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Ecomafie, la mattanza ambientale

Di Luigi Colombo il . Campania

«La vera responsabilità, la grande responsabilità sulle ecomafie è della classe imprenditoriale. A loro, come ha fatto Don Ciotti dal palco per i camorristi, diciamo: “Fermatevi! Fermatevi”. Non date più rifiuti ai criminali. E contro questi industriali che per risparmiare allungano sempre più la lista delle migliaia di morti senza nome, vittime dell’ecomafie, chiedo a Confindustria una presa di posizione forte e chiara». A parlare è Enrico Fontana, storico esponente di Legambiente, intervenuto al seminario «Ecomafie: i traffici illeciti e lo sfruttamento del territorio. Un problema di tutti», a cui hanno partecipato il presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo, il magistrato Donato Ceglie e il tossicologo Antonio Martella.

CAMBIARE L’ECONOMIA

In una gremita aula magna dell’Università Parthenope, i relatori di uno dei sette seminari promossi da Libera hanno ribadito la necessità di «un’analisi cruda e dura» sul problema dell’ecomafia. «Non per essere catastrofici ma per proporre soluzioni». Perché oggi, ha sottolineato Fontana, dobbiamo ribadire la grande responsabilità della classe politica di averci rubato l’idea che possa esistere un ciclo virtuoso dei rifiuti, del cemento. Ci hanno condannato a concepire i rifiuti come problemi, come negatività, un male da cui stare lontani. L’unico ciclo dei rifiuti che viene raccontato è quello delle discariche illegali, dei fiumi avvelenati». E l’intervento dell’attuale consigliere della Regione Lazio, che per primo con Legambiente coniò il termine “ecomafia”, punta molto sul concetto economico della “questione rifiuti”. Di come sia possibile trasformare il “problema” in “risorsa”. E’ facendo muovere un’economia diversa «che si sconfigge definitivamente l’illegalità». Come farlo? «Costruendo una filiera diversa, virtuosa, basata sul riuso e sul riciclaggio. Ripensare l’economia è d’obbligo. Ci sono già esempi di imprese, nate su terre confiscate, che oggi riciclano i materiali inerti, ne fanno nuova materia prima. Danno lavoro, non sfruttano più che le cave e muovono un’economia limpida e in pieno rispetto dell’ambiente».

IN CAMPANIA SI MUORE DI RIFIUTI

Legambiente l’aveva definita – nell’ultimo rapporto “Ecomafia, il caso Campania” – una vera e propria «mattanza ambientale». A confermarlo è il tossicologo Antonio Mafella che elenca dati più che allarmanti, con un incremento di patologie tumorali che in alcune aree della regione superano il 400 per cento della media nazionale. «Secondo i dati Istat – dice il medico – un bambino che nasce oggi vive due anni in meno rispetto a uno nato in una qualsiasi altra regione d’Italia. Il paradosso è che, normalmente, i casi di tumori sono più alte nelle aree industrializzate, nei centri cittadini, mentre qui si muore vivendo in campagna. Semplicemente perché nelle aree urbane non c’è spazio per versare».

E i dati li fornisce il magistrato Donato Ceglie. «In Italia vengono prodotti ogni anno 97 milioni di tonnellate di rifiuti. Per venti anni un terzo di questi rifiuti è stato smaltito per vie illegali. E buona parte di questo terzo ha viaggiato su un’unica direttrice: quella che dal nord Italia porta al Sud. E meglio ancora in un’unica, stretta striscia di terra tra le province di Napoli e Caserta».

Come spietati killer – ha denunciato Legambiente nel rapporto Ecomafia – «i trafficanti di rifiuti iniettano veleni micidiali, diossina,cadmio,arsenico, piombo, nelle nostre campagne, nelle cave, nell’impasto del cemento che entra nelle nostre case, nei sottofondi stradali, nei fiumi».

«Ormai il nostro territorio – ha commentato Michele Buonomo – è inquinato moralmente dalla camorra, da una classe politica inadeguata e fisicamente dai rifiuti tossici. Per 14 anni il ciclo integrato dei rifiuti si è basato sulla logica delle quattro “I”: illegalità, inefficienza,irresponsabilità e indecisione. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Negli anni sono migliaia le discariche abusive sequestrate ma mai bonificate. Uno schiaffo, un ‘arroganza nei confronti di tanti cittadini calpestati nella loro dignità. Una mancata bonifica che vanifica anche l’ottimo lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura. E’ contro questo sistema che occorre combattere. Creando anche noi un “sistema”, essere capaci di costruire le alternative che da anni abbiamo enunciato».

STOP AI COMMISSARIATI STRAORDINARI

E’ il pm Ceglie a lanciare l’allarme. «Da anni ormai sembra che qui in Campania, un problema non può assurgere a dignità istituzionale se non viene istituito un commissariato di Governo. Che altro non è espropriare gli enti territoriali di poteri, di conoscenze, di partecipazione. La Campania è una regione spogliata, rubata, scippata di qualsiasi possibilità di controllo, verifica». Così si assiste inermi a una «sospensione delle garanzie costituzionali». E i relatori fanno eco. «Occorre chiudere tutti i commissariati di governo in Campania, dai rifiuti, alle acque. Uscire dalla straordinarietà per far tornare i problemi nelle mani delle amministrazioni, dei cittadini».
 

CAMBIARE LEGGI, SEGUIRE MODELLI POSITIVI

Altro punto focale del seminario è la necessità di modificare il quadro normativo di riferimento per i reati ambientali, partendo dal sequestro dei beni e la successiva confisca dei beni dei criminali ambientali. «Solo confiscando i beni a questi criminali si può pensare di bloccare le loro illecite attività – ha detto Fontana. Altrimenti sarà tutto inutile. Per fortuna anche il nostro Parlamento nel 2010, dopo anni di inefficienze su questo tema, sarà costretto a emanare una normativa in materia, così come imposto dall’Unione Europea».

Questa è l’unica regione in cui «anche la democrazia è andata a finire in discarica», ha dichiarato Buonomo. E quando si è deciso di portare l’esercito in Campania si «impone un modello basato sull’uso della forza. Occorre riappropriarsi della politica, fare politica nelle sue mille forme. In questa regione ci sono molti modelli positivi da seguire, come quelli di comuni che raggiungono percentuali di raccolta differenziata altissime. È da qui che occorre ripartire per cambiare il sistema».

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