2 – Fahrenheit – 17 Marzo 2009
Informare. Don Luigi Ciotti ripete che “l’informazione o è libera o non è”. Cosa che spiega bene il il penoso 38esimo posto nella classifica mondiale sulla libertà di stampa in cui ci colloca un’attendibile analisi internazionale. Sui percorsi dell’antimafia, mi chiedo quale sia la responsabilità di un sistema mediatico che ha nel passato troppi buchi neri: come il tentativo di delegittimare il pool di Palermo e, dopo gli attentati a Falcone e a Borsellino, l’attacco ai giudici impegnati a fare luce sui mandanti esterni delle stragi, sul rapporto mafia-politica. Per non parlare della sistematica demolizione dei pentiti, che ha portato negli anni alla loro drastica diminuzione. Esemplare la vicenda dell’assoluzione di Andreotti, dipinto da quasi tutti i media come una specie di martire della persecuzione giudiziaria, mentre in realtà la Cassazione confermava il suo pesantissimo collegamento con la mafia fino agli anni ’80. Bruno vespa ci ha costruito a Porta a Porta un monumento di omissioni. Che dire del modo in cui i Telegiornali hanno dato notizia della condanna a Milano dell’avvocato Mills, per aver ricevuto in cambio del silenzio 600 mila dollari da Mediaset? Si è seppellita fra le tante la notizia del corrotto, ma si è ignorato il ruolo del corruttore. Silvio Berlusconi è stato salvato da quel Lodo Alfano da lui imposto, ora all’esame della Corte Costituzionale. Il re, ancora una volta, era davvero nudo, ma troppi giornali e telegiornali hanno pensato subito a coprirlo…Uno scandalo e una vergogna, ha commentato in compenso la stampa di tutto il mondo. Sottolineo poi il ruolo non secondario che giornali e televisioni hanno svolto nell’alimentare la paura e la “ricerca del nemico” sul tema della sicurezza. Si è passati dagli spazi ricchi solo di spunti emotivi riservati ai delitti di Cogne, Garlasco, Perugia, alla recente ondata di stupri, selezionati per etnie e nazionalità degli immigrati. In compenso, con poche eccezioni, sono assenti le analisi sulla crescente fusione dei capitali di origine mafiosa con l’economia legale. Le mafie sono ormai in ogni regione d’Italia e in Europa, rilevano attività commerciali in ginocchio per la crisi, si saldano a società insospettabili, ma l’opinione pubblica, soprattutto al centro-nord, continua ad ignorarlo. Così il lava-vetri o l’edile senza permesso di soggiorno nell’opinione comune diventano più pericolosi del mafioso che chiede il pizzo, a Napoli come ormai a Milano o dell’imprenditore in colletto bianco colluso con le mafie…Perché questa deriva? Credo che la risposta sia nella subalternità al potere politico e finanziario, con i conseguenti opportunismi, nell’anomalia della distribuzione di risorse e nelle strutture editoriali, ma anche nello scarso spessore etico e professionale delle redazioni. L’irrisolto conflitto d’interessi del premier ha un peso centrale nelle vicende del Paese, ma preoccupante è anche il livello locale, dove tanti editori sono in realtà membri di autentici comitati d’affari. Ne conseguono coperture di responsabilità politiche e amministrative, isolamento dei cronisti con la schiena dritta, contiguità con interessi mafiosi, mentre sempre più marginali sono le inchieste e gli approfondimenti. Il prossimo viaggio di Libera nelle terre campane avrà a che fare anche con tutto questo: non ci tireremo indietro nel denunciarlo.
Un saluto da Roberto Morrione e a risentirci domani.
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