napoli, la nostra Napoli è oggi in difficoltà e da questo ripartire con interventi più mirati a colpire ala economica della Camorra”.  

I  lavori dei finalisti al premio Siani sono una staffetta di passione per questo mestiere, un tributo alla Campania in lotta contro la camorra attraverso la storia di un ragazzo che voleva solo fare il giornalista, partecipava a manifestazioni per la pace, si innamorava, rideva, piangeva.

Un ragazzo come tanti altri ma un giornalista come pochi.

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