Pordenone, Gdf arresta imprenditore egiziano
Il Gico della Guardia di Finanza di Trieste ha accertato un vasto traffico illecito diretto a procurare l’ingresso in Italia di soggetti extracomunitari, egiziani ma anche magrebini. Il traffico veniva attuato tramite presentazione di false richieste di lavoro e dietro pagamento di somme di alcune migliaia di euro a persona. Sono risultate coinvolte a vario titolo oltre un centinaio di persone in tutto il nord Italia.
L’indagine ha individuato 23 soggetti operanti nella provincia di Pordenone. Fra questi spicca in posizione principale e direttiva un imprenditore egiziano. Per quest’ultimo emessa il 9 marzo a Torino l’ordinanza di custodia cautelare in carcere, su richiesta del pm Federico Facchin e dal Gip del Tribunale di Pordenone, Alberto Rossi.
Gli elementi a suo carico emergono anzitutto dalle molteplici intercettazioni telefoniche agli atti, dove risulta che l’imprenditore, in concorso con altri complici, si adoperava per raccogliere ‘richieste’ di extracomunitari disposti a pagare somme fra i 2.000 e i 7.000 euro per entrare in Italia sfruttando le possibilita’ del decreto flussi.
L’imprenditore egiziano incassava normalmente in Egitto i soldi anticipati dagli interessati, provvedeva sia in proprio che servendosi di ditte complici alla presentazione di false richieste di lavoro idonee a giustificare l’ingresso in Italia degli extracomunitari nell’ambito dei flussi programmati e curava la relativa pratica di presentazione sia in proprio che tramite complici.
Inoltre si adoperava per ripresentare la falsa richiesta per i ‘clienti’ non riusciti ad entrare in Italia a causa di contingenze varie. Insieme alla moglie, gestiva le somme incassate e teneva a bada i creditori che gli avevano anticipato il compenso senza poi riuscire ad entrare in territorio italiano. Si coordinava con altri complici intestatari di ditte per distribuire ed accontentare i vari clienti, interveniva nella cura della pratica per il conseguimento dei documenti di ingresso e di soggiorno, ed infine provvedeva al trasferimento all’estero delle somme cosi’ incassate.
In violazione alla normativa antiriciclaggio, centinaia di migliaia di euro venivano spesso trasferiti attraverso il sistema ‘Hawala’. Si tratta di un sistema di rimesse di denaro alternativo a quello realizzato dai canali bancari, basato su un rapporto fiduciario o su un sostegno adeguato. Il sistema si basa sul trasferimento del denaro senza muoverlo fisicamente, sfruttando unicamente la rete di comunicazioni realizzata dagli operatori del sistema . L’indagato e’ inoltre, secondo quanto riferisce la Gdf, gia’ fallito e privo di fonti lecite di guadagno, e pluripregiudicato per reati contro il patrimonio che ha ”praticato in termini costanti, professionali e consolidati”.
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