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Casale, nomi da ricordare e parole di speranza da annunciare

Di Stefano Fantino il . Campania

La piazza antistante il cimitero è affollata. Il corteo che si è snodato attraverso le strade di Casale li ha condotti fin davanti al camposanto dove riposa Don Peppe Diana. Sul muretto vicino alla cancellata dei giovani arrampicati espongono uno striscione: “Casalesi è il nome di un popolo, non di un clan”. Un popolo che oggi
omaggia la memoria di Don Diana e ricorda due vite stroncate dai clan. Sono Domenico Noviello e Federico Del Prete, alle cui famiglie sono state consegnate le medaglie d’oro al valore.

«Le morti di Don Diana, Domenico Noviello, Federico Del Prete sono state tre colpi che ci hanno sparato addosso» dice Don Luigi Ciotti. Un invito alla responsabilità che il prete veneto ancora una volta rinnova, per riscoprire quel “noi” che dà davvero senso al nostro impegno.

La storia dell’imprenditore Noviello e del sindacalista Del Prete sono il simbolo di questa terra che non vuole piegarsi ma riscoprirsi “casalese” aldilà delle accezioni negative che questo termine ha assunto negli anni. E lo striscione esposto dai ragazzi sul muro del cimitero lo riprende anche Don Ciotti: Casalesi come popolo non come clan. Perchè dice il padre di Don Peppe Diana: «Loro, i camorristi, stanno peggio dei morti. Uccidendo mio figlio si erano illusi di aver conquistato la libertà e invece è iniziata la loro fine. Sai quante volte si sono pentiti di avere ucciso mio figlio, sì don Peppe è morto ma loro stanno anche peggio di lui».

Don Luigi Ciotti poi ritorna su Don Diana, su quella sua figura di vero «profeta» in grado di parlare in vece di altri e non solo capace di vedere il futuro ma soprattutto di capire il presente.  Il presente che oggi significa soprattutto giovani: a cui è negata la speranza sono negati i diritti, in una terra durissima ma piena di potenzialità e voglia di fare. Soprattutto a loro è rivolto l’insegnamento di Don Diana, a loro quel grido di vita e quella «parola di speranza» che Don Peppe voleva si ritornasse ad annunciare sopra ai tetti. E prima che ai familiari di Don Diana venisse consegnata una targa in memoria del figlio, un passaggio di Luigi Ciotti, durissimo, è rivolto alla chiesa. In ambito di lotta alla criminalità organizzata è un dovere, anche per essa, quello di «parlare chiaro e non fare sconti a nessuno» «Serve – continua Ciotti – una linea di fermezza, bisogna ribadire sempre l’incompatibilità tra l’azione criminale e il Vangelo». Troppi i casi ambigui in cui responsabili ecclesiastici hanno avallato senza remore comportamenti criminali : «Fuori dalla chiesa – incalza dal palco don Ciotti – uomini e donne di mafia. E’ incredibile che al matrimonio di Totò Riina c’erano tre preti che celebravano la messa La chiesa, tutta la chiesa respinga le ambiguità».

La gente scema verso le strade di Casale, è ora di vivere la città, le piazze. Un nutrito gruppo di persone esce dal camposanto. La visita alla tomba di Don Diana e a quella di Domenico Noviello, il saluto sincero e semplice di tanti scout e tanta gente comune hanno affollato anche la solennità silenziosa di un luogo di memoria come questo. Mentre la piazza si svuota, due parole scambiate con alcuni ragazzi di colore che con uno striscione in fondo alla piazzetta invitavano ad una integrazione, una comunione di diritti e di cooperazione. Quella camorra che giusto qualche mese fa a Castelvolturno aveva sparato e contro quale anche loro si schierano. Anche per loro l’urgenza di sentire annunciata una parola di speranza.

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