Caso Alpi, quindici anni alla ricerca di verità e giustizia
15 anni senza verità e giustizia. Questa frase è stata stampata
dal Premio Giornalistico Televisivo Ilaria Alpi sugli oltre 10 mila
bandi di concorso che vengono spediti ad altrettanti giornalisti italiani
e stranieri. Una frase che vuole ricordare ai giornalisti, colleghi
di Ilaria e Miran che dopo ben quindici anni quello dei due inviati
uccisi in Somalia nel 1994, è ancora un caso aperto.
Tutto ha inizio il 20 marzo
1994. Somalia: uccisi due giornalisti italiani a Mogadiscio
– Mogadiscio, 20 marzo – La giornalista del Tg3 Ilaria Alpi e il suo operatore,
del quale non si conosce ancora il nome, sono stati uccisi oggi pomeriggio
a Mogadiscio nord in circostanze non ancora chiarite. Lo ha reso noto
Giancarlo Marocchino, un autotrasportatore che vive a Mogadiscio da
dieci anni”..
Il Caso Alpi/Hovatin comincia
così, con queste poche righe, ancora frammentarie, battute alle 14.43
del 20 marzo 1994 dall’agenzia ANSA sui terminali dei quotidiani e
delle televisioni italiane. E con questa terribile vicenda comincia
anche la battaglia solitaria, ma incessante, alla ricerca della verità,
dei genitori di Ilaria Alpi, Luciana e Giorgio.
E sono loro le uniche persone
che in queste 15 anni si sono battuti per la verità e la giustizia.
E è a loro che Giorgio Napolitano il 10 ottobre 2008 ha consegnato
la Medaglia d’oro al Merito per Ilaria.
Tutti gli altri, che si sono
impegnati per non dimenticare quello che era accaduto quel 20 marzo,
a partire dall’Associazione intitolata a Ilaria e il Premio omonimo,
i libri, i reportage, il film, gli spettacoli teatrali, le vie, le scuole,
le biblioteche intitolate hanno sempre avuto un solo punto di
riferimento: i genitori di Ilaria.
Il loro esempio, è stato per
tutti il motore per lottare per cercare la verità.
Se da quindici anni per
esempio esiste un premio di giornalismo televisivo che puntualmente
fa il punto sullo stato dell’inchiesta giornalistica in Italia e all’estero
lo si deve in gran parte a Giorgio e Luciana che hanno sempre ricordato
quanto Ilaria facesse con passione il suo mestiere. E questo esempio,
il giornalismo serio e approfondito di Ilaria è diventato l’intento
primario del premio stesso.
“Ricevere il Premio
Giornalistico Televisivo ” Ilaria Alpi”
è stato un grande onore. – ha dichiarato l’ultimo vincitore
nella sezione internazionale 2008, il giornalista francese
Gwenlaouen Le Gouil, – Il Premio dimostra come ci sia ancora
posto per tutti coloro che decidono di esercitare questo mestiere contro
corrente. Purtroppo, oggi, il giornalismo d’inchiesta
è spesso negato, anche nei paesi occidentali che si dicono democratici.
Per il nostro mestiere è quindi vitale che un premio come questo esista
e perduri”.
Non sono tanti i giornalisti
che in questi anni hanno legato il proprio nome al Caso Ilaria Alpi
e alcuni di questi si sono interessati proprio dopo aver partecipato
o vinto il Premio Ilaria Alpi. Come Sabrina Giannini, giornalista di
Report che nel 2004 ha realizzato il reportage “Nient’altro che
la verità” e da quel lavoro è nato anche uno spettacolo teatrale
“La Vacanza” con Marina Senesi, o Emanuele Piano vincitore
del Premio Produzione nel 2005 che quest’anno ha realizzato per Al
Jazeera un inchiesta sul caso.
Ilaria Alpi, lavorava
per il Tg3 e l’operatore che l’accompagnava Miran Hrovatin era un
esperto cameraman triestino. Quel marzo del 94 erano in Somalia al seguito
dell’operazione militare sotto egida ONU, Restor Hope e stavano lavorando
ad un’inchiesta. In un taccuino ritrovato Ilaria scrive:
«1400 miliardi di lire: dov’ è finita questa impressionante quantità
di denaro?» Una frase che rivela che la giornalista stava investigando
sull’ uso degli aiuti della cooperazione italiana in Somalia.
Solo dopo quasi un decennio
dalla morte di Ilaria e Miran, il 31 luglio 2003 viene istituita
con deliberazione della Camera dei deputati la Commissione parlamentare
d’inchiesta sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Commissione
che si insedierà il 21 gennaio 2004, presieduta da Carlo Taormina.
E ancora una volta hanno pesato sulla decisione di istituire una Commissione
le battaglie continue di Giorgio e Luciana Alpi e i numerosi reportage
anche con libri di testimonianza realizzati da giornalisti televisivi
e di carta stampata.
