Comuni sciolti per mafia: intervista al sindaco di Niscemi
Di Martino, sindaco di un
comune difficile come Niscemi che per due volte
è stato sciolto per infiltrazioni mafiose e vice presidente di Avviso
Pubblico…
“Essere sindaco
di un comune sciolto per mafia rappresenta una doppia responsabilità,
amministriamo un territorio dove
la presenza della criminalità mette in crisi lo stesso concetto di
democrazia e la tenuta dello stato democratico. Spesso i clan si insinuano
negli enti locali scegliendo loro stessi i candidati e quindi
gli amministratori futuri della città, altre volte esercitano un’azione
di influenza e di condizionamento nei confronti degli amministratori.
In entrambi i casi, comunque, la criminalità organizzata esercita
un potere che altera i processi formativi della volontà e di
decisone degli amministratori che dovrebbero essere ispirati solo al
raggiungimento dell’interesse pubblico con imparzialità e secondo
il principio del buon andamento.In questi casi invece la Pubblica Amministrazione
finisce per raggiungere e concretizzare solo gli interessi delle mafie.
Per questa ragione credo che sia difficile amministrare in circostanze
di vera e propria emergenza democratica come quelle del post commissariamento.
Io credo che sia necessaria una legislazione ad hoc che permetta a questi
comuni di potere governare in modo più adeguato. Avviso Pubblico, ad
oggi, ha messo insieme più di 170 comuni, province e regioni
che lavorano ogni giorno per promuovere la formazione
civile contro le mafie, come ogni 21 marzo anche quest’anno abbiamo
organizzato una iniziativa che mette al centro il ruolo degli enti locali
nella lotta alla mafia”.
Quando parla
dei Comuni sciolti per mafia lei mette al centro l’esigenza di una
legislazione ad hoc per quelle amministrazioni che vengono subito dopo.
Come dovrebbe essere integrata la Legge del 1991?
“Il
legislatore ha pensato, nel 1991, di porre fine a quelle esperienze
amministrative che si presentavano colluse o assolutamente permeabili
e incapaci di contrastare la criminalità organizzata. L’istituto
nasce come uno strumento a carattere preventivo, cautelare e di tutela
da parte dello Stato nei confronti degli Enti Locali interessati. Lo
Stato accertato che in quei comuni esiste una condizione patologica
interviene sostituendo gli amministratori eletti democraticamente con
tre funzionari che svolgeranno i compiti di amministrazione. A distanza
di oltre 15 anni di applicazione della normativa, è stato possibile
constatarne i punti di criticità. Non sempre infatti l’applicazione
dell’istituto dello scioglimento ha dato i frutti sperati. Non sempre
la presenza dei commissari è servita ad avviare in quei comuni,
un processo di risanamento e bonifica. Spesso lo scioglimento
ha colpito più volte lo stesso comune: sono 26 i casi di comuni sciolti
per la seconda volta a distanza di pochi anni e per alcuni casi addirittura
tre volte( Villabate ,Melito Porto Salvo). I punti di criticità più
evidenti stanno nel fatto che, col provvedimento di scioglimento venivano
rimossi solo gli amministratori collusi o assolutamente inadeguati a
contrastare la pressione della criminalità. Alla luce della introduzione
della separazione netta tra attività di gestione affidata ai dirigenti
e funzionari e l’attività di indirizzo e di controllo affidata agli
amministratori, l’applicazione dell’istituto ha consentito spesso
che anche in presenza dei commissari straordinari i dirigenti collusi
sono rimasti al proprio posto. Da qui una spiegazione al fenomeno del
doppio scioglimento. Oggi nella proposta modificativa è stato previsto
che nei casi di scioglimento anche i funzionari e i dirigenti siano
colpiti da provvedimenti di rimozione dall’incarico.
Un altro elemento
importante di modificazione dell’attuale normativa è rappresentato
dall’istituzione di un apposito e specifico Ruolo per i funzionari
che devono poi essere scelti come commissari per sostituire gli amministratori.
L’esperienza
ci dice che spesso i commissari individuati per svolgere questo compito
non sono stati adeguati.
Permettetemi di fare in questa
sede una riflessione che viene fuori dall’esperienza di un sindaco
di un comune, come quello di Niscemi, che nell’arco di dieci anni
è stato sciolto per 2 volte. Si pensa forse che il compito dei commissari,
che spesso vengono visti dalla comunità in cui operano come un corpo
estraneo alla città, sia solo quello di fare ordinaria amministrazione?
O non è soprattutto quello di favorire quel processo di bonifica,
rinascita e di dotare la comunità in cui hanno operato degli
anticorpi necessari affinché la stessa comunità possa poi alla
fine del loro mandato poter camminare da sola? E per svolgere tale compito
oggi i commissari sono sufficientemente dotati di strumenti idonei?
Mi chiedo perchè agli amministratori che subentrano alla gestione commissariale
democraticamente eletta non sono affidati strumenti straordinari per
potere essere facilitati a svolgere un ruolo che sostanzialmente è
quello di ristabilire processi democratici normali che siano
immuni dal condizionamento dei poteri mafiosi”.
Un peso eccessivo per i
nuovi amministratori?
“Sulle
spalle di questi nuovi amministratori pesa l’enorme responsabilità
di fare ripartire il processo di partecipazione democratica che, per
certi versi, era stata sospesa con la presenza dei commissari. In questi
comuni, se non si vuole correre il rischio di deludere le enormi aspettative
della gente è necessario che lo Stato con una sorta di tutoraggio accompagni
tale processo. Nel periodo dopo lo scioglimento i comuni sono da paragonare
ad un malato che sta vivendo un periodo di convalescenza ed in quanto
tale supportato e non penalizzati.
Sulle amministrazioni
che seguono alla gestione commissariale vengono riposte forti aspettative
da parte dei cittadini sul tema dei diritti sociali. Quando ciò non
può essere appagato si corre il rischio che i cittadini ritornino a
considerare come punto di riferimento i poteri criminali a discapito
delle istituzioni, prova ne sono i 26 comuni sciolti per mafia due o
più volte. La proposta che come rappresentante di Avviso Pubblico mi
sento di avviare è quella di dotare gli enti di strumenti che non possono
essere uguali ai normali amministratori. Le città commissariate
escono da una fase di convalescenza, è necessaria un’attività di
sostegno e accompagnamento da parte dello Stato con la individuazione
di strumenti straordinari. Il rispetto del patto di stabilità,
delle norme che inibiscono nuove assunzioni e il taglio dei trasferimenti
vanno verso questa direzione, nel senso che possono rappresentare un
limite alla incisività dell’azione amministrativa. Con questo non
voglio mettere in discussione la valenza del patto di stabilità e di
norme che servono a regolare gli eccessi delle pubbliche amministrazioni,
ma è un modo necessario per riuscire a ripristinare la legalità e
affermare la tenuta democratica delle istituzioni locali”.
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