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Guinea Bissau e Guinea Conakry: golpe, povertà e traffici di droga

Di Gaetano Liardo il . Internazionale

Dicembre 2008, golpe militare in Guinea-Conakry, il presidente Lansana Conté, al potere dal 1984 viene deposto da Moussa Dadis Camara, ufficiale dell’esercito. Marzo 2009 nel giro di 24 ore muoiono assassinati in Guinea-Bissau, in seguito a vendette incrociate, il capo di stato maggiore dell’esercito Tagme Na Waie e il presidente  Nino Vieira. Due repentini e violenti cambi al vertice in Africa Occidentale, una tra le regioni più povere del mondo, nonché base per lo stoccaggio per i traffici di cocaina dall’America Latina all’Europa.

Nel gennaio 2009 il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon dichiarava la necessità di dare tutto il supporto necessario per contrastare la minaccia dei traffici di droga “mobilitando risorse per aiutare gli stati della regione nel contrastare la minaccia (dei traffici) a livello nazionale e transfrontaliero”. Molti tra gli stati dell’Africa Occidentale, a cominciare proprio dalle “due Guinee”, sono divenuti narcostati in tutto e per tutto, corrotti fin nelle fondamenta dall’enorme quantità di denaro frutto dei traffici di cocaina. Troppi soldi e facili da guadagnare. In questo modo nelle “due Guinee” le istituzioni e le forze armate hanno deciso di mettersi direttamente in affari con i narcotrafficanti sudamericani garantendo e proteggendo la “merce” proveniente dall’altro lato dell’Atlantico, nonché organizzando i traffici verso il fiorente mercato europeo.

Il due attentati di Bissau, che hanno decapitato i poteri forti del paese, possono essere letti anche come una lotta interna per il controllo dei traffici di coca. Sia l’esercito che la presidenza della Repubblica, infatti, hanno partecipato come attori protagonisti al banchetto dei narcodollari. Lo stesso copione, con gli stessi attori veniva recitato a Conakry. Capitava così che le guardie presidenziali scortassero i carichi di droga arrivati nel paese, e che fossero coinvolte le forze di sicurezza, i funzionari governativi e la stessa unità speciale anti-droga. Con il golpe del dicembre 2008 il nuovo leader del paese, Dadis, decide che è arrivato il momento  di cambiare registro e che la lotta al narcotraffico deve essere una delle priorità del suo governo. A dimostrazione della sua fermezza organizza un vero show televisivo: ogni giorno dalla tivù di stato vengono trasmesse le confessioni dei dirigenti del vecchio regime che spiegano dettagliatamente come venivano organizzati i traffici. A confessare davanti le telecamere sono il figlio e il cognato del defunto presidente, il capo dei servizi, il capo della polizia e lo stesso capo dell’unità speciale antidroga. Fuori dalla kermesse televisiva restano, tuttavia, i militari, gli stessi che hanno appoggiato il golpe di Dadis.

A fronte della pochezza dei mezzi a disposizione dei paesi dell’Africa Occidentale per contrastare i traffici, si registra un flusso di denaro enorme, impensabile per paesi che si classificano tra i più poveri del mondo. I guadagni facili attirano. Le Nazioni Unite calcolano che in un anno il valore della cocaina che transita nei paesi dell’Africa Occidentale è stimabile in un miliardo di dollari. Quantità di denaro mai viste e che garantiscono impunità e complicità ai narcotrafficanti, non solo dai vertici corrotti, ma anche da una grande fascia della popolazione. Moussa Sakho Camara nuovo responsabile dell’unità speciale antidroga della Guinea Conakry si sfoga con Associated Press.  Con il suo predecessore l’unità era una delle destinazioni più gettonate dai poliziotti del paese, proprio perché c’era la garanzia di arricchirsi facilmente assecondando i traffici. Impressionante, denuncia Camara, il numero di poliziotti che possiede Suv di importazione. Con il solo stipendio un poliziotto ci metterebbe una cinquantina d’anni per pagarlo.

La grande capacità corruttiva dei narcotrafficanti legata all’estrema povertà dei paesi della regione rende l’Africa Occidentale il luogo ideale per lo stoccaggio della cocaina diretta in Europa. Trasportata in enormi imbarcazioni, la “blanca” fa vela verso la Spagna, porta d’ingresso verso il mercato più florido al mondo, accolta a braccia aperte dalle mafie europee, prima fra tutte la ‘ndangheta calabrese. 

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