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Un “pool” di sindaci e magistrati contro le infiltrazioni nei comuni

Di Aldo Cimmino il . Campania

«La legislazione è attempata» è questo il monito che viene dal vicepresidente di Avviso Pubblico e sindaco di Niscemi, Giovanni Di Martino. Nella sala del Consiglio provinciale di Napoli, sindaci e magistrati, in occasione dei seminari tematici che, sempre accompagnano la Giornata della memoria e dell’impegno di Libera, discutono sull’istituto dello scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose. Nato nel 1991, ha subito una serie di trasformazioni ed evoluzioni; «oggi lo strumento legislativo – dichiara Di Martino – ha prodotto circa 182 decreti di scioglimento di cui un ultimo, di recente, in Campania nella provincia di Avellino».

Ma da più voci viene l’invito a cambiare alcuni aspetti della legge che in molte occasioni ha determinato, anche per più di una volta, lo scioglimento dello stesso comune per infiltrazioni mafiose. Una specificazione, quella mafiosa, che in origine non era prevista dalla normativa e che prevedeva lo scioglimento solo in caso di: “atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine pubblico”. Soltanto in seguito alla strage di Taurianova, nella Piana di Gioia Tauro, la cui amministrazione era chiaramente ed interamente condizionata dalla criminalità organizzata, l’allora ministro di Grazia e Giustizia, Claudio Martelli, decise di rimettere la questione all’attenzione del Consiglio dei Ministri. La strage calabrese, datata 3 maggio 1991, fu l’impulso per far approvare il decreto 164 che prevedeva ora la possibilità di sciogliere consigli comunali e provinciali in caso di infiltrazioni di tipo mafioso.

Interviene duramente il sindaco di Gela, Rosario Crocetta. «Lo scontro è quotidiano – dichiara Crocetta – ma i comuni sciolti per infiltrazione mafiosa sono troppo pochi». E punta il dito anche contro le gestioni commissariali che le definisce «spaventose». Il comune di Gela è stato sciolto sia nel 1992 che nel 1994. Ma Crocetta non è l’unico sindaco, presente, che deve amministrare territori difficili. Prima di lui è intervenuto il sindaco di Lamezia Terme, Gianni Speranza. Anche il comune di Lamezia Terme è stato sciolto per due volte, nel 1992 la prima volta e nel 2002 la seconda. «la prima volta – racconta Speranza – ci fu una gestione commissariale assolutamente dignitosa» ma poi critica quell’aspetto della legislazione che prevede una gestione troppo prolungata. «Dopo 18 anni – dichiara Alberto Cisterna sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia – finalmente si mette mano allo strumento cercando di migliorarlo introducendo una norma che pone dei paletti».

Ma Cisterna punta il dito anche contro la legge elettorale evidenziando il problema di come si vota e chi si vota: «nel 2010  – denuncia Cisterna – si voterà con la stessa legge elettorale che ha portato alla morte del vicepresidente al Consiglio regionale Francesco Fortugno». E di garanzie parla anche Alessandro Pansa, Prefetto di Napoli, in riferimento ad alcuni dati che il decreto 164 ha prodotto come risultato; su 92 comuni della provincia napoletana, la metà pone problemi di infiltrazioni o condizionamenti camorristici. «Spesso – dichiara Pansa – sciogliere i comuni non ci porta al risultato sperato» e introduce un nuovo concetto di prevenzione più ampio di quello presente nella legge. Non soltanto prevenire la gestione criminale di un ente locale, ma soffermarsi sul concetto di vulnerabilità. «La vittima potenziale – afferma il prefetto napoletano – è una vittima innanzitutto vulnerabile». «Prima di sanzionare – ribadisce ancora Pansa – bisogna creare quelle condizioni per le quali non ci sia più vulnerabilità, insomma “impermeabilizzare” i comuni».

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