Le mani sull’Abruzzo interno: la colonizzazione discreta dell’isola felice
Quattro appuntamenti per discutere in modo approfondito di
smaltimento illegale di rifiuti e infiltrazioni della criminalità
organizzata insieme a Antonio Pergolizi (legambiente), Davide Pati (responsabile di Libera per i beni confiscati) e Pino Di Maula (direttore di Left-avvenimenti). E poi ancora: Leo Sisti, giornalista de L’Espresso, il giudice Michele Prestipino della Dia di Palermo e l’on. Giuseppe Lumia, vicepresidente della Commissione parlamentare antimafia.
Si è discusso senza allarmismi, ma anche senza sottovalutare i segnali di pericolo.
Questa iniziativa, segue quelle organizzate da Libera nel maggio scorso
a Villa San Sebastiano, Luco, Scurcola e Tagliacozzo, che videro la
partecipazione anche del presidente nazionale don Luigi Ciotti. Allora,
la reazione fu una lettera di minacce al coordinatore locale di Libera,
Giuseppe La Pietra. Ora, sempre La Pietra, ha subìto la visita di
ignoti che – senza rubare nulla – hanno devastato la sua abitazione:
segnali inquietanti che, come ha sostenuto l’on. Lumia, non vanno
sottovalutati e su cui occorre fare chiarezza. Su questo episodio 14
deputati hanno presentato una interrrogazione parlamentare.
La nostra testata ha sostenuto la nascita e l’opera di Libera e ha
svolto più di una inchiesta giornalistica su quanto si muove nel nostro
territorio. Dopo i fatti di Luco di questa estate e i tentativi di
deligittimazione della nostra testata, con gl’inserti ciclostilati SITe.it/Briganti
abbiamo informato l’opinione pubblica su quanto accadeva intorno al
progetto torcia al plasma e ai termovalorizzatori, ma anche sugli
affari nel campo di rifiuti ed energia e sulle società che reinvestono
capitali nella nostra zona.
Pensiamo che legalità e sviluppo non siano argomenti né di destra né di
sinistra, sono semplicemente un requisito della vita civile.
Da marzo ad oggi, sensibilizzando dal basso la popolazione con
pubblicazioni e iniziative, si è riusciti a ottenere quattro
interrogazioni parlamentari e ad imporre il caso Marsica all’attenzione
nazionale.
Ma non basta, è necessario un maggiore impegno da parte di tutti:
scoperchiata la pentola, ora anche le forze politiche e le istituzioni
locali hanno il dovere di guardarci dentro. Senza se e senza ma.
Come nel resto d’Italia, anche nella Marsica il terremoto di
Tangentopoli e anni di berlusconismo dilagante hanno prodotto il
ridemensionamento dei partiti (e delle altre forme organizzate) e la
crescita speculare dei comitati elettorali e d’affari.
La crisi economica ha fatto il resto, tanto che le linee dello sviluppo
del nostro territorio sembrano sfuggire al controllo locale.
La Marsica sta subendo mutazioni ben più inquietanti: da anni si
moltiplicano i casi di investimenti di capitali di ignota provenienza e
i segnali di penetrazioni di organizzazioni criminali.
Dal tradizionale e discreto controllo del mercato ortofrutticolo, la
camorra napoletana ha progressivamente allargato le sue attività al
giro della prostituzione e alle bische, mentre dagli anni ‘90 i suoi
interessi si sono estesi anche all’immigrazione clandestina, al
traffico di droghe e poi agli appalti pubblici e agli affari legati
allo smaltimento dei rifiuti.
Dalla metà degli anni ‘90, altre organizzazioni criminali ramificandosi
nei settori produttivi, commerciali, immobiliari e finanziari estendono
le loro attività all’usura, alle truffe all’Unione europea, agli
appalti, al reinvestimento di denaro sporco, mentre iniziano a
moltiplicarsi i centri commerciali, gli sportelli bancari e le
finanziarie: una miscela che rischia di produrre effetti devastanti nel
tessuto economico e sociale.
Il fenomeno è tanto allarmante da provocare appelli da parte di qualche
magistrato e, di recente, anche per l’Abruzzo si comincia a parlare di
«rischio Mafia».
Sono ben 24 i beni confiscati alle mafie in Abruzzo, di cui 12 nella
Marsica: immobili appartenenti alla Banda della Magliana a Cappadocia,
Scurcola Marsicana e Tagliacozzo, una villa sequestrata ad Avezzano
nella Operazione Tulipano.
Uno spaccato sulla tratta degli esseri umani nel Fucino – con tutto il
corollario di corruttela, criminalità, prostituzione e sfruttamento –
emerge dal reportage “Giuda si è fermato ad Avezzano” pubblicato a
febbraio sulla rivista Left.
E poi ancora le condanne per riciclaggio, nel processo di primo grado
celebrato a Palermo, al gruppo che ruota intorno a Ciancimino e Lapis,
le cui società estendono i tentacoli fino a Tagliacozzo, Avezzano,
Carsoli e Sulmona.
Suscita disappunto anche la propensione di alcuni politici locali a
prendere per buono qualsiasi investimento venga loro proposto:
ricordiamo ad esempio la Clinica del futuro a Pescina; il Parco delle
religioni a Sulmona; il Centro turistico spaziale e il Centro
commerciale a Celano, oppure lo Stato indipendente del tempo libero
proposto ai comuni di Tagliacozzo e Sante Marie da un… Comitato.
E che dire degli affari che ruotano intorno a rifiuti, acqua, gas e
produzione di energia, oppure dell’abnorme presenza di finanziarie,
sportelli bancari e centri commerciali?
L’iniziale e colpevole sottovalutazione del fenomeno ha permesso a
queste organizzazioni di espandersi sul territorio e tessere
indisturbate una loro rete di relazioni, non solo criminali ma anche
economiche, politiche e sociali.
Partiti politici, sindacati, organizzazioni di categoria, associazioni,
scuole, parrocchie e organi di stampa dovrebbero finalmente decidersi a
scendere in campo e a concertare un’azione comune, ma finora i segnali
non sono stati certo incoraggianti.
E’ evidente ormai che pure qui da noi questo non può più essere
considerato come un semplice problema di polizia: ora anche la
popolazione dovrà necessariamente fare la propria parte per arginarlo
ed estirparlo.
Site.it, Legambiente e Libera hanno scelto di impegnarsi in questo percorso affinché, anche nella Marsica, Legalità e Sviluppo procedano di pari passo.
Dicembre 2007
tratto da: site.it/marsica 2007-12 (scarica il PDF)
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