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L’editoriale di Roberto Morrione

Di Roberto Morrione il . L'analisi

Il segno lasciato dalle “giornate
della memoria e dell’impegno” è profondo, ma proprio per questo
impone ora di capire bene quale sia la reale situazione del Paese, quali
le difficoltà da superare per dare una risposta concreta alle indimenticabili
manifestazioni a Casal di Principe e a Napoli. Abbiamo intanto la certezza
che le decine e decine di migliaia di giovani accorsi da tutt’Italia
continueranno idealmente a marciare, ciascuno sui suoi sentieri, dietro
le proprie organizzazioni, nella scuola o nella vita civile, con la
partecipazione alla quale sono stati chiamati dai nomi scolpiti nella
memoria delle vittime delle mafie. Obiettivo di fondo è estendere questa
responsabilità, facendola calare nei comportamenti di ciascuno, nei
modelli di vita sociale, nel lavoro, nei rapporti con le istituzioni
come con i propri concittadini, rispettando piccole e grandi regole,
creando nei territori dal Sud al Nord un presidio dei diritti, spezzando
le cortine di omertà, di indifferenza, di individualismo, che su questi
temi avvolgono ancora gran parte dell’opinione pubblica. Libera cerca
di tracciare il percorso coniugandolo con le innumerevoli iniziative
di tutti i  settori di lavoro, moltiplicando la presenza organizzata,
cercando di creare un’alternativa di cultura e di mentalità prima
che di osservanza delle leggi.

Occorre però la consapevolezza
almeno degli ostacoli più gravi , che stanno crescendo ogni giorno.
Innanzi tutto la vocazione inguaribilmente plebiscitaria e populista
che anima il premier e che ha segnato la nascita della nuova Casa della
Libertà, con un reiterato richiamo alla necessità di un potere discrezionale,
ciò che significa l’assedio alla Costituzione e alla divisione dei
poteri che è alla base della democrazia parlamentare. E’ evidente
che questo sradicherebbe quei diritti di eguaglianza, innanzi tutto
di fronte alla legge, senza i quali sarebbe vano ogni tentativo di 
sconfiggere un sistema criminale denso di complicità che ha proprio
nel corretto funzionamento del Parlamento e del potere giudiziario gli
avversari da battere. Difendere a ogni costo l’assetto della Costituzione
significa dunque per  la società civile e responsabile la sopravvivenza
stessa della propria ragion d’essere. Non possiamo non notare del
resto che nei tre giorni del congresso fondativo del partito voluto
da Berlusconi, fra tanti generici proclami di riforme “prossime venture”,
non è mai stata pronunciata la parola mafia. In questa sede non spetta
a noi entrare nel merito di come e perché il governo stia trattando
( o meglio non trattando) la gravissima crisi economica e occupazionale,
con i suoi infiniti risvolti di drammi umani, familiari e sociali, ma
non possiamo sottacere alcune vistose contraddizioni che influiscono
direttamente sul quadro dei movimenti antimafia.

Innanzi tutto sul problema
della sicurezza, che ha riempito di sé prima la vittoriosa campagna
elettorale della destra e poi si è trasferito in una serie di atti
di governo che hanno alla base quella che i sociologi chiamano “la
creazione del nemico”, identificato non solo con l’immigrato cosiddetto
“clandestino”, con un’orribile luogo comune che ispira di per
sé ostilità e che andrebbe  bandito dal vocabolario dei media,
ma via via con i cosiddetti “diversi”, dai gay agli stranieri, con
particolare preferenza per i rumeni. Dalla straripante cronaca nera
sui delitti, mai peraltro trattataa in modo ragionevole su TG e giornali,
si è passati alle vicende degli stupri, con l’assenza di ogni seria
analisi statistica, ad esempio su quanto accade fra le italianissime
mura domestiche e in generale nei confronti della donna, italiana o
straniera che sia. E da questa creazione del nemico sono fioriti in
modo esponenziale, mai però denunciato seriamente dai media, episodi
dal forte sapore razzista e xenofobo, così da suscitare invano anche
l’allarme dell’Europa. Dalla creazione di una rete di detenzione
e di espulsione degli immigrati, dal sapore odioso mentre a centinaia
e forse a migliaia muoiono annegati nel loro tragico viaggio verso Occidente,
alla grottesca presenza di pochi sprovveduti militari nelle strade,
alle ronde cittadine figlie di una sub-cultura padana, ma spesso fatte
proprie anche da illuminate amministrazioni progressiste, è la propaganda,
l’immagine, il falso valore del decisionismo che ha sostituito il
ragionamento, il contesto, la scala naturale dei problemi. Paura e disinformazione
sono andati a braccetto e il vero, durissimo nemico della democrazia
e dello sviluppo, le mafie che riemergono ovunque nell’economia legale,
vedi caso, continuano a restare fuori dall’agenda delle priorità
nazionali. Quanti brindisi devono avvenire nelle  case e nei rifugi
segreti dei clan e dei loro

amici insospettabili e potenti,
al vedere le forze di polizia umiliate, le loro auto ferme, le risorse
necessarie alle investigazioni prosciugate, così come avviene del resto
per tante procure di prima linea soprattutto nelle regioni dominate
dalle mafie, dove mancano i pubblici ministeri, dove giovani magistrati
non vogliono più andare. In attesa peraltro di quella riforma della
Giustizia e di quel disegno di legge sulle intercettazioni che minacciano
di mettere definitivamente il bavaglio al contrasto preventivo contro
il crimine, come alla libertà di stampa e al diritto dei cittadini
di essere informati su vicende che coinvolgono il Paese e i loro diritti.
Ed è ancora l’informazione che, in questa drammatica deriva civile,
porta pesanti responsabilità, pur nella certezza di dover pagare presto
prezzi pesanti. Ce lo ha ricordato Roberto Saviano, nel magistrale programma
di Fazio su Rai 3, una lezione di giornalismo, oltrechè una testimonianza
vera e dura che ha parlato alle coscienze prima ancora che alla ragione.
Molti, ma certo meno di quanto quella serata avrebbe meritato, hanno
rilevato che una televisione diversa è dunque possibile e che la Rai,
nonostante la palude in cui è immersa dai condizionamenti politici
e da una legge perversa, sarebbe in grado di garantire questa presa
diretta sulla realtà. E’ anche questo un obiettivo concreto e possibile,
nonostante tutto. Cerchiamo di non dimenticarcene.

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