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Le donne del Lazio e della Calabria insieme contro le mafie

Di Tiziana Barillà il . Progetti e iniziative

“Contro il
crimine, le mafie, le droghe. Lazio e Calabria a confronto” è il
titolo del convegno tenutosi questa mattina presso la sala Tevere di
Via Colombo. Quattro ore di lavori e riflessione sulle questioni criminali,
ma soprattutto sulla”cosa fare” alla presenza degli studenti dell’Istituto
scolastico di Subiaco e dei rappresentanti della Comunità di Sant’Egidio
e dell’Associazione Libera.

Ad aprire i
lavori Donatina Persichetti, Presidente della Consulta laziale, che
ha rimarcato l’importanza di un vero impegno da parte delle donne
contro la criminalità organizzata, soprattutto in un momento di instabilità
non solo economica ma soprattutto culturale.

“La consulta
sente il diritto-dovere di confrontarsi con le donne delle altre regioni
– aggiunge Margherita Egidio, Responsabile del Progetto per la Consulta
– unite possiamo fare rete”.

Questa volta,
dunque, l’incontro con la Calabria rappresentata dalla presenza dell’On.
Angela Napoli, membro della Commissione parlamentare antimafia, l’On.
Maria Grazia Laganà della Commissione Difesa Camera dei Deputati e
Antonia Lanucara, Presidente della Commissione regionale della Calabria
per le Pari Opportunità.

Ha espresso
preoccupazione l’On Napoli perché “la ‘ndrangheta ha acquisito
una specificità, si è vestita di perbenismo ed ha avviato un processo
di modernizzazione delle cosche, riuscendo così a pervadere la Pubblica
Amministrazione e l’economia regionale calabrese”. Le donne calabresi
però non sono ancora riuscite a raggiungere una posizione di contrasto,
anzi in alcune circostanze prendono le redini laddove gli uomini vengono
assicurati alla giustizia. Il ruolo della donna, perciò, rimane ancora
molto marginale, sebbene dispongano di uno strumento indiscutibile:
l’essere donna per l’appunto, con la capacità di trovare rapporti
trasversali per il raggiungimento di un obiettivo comune.

Sulla stessa
posizione si è espressa l’On. Laganà che pur riconoscendo il ruolo
fondamentale delle donne familiari di vittime in Calabria, avverte:
“Purtroppo un ruolo decisivo delle donne è dentro la ‘ndrangheta”.
E sulle indagini in corso per l’uccisione del marito, il Presidente
del Consiglio Regionale della Calabria Francesco Fortugno, ha specificato:
“Il primo grado di sentenza ha trovato solo gli esecutori, ma io sto
cercando i mandanti, non mi accontento”.

Concordi anche
rispetto alla gestione dell’economia e delle opportunità. È innegabile,
secondo le rappresentanti calabresi, una gestione fallimentare delle
politiche del lavoro e dei finanziamenti che non creano occupazione
e sviluppo, ma vanno ad incrementare l’infiltrazione e l’esercizio
criminali del denaro pubblico.

Deciso e realistico
il contributo di Antonia Lanucara che ha segnalato il rischio di “romanzare”
le mafie e in particolare la ‘ndrangheta. Sul ruolo delle donne, ha
indicato una connessione a suo parere inconfutabile tra l’onestà
intellettuale e l’alterità femminile, solo il 2% delle donne, infatti,
delinque. Perciò la posizione della stragrande maggioranza nella criminalità
organizzata è quella di esserne vittime, anche se “il romanzo”
ci dice che il loro ruolo sta cambiando.

“La ‘ndrangheta
induce a non avere rispetto di se stessi”, domina e impaurisce, perciò
per sconfiggerla è necessaria la presenza sul territorio quotidiana
e non episodica. E per poterlo faro necessitano punti di riferimento
e organizzazione. Infine, un richiamo alla responsabilità diretto al
mondo della politica che troppo spesso non considera una priorità le
occasioni di discussione ed elaborazione sui mezzi di contrasto alla
criminalità.

Ma se, come
pare ormai assodato, quello delle organizzazioni criminali non è solo
un problema del Meridione, anche nel Lazio il trend criminale non cambia.
Lo scioglimento del Consiglio comunale di Nettuno avvenuto tre anni
fa ed il caso del Comune di Fondi, oggi sotto osservazione e ancora
in attesa di un intervento da parte del governo nazionale, ne sono due
esempi pratici. Anche qui troviamo “la presenza di tutte le mafie
– spiega Luisa Laurelli, presidente della Commissione consiliare Sicurezza,
contrasto all’usura, integrazione sociale e lotta alla criminalità
– i beni sequestrati sono come una cartina tornasole”. In effetti,
con 329 beni confiscati il Lazio si classifica al sesto posto nella
graduatoria nazionale, al quarto se si considerano le aziende confiscate.
Ma la reazione istituzionale non tarda ad arrivare secondo la Laurelli:
“Dopo quattro anni la situazione è migliorata e il Consiglio Regionale
ha approvato un documento sulle mafie”, riferendosi allo stanziamento
del 2008 di 1.300.000 euro per il recupero a fini sociali dei beni confiscati,
cifra destinata ad aumentare, a quota 2.000.000, nel triennio 2009-2011.
Combattere il crimine con strumenti pratici e risposte concrete, dunque,
in questa direzione va la nuova “Legge regionale sul reddito minimo
di cittadinanza” approvata lo scorso 4 marzo, guidata dalla consapevolezza
che la mancanza di lavoro è un problema in particolare per chi vuole
vivere legalmente.

Tanti gli aspetti
coinvolti nella discussione, grazie ad altri interventi e contributi
da parte del Viceprefetto Vincenza Filippi del dipartimento libertà
civili, immigrazione e asilo; di Sebastiano Vitali, dirigente superiore
della Polizia di Stato, a capo del Servizio operazioni della Direzione
centrale antidroga del ministero dell’Interno; di Emma Fantozzi, psichiatra
dalla lunga esperienza nel campo delle tossicodipendenze; di Orfeo Notaristefano,
giornalista e autore di “Cocaina Connection”. Tra i molti spunti
di riflessione emersi nel corso del convegno, i temi dell’immigrazione
e delle politiche sulla sicurezza, dell’uso di droghe e del narcotraffico,
delle politiche giovanili e dei percorsi di educazione alla legalità.

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