Da questa attenta pubblicistica
emerge che Ilaria e Miran seguivano la pista di traffici illegali, dalle
armi ai rifiuti tossici che coinvolgeranno il settore governativo della
cooperazione e rami dei servizi segreti.
Eppure, da anni ed anni, questa
verità, prima ancora di essere negata, continua ad essere ostacolata
in tutti i modi. E la Commissione presieduta da Taormina non aiuta.
Infatti, due anni e un mese
dopo i lavori della Commissione si chiuderanno regalando un’amara
sconfitta. Nel rapporto di maggioranza si afferma che la morte dei due
giornalisti è legata ad una coincidenza. Non è esecuzione: Carlo Taormina
il 7 febbraio 2007 dichiara: “i due giornalisti nulla mai hanno
saputo e in Somalia passarono una settimana di vacanze conclusasi tragicamente”.All’interno
della Commissione i deputati di maggioranza hanno approvato le conclusioni
proposte dal Presidente Carlo Taormina, mentre l’opposizione non ha
approvato il documento. I componenti di centrosinistra hanno prodotto
un Rapporto di Minoranza; mentre il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli
ha presentato una terza relazione.
Per tenere viva l’attenzione sul caso, tra l’agosto e il settembre 2005,
l’Associazione Ilaria Alpi è andata in Somalia, realizzando un viaggio
sulle tracce di Ilaria e Miran. Dal viaggio sono nati un reportage giornalistico
e una mostra fotografica. Il 3 giugno 2006, l’Associazione Ilaria Alpi
scrive al Presidente del Consiglio Romano Prodi, affinché il Governo
si attivi per fare piena luce sulla morte dei due giornalisti, segnalando
che nel corso della serata di apertura della XII edizione del Premio
Ilaria Alpi, il Presidente della Somalia Abdulhai Yusuf Ahmed ha riconfermato
la volontà del suo governo di collaborare con quello italiano. Due
settimane dopo.
L’allora Presidente del consiglio Romano Prodi riceve Giorgio e Luciana
Alpi, assumendosi un “serio impegno” con i genitori della
giornalista, per valutare le modalità e la base per riavviare un ragionamento
sulle circostanze della morte di Ilaria e di Miran. Ed è solo l’anno
dopo, il 25 giugno 2007 che poi la Commissione Esteri del Senato
valuta la costituzione di una nuova commissione d’inchiesta alla luce
di elementi probatori nuovi. Ma la doccia fredda arriva il 10 luglio,
sempre 2007, quando il Pm Franco Ionta, titolare del procedimento sul
caso presso la Procura di Roma, chiede l’archiviazione. “L’impossibilità
di identificare i responsabili degli omicidi di Ilaria Alpi e Miran
Hrovatin al di fuori di Hashi Omar Hassan, il miliziano somalo condannato
a 26 anni di reclusione per il duplice omicidio avvenuto a Mogadiscio
il 20 marzo 1994″, è la motivazione sostenuta dal Pm.
Finalmente il 3 dicembre 2007 il gip Emanuele Cersosimo, chiamato a
decidere sulla richiesta di archiviazione avanzata dal pm di Roma Franco
Ionta, alla quale aveva presentato istanza di opposizione il legale
della famiglia Alpi, respinge l’archiviazione.
“Omicidio su commissione. Il movente? Far tacere i due reporter
sulle loro scoperte sui traffici di armi e rifiuti”, le motivazioni.
A portare ancora una volta
il caso all’attenzione dell’opinione pubblica sono sempre i genitori
che insieme a Mariangela Gritta Grainer nel giugno scorso presentano
un saggio dal titolo: “L’omicidio Ilaria Alpi. Alta mafia fra coperture,
deviazioni, segreti”. Un racconto a sei mani uscito all’interno
del terzo “Taccuino del Premio Ilaria Alpi”: Giornalismi & Mafie.
Mentre il caso è ora nelle
mani di un nuovo pm, Giancarlo Amato, l’11 settembre scorso è arrivata
una notizia che mette ancora una volta in cattiva luce il lavoro della
Commissione presieduta da Taormina: la Toyota acquisita nel 2006 dalla
commissione parlamentare potrebbe non avere nulla a che fare con l’auto
dove furono uccisi Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. A questa conclusione
è giunta la consulenza ordinata dalla procura di Roma secondo cui un
profilo di Dna, estrapolato da due campioni di sangue rilevato su quella
vettura e comparato con il codice genetico dei genitori della giornalista
non è compatibile con quello di Ilaria.
Questo risultato tecnico, comunque,
dà ancora una volta ragione ai genitori di Ilaria che da almeno due
anni chiedevano il prelievo del loro dna ai fini degli accertamenti
sulle macchie di sangue rinvenute sulla Toyota.
Due genitori che dopo 15 anni
sono ancora alla ricerca della verità e della giustizia.
Trackback dal tuo sito.