Più di 40 giornalisti in Italia nel mirino delle mafie
E’ un numero zero ma ha al suo interno cifre destinate a fare clamore. Solo negli ultimi due anni in Italia 40 giornalisti di redazioni locali e nazionali sono stati intimiditi, minacciati o hanno subito violenze fisiche nell’esercizio del proprio mestiere. A stilare questo “dossier zero” il neonato Osservatorio sui cronisti minacciati nato su iniziativa di Alberto Spampinato, quirinalista dell’Ansa e fratello di Giovanni Spampinato, giovane giornalista dell’Ora ucciso a Ragusa nel 1972. L’Osservatorio nasce con il pieno impegno e appoggio della Fnsi e dell’Ordine nazionale dei giornalisti e una collaborazione attiva con Libera Informazione.
In questi ultimi trent’anni giornalisti, spesso non professionisti, hanno affrontato da soli criminalità organizzata, politici collusi, inchieste scottanti. Hanno affrontato anche solitudini e invidie intestine nelle loro redazioni. Ogni qual volta sono stati di fronte ad una notizia, indipendentemente dalle conseguenze questi giornalisti hanno scelto di non girare la faccia dall’altra parte, di non fermare la loro macchina da scrivere, i loro desk e di porre in calce all’articolo la propria firma. Hanno scelto, inoltre, di non dare ascolto ai colleghi che dicevano “chi te lo fa fare” o a direttori che violando le regole di questo mestiere affermavano“questa non è una notizia”.
In nove solo in Italia hanno perso la vita così. Oggi accade ancora. E accade – come ricorda da mesi Alberto Spampinato – perché “quando c’è un fatto di rilevante interesse pubblico, per un giornalista che decide di raccontarlo ce ne sono molti altri che fanno un passo indietro”. Mozzando le notizie e la propria etica professionale che fa di questa pratica quotidiana qualcosa in più di un semplice lavoro. I nomi dei quaranta colleghi minacciati, intimidti, “imbavagliati” vengono letti sul palco del Teatro Pavone a Perugia durante il Festival del giornalismo da Angelo Agostini, direttore del trimestrale “Problemi dell’informazione” nel quale in questi giorni è contenuto il primo dossier sui cronisti minacciati e le linee guida dell’Osservatorio, nonché editoriali di Lirio Abbate e del presidente di Libera Informazione Roberto Morrione.
Sul palco del Festival del giornalismo si sono inoltre incontrati il mondo dell’informazione (Abbate, Gomez, Lane dell’Economist) e quello dell’impresa (Ivanhoe Lo Bello, Confindustria sicilia). Una scelta mirata, perchè “c’è bisogno – afferma Spampinato – che nella categoria dei giornalisti accada qualcosa di simile a quello che è avvenuto in Sicilia dentro Confindustria, poichè il silenzio di ogni giornalista sulle notizie o il loro contesto equivale ad una forma di pizzo che l’informazione paga alle mafie e ai loro sostenitori”. Dunque fuori dalla categoria dei giornalisti chi paga il pizzo alle mafie.
C’è soprattutto bisogno di nuove norme, di specifiche politiche sindacali e maggiore condivisione di questo tipo di notizie da parte della categoria. Un ruolo importante quello dell’informazione richiamato anche dall’intervento di Ivanhoe Lo Bello che racconta l’esperienza di Confindustria e la nuova stagione che in Sicilia sta creando le condizioni affinchè gli imprenditori si possano distaccare dall’atavica dipendenza degli appalti pubblici. “Le imprese siciliane oggi stanno sul mercato nazionale e internazionale e vogliono starci per merito” – conclude Lo Bello. L’informazione non può tradire i suoi principi etici ogni qualvolta che il racconto di una notizia si ferma solo alla cronaca e non esplicita i collegamenti con la politica o l’imprenditoria, con le mafie . ricordano nei loro interventi Lirio Abbate e Peter Gomez. Per averlo fatto in un libro a quattro mani “I complici” , Lirio Abbate è da due anni sotto scorta: la sua colpa aver raccontato atti di processi pubblici, radiografia della latitanza di Provenzano e dei suoi sostegni che da Bagheria arrivavano sino al Parlamento. E ancora li siedono.
“Quello che qui è normale – commenta David Lane dell’Economist autore di un libro sulle mafie nel sud Italia – altrove sarebbe impensabile”. In Inghilterra non potremmo mai immaginare personaggi politici con questo passato poco pulito ricoprire incarichi pubblici”. Una situazione anomale dunque che in un altro Paese non sarebbe consentita.
L’Osservatorio sui cronisti minacciati nasce anche per questo. E solo qualche giorno dopo l’uscita di questo dossier arriva la notizia dell’ennesima intrusione da parte di ignoti in una redazione. Siamo a Palermo e si tratta del Palazzo che ospita l’Agi (e l’Ansa nonché altre testate giornalistiche) in via Emerico Amari. Sembra che dagli uffici dell’agenzia Agi siano spariti alcuni documenti riguardanti inchieste di mafie e che siano stati aperti alcuni file contenuti nei Pc. Le mafie e i loro sostenitori continuano a voler imbavagliare l’informazione. Oggi però ci sarà uno strumento nuovo per denunciare questi ed altri fatti: l’Osservatorio nazionale sui cronisti minacciati e Libera Informazione sarà al loro fianco perchè come ha ricordato il presidente di Libera Don luigi Ciotti : un’informazione o è libera o non è informazione.
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