Spaccio e bancomat clonati
la mano della ‘Ndrangheta su Parma
La mano della ‘Ndrangheta su Parma: un grosso giro di bancomat
clonati e cocaina. Con otto ordinanze di custodia cautelare si è
chiusa oggi – anche se due persone sono ancora ricercate – un’i
mportante operazione coordinata dalla Dda di Bologna ed effettuata
dai carabinieri di Parma e la squadra mobile di Reggio Emilia.
Obiettivo, estirpare dalla zona di Parma e Reggio le radici dei
fratelli Capicchione, legati alla cosca calabrese dei Nicoscia,
vicini ai Grandi Aracri, nemici giurati degli Arena e coinvolti
nella faida di Papanice. Una storia di famiglie e vendette che a
Parma ha coinvolto il gestore del distributore di benzina Agip
della via Emilia Est, Beniamino Buono, ora ai domiciliari per
spaccio di droga e clonazione di carte bancomat.
Tutto nasce dagli arresti di Salvatore e Antonio Capicchione,
fratelli calabresi decisi a vendicare la morte, avvenuta in
Calabria, del cugino Francesco. La mobile di Reggio arresta i due
fratelli prima che si consumi la vendetta, accusandoli di
detenzione illecita di arma clandestina. Da lì parte l’indagine dei
carabinieri di Parma sulle attività che i due avevano nella nostra
città (settimanalmente, fra i due capoluoghi emiliani, venivano
trasportati centinaia di grammi di coca). Gli inquirenti arrivano
così a Beniamino Buono, gestore di una pompa di benzina. Tenuto
sott’occhio per la sua attività di spaccio che avveniva all’interno
del distributore, si scopre che il Pos della sua area di servizio
era stato modificato. Con la complicità di altri soggetti ora in
carcere, ovvero Ottavio Lumastro, Nicola Toffanin e Francesco
Spagnolo (cognato dei due fratelli), il 46enne Buono che insieme
alla moglie gestiva la pompa aveva lasciato che i calabresi
inserissero un microcip nel suo Pos. Morale, a ogni cliente che
pagava l’acquisto di carburante con un bancomat, veniva
automaticamente clonato il codice. Fra il dicembre 2007 e il marzo
2008 furono centinaia le denunce per clonazione avanzate ai
militari di Parma. I bancomat clonati venivano riutilizzati in
Austria, Francia, Romania, Germania e in varie zone d’Europa, con
prelievi da 500 a 2000 euro e la cosca della ‘Ndrangheta si
intascava così centinaia di migliaia di euro.
In più, c’era lo spaccio. Al momento dell’arresto Buono è stato
trovato in possesso di circa 50 grammi di coca nascosta nelle
confezioni di Supradin, polvere bianca tagliata male che aveva
mandato all’ospedale più di un assuntore. L’intera operazione si è
quindi conclusa con l’arresto di sei persone (i due fratelli erano
già in carcere), mentre i militari stanno ricercando ancora altri
due complici.
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