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3 – Fahrenheit – 18 Marzo 2009

Di Roberto Morrione il . L'analisi

Schiena dritta. E’una definizione del mondo giornalistico, forse un po’ logorata da quando anni fa ne parlò il Presidente Ciampi in un indimenticabile messaggio al Parlamento. Indica il giornalista che non accetta pressioni, che affronta la realtà con spirito libero, che non si fa condizionare dal potere. La “schiena dritta” è un riferimento etico e professionale valido ai vari livelli del mestiere, anche se di fatto poco seguito di fronte ai condizionamenti che accerchiano l’informazione. Nelle terre dominate dalle mafie questo principio è ancora più scomodo, duro da praticare. “Qui da noi chi tiene la schiena dritta costituisce un bersaglio migliore”, diceva Enzo Palmesano nel seminario svolto da Libera Informazione a Casal di Principe. Già cronista al quotidiano napoletano “Roma”, quindi nei giornali locali del casertano e ora costretto a scrivere solo sui siti e i blog, la carriera di Palmesano è stata inversamente proporzionale al coraggio delle sue inchieste investigative, alle denunce delle complicità politiche, amministrative e imprenditoriali della camorra, soprattutto nel Comune di Pignataro Maggiore. Palesano ha subito querele, avvertimenti mafiosi, attentati, ostracismi, fino all’esclusione dal mercato giornalistico. Ora è costretto a vivere praticamente barricato in casa. Con modalità diverse, è lo stesso percorso sul quale sono costretti altri cronisti di vaglia come Lirio Abbate a Palermo, Pino Maniaci a Partinico, Rosaria Capacchione a Caserta, ma anche tanti giovani cronisti decisi a tenere la luce accesa sui sistemi criminali.
Una frontiera, dunque, ma dove chi tiene la schiena dritta quasi sempre non ha neppure le spalle coperte. Tanti cronisti nel Meridione non sono in grado di fare inchieste investigative o approfondimenti perché il proprio editore è attento a non turbare quei livelli affaristici ai quali partecipa in prima persona. A volte fino alla contiguità e allo scambio con i clan, sempre in collegamento con politici e amministratori: Se in una vicenda di appalti o di oscuri investimenti c’è di mezzo un politico – la testimonianza è unanime – le notizie si fermano o scompaiono subito. Censure, dunque, che si trasformano con il tempo in auto-censure, tirare a campare, perdita di identità e di autostima. Incombono ormai gossip, cronaca nera, cascami televisivi, promozione di aziende amiche, mentre i lettori e gli spettatori sono immersi in una falsa conoscenza che sostituisce consumo e spettacolo al ragionamento e alla memoria. E dovunque tanti giovani precari e volontari, privi di ogni garanzia contrattuale, pagati 3 o 5 euro a servizio, la cui voglia di fare, di indagare, è frustrata da risposte quali “qui non c’è la notizia” o “di questo non possiamo occuparci”. I  più sono presto costretti a cambiare mestiere o ad andarsene al Nord. A questa frontiera assediata si saldano altri grandi problemi, primo fra tutti quel progetto governativo di blocco delle intercettazioni che resta fra gli obiettivi strategici di Berlusconi, nel quadro della riforma della Giustizia. Può diventare davvero un bavaglio per la libertà di stampa e per i diritti dei cittadini a sapere. Ma chi presidia la frontiera, chi vuole tenere a ogni costo la schiena dritta, non deve essere lasciato solo. Un compito che chiama in causa insieme con la responsabilità del Parlamento e delle istituzioni, le rappresentanze dei giornalisti e un’opinione pubblica che va svegliata da un’indifferenza abilmente pilotata.

Un saluto agli ascoltatori da Roberto Morrione e a risentirci domani.

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