L’ultima intervista a Borsellino
Il servizio pubblico radio televisivo ritrovi la via dell’inchiesta. Un appello a più voci ha raggiunto oggi il Festival del giornalismo di Perugia nella mattinata promossa da Libera Informazione e Associazione Ilaria Alpi e dedicata interamente all’inchiesta sull’ultima intervista che il giudice Paolo Borsellino rilasciò due mesi prima di morire nell’attentato di via d’Amelio.
Un’intervista, l’ultima esistente, che ritrae il giudice Paolo Borsellino nella sua casa di Palermo con i colleghi Fabrizio Calvi e. Jean-Pierre Moscardo di Canal Plus datata 21 maggio 1992, due giorni prima della strage di Capaci. Un documento rimasto inedito sino al settembre del 2000 quando la troupe di Rainews24, diretta allora da Roberto Morrione, decise di acquisirla e trasmetterla durante una puntata di inchiesta e confronto con i magistrati Antonio Ingroia, collega di Borsellino, e Luca Tescaroli titolare dell’inchiesta sulla strage di via d’Amelio alla procura di Caltanissetta.
All’epoca Roberto Morrione (oggi presidente di Libera Informazione) chiese alle tre testate della Rai di diffondere l’intervista che Rainews24 aveva deciso di trasmettere prendendo spunto da un articolo pubblicato su l’Espresso mesi prima. “In quegli anni la giornalista che si era occupata di trascrivere parte dell’intervista – ricorda Morrione – si trovò con l’abitazione ridotta in fiamme. Questo non fece notizia, così come passò inascoltata la mia richiesta di riproporre in una delle tre reti Rai l’intervista che ritenemmo e ritengo tutt’ora un documento di estrema rilevanza per l’opinione pubblica cosi come per la magistratura”.
Al centro dell’inchiesta che i due colleghi francesi stavano conducendo in quel caldo e teso 1992 i rapporti fra Cosa nostra e la politica italiana, i collegamenti presunti all’epoca e poi dimostrati (con una sentenza di condanna per associazione mafiosa da parte della procura di Palermo) fra la mafia palermitana e Marcello Dell’Utri, fondatore di Pubblitalia e braccio destro di Silvio Berlusconi. Paolo Borsellino con scrupolo ed equilibrio risponde alle domande a lui rivolte. Parla di traffico di droga, di Mangano, della famiglia mafiosa di Porta nuova e ad ogni domanda più circoscritta ripete: … “di quei fascicoli non mi sto occupando direttamente ma… […] da altri dibattimenti emergono alcuni elementi”. E di questi parla. (Guarda qui l’intervista e le risposte di Borsellino). “Un’intervista molto documentata – commenterà dagli studi di Rainews 24 ¬ – contenuti di cui nemmeno a me aveva parlato all’epoca”. L’operazione San Valentino nel 1983 con arresti per traffico di droga che avevano coinvolto cinque città italiane aveva incuriosito i colleghi francesi di Canal Plus, il nome di Mangano, i suoi rapporti con la mafia da un lato e con Marcello dell’Utri dall’altro. In mezzo una “inchiesta su Berlusconi e Mangano” a cui fa riferimento già nel 1992 ma di cui non si stava occupando in prima persona. L’intervista non andò mai in onda, nemmeno sui canali della tv francese.
L’ intervista è stata acquisita nel corso dei processi a Palermo contro Dell’Utri e a Caltanissetta sui mandanti delle stragi. Il terzo fascicolo quello dei mandanti esterni – come ricorda Roberto Morrione – è rimasto un terreno inesplorato dalla magistratura e anche dal giornalismo, ciascuno nelle sue diverse sedi, non ha potuto dare seguito agli spunti investigativi che da questa stessa inchiesta emergevano già negli anni’90.
L’ultima intervista a Borsellino e la puntata di Rainews24 con Tescaroli e Ingroia – condotta in studio da Sigfrido Ranucci e Arcangelo Ferri – rappresentano un esempio incisivo di inchiesta condotta in linea con la mission del servizio pubblico. All’epoca le testate Rai lasciarono in “splendida solitudine” la decisione del gruppo di Rainews24, oggi l’intervista è anche su you tube.
“Questa inchiesta ed altri momenti come la puntata di Che tempo che fa di Saviano e Fazio – di alcuni giorni fa – ci dimostrano che un’altra Tv è possibile – commenta Morrione”. Non dobbiamo smettere di crederci, nonostante tanti esempi negativi, una eccessiva e morbosa attenzione alla cronaca nera a scapito delle inchieste su mafie, corruzione e quant’altro possa riguardare il Paese, nonostante un ddl sulle intercettazioni che se otterrà la maggioranza dei consensi di fatto limiterà drasticamente da un lato i cronisti di giudiziaria, dall’altra l’attività inquirente.
Tanti gli interventi dei giovani: domande sul giornalismo, sulla politica, sui percorsi per legalità della società civile. E poi una riflessione sui simboli, sulle parole su chi le usa e chi ne abusa. “Nella Palermo di oggi – ricorda un giovane studente di Pavia – si stanno stravolgendo simboli, ricordi e spesso ad uso e consumo di politici con comportamenti non proprio limpidi”.
Solo qualche settimana prima della sua seconda elezione alla guida del Paese il premier abbracciando Marcello dell’Utri ha “riabilitato” la figura del suo stalliere di Arcore, Vittorio Mangano (processato per traffico di droga, omicidio e associazione mafiosa) ricordando che era morto da eroe. Cioè in silenzio: un silenzio che in questi casi si chiama omertà. Silenziata dai media nazionali la reazione della società civile indignata da queste affermazioni.
In questa giornata di “servizio pubblico” offerta al Festival del giornalismo a tanti giovani presenti. Una lezione del “giornalismo possibile” ma anche di memoria e impegno che rilanciano anche da questo spazio un appello diretto alla Rai: torni a fare inchieste nell’interesse del Paese.
Perché – come ha ribadito con i fatti e le parole nel suo lucido intervento di oggi Roberto Morrione: un’altra televisione è possibile. Un altro giornalismo è possibile e l’inchiesta rimane la via centrale per quella “rivoluzione culturale” da più parti auspicata. Non solo nel giornalismo.
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