‘Ndrangheta a Modena, otto arresti
Apparentemente due semplici baristi
tabaccai , i cugini Francesco Cannas e Fiorenzo Santoro, in realtà
referenti di spicco a Modena del “locale”di ‘ndrangheta Farao-Marincola
per il traffico di cocaina ed eroina. Nel loro bar tabaccheria
ogni giorno vendevano caffè e sigarette, un attività lecita che celava
intrighi mafiosi. I due cugini avrebbero gestito il traffico di stupefacenti
non solo nel modenese e in Emilia, ma anche a Lucca, Monza e Mantova.
Oltre al traffico di droga, Cannas e Santoro, sono accusati di favoreggiamento
per aver protetto due ex latitanti ‘ndranghetisti: Giuseppe Cariati
e Cataldo Marincola. Un sodalizio importante quello cresciuto
all’ombra della Ghirlandina modenese, un territorio ricco e per nulla
esente dagli appetiti mafiosi. Tant’è vero che Cannas è risultato
titolare di parecchie imprese di facchinaggio nel settore edile. Un
modo per riciclarsi e ripulirsi che ha permesso ai mafiosi calabresi
di scendere a patti e di creare una collaborazione con i casalesi,
ben presenti a Modena con le loro imprese edili. La Dda di Bologna,
qualche settimana fa, faceva notare, nel modenese, la presenza di 570
imprese edili i cui proprietari provengono da Casal di Principe e zone
limitrofe. Precisando che pur non essendo tutte imprese mafiose questo
dato deve rappresentare un forte campanello d’allarme.” L’asse
‘ndrine –clan casalesi è ben oliato in Emilia- ha ricordato a tale
proposito Ciconte in un intervista alla Gazzetta di Modena- non sono
in competizione anzi collaborano e fanno affari. Si prestano la droga
e si scambiano informazioni”. I proventi della droga oltre che nel
loro bar tabaccheria è probabile che venissero riciclati con l’aiuto
dei casalesi e delle loro imprese edili. Tra gli arrestati, affiliati
ai casalesi, ci sono i fratelli Noviello, già arrestati per un agguato
risalente al 2007 nel comune di Castelfranco Emilia(Mo), durante
il quale venne gambizzato un imprenditore edile campano, Giuseppe Pagano,
e per cui la Dda ha iniziato un indagine che ha portato all’emissione
di diversi mandati di cattura, uno dei quali nei confronti di Raffaele
Diana, ritenuto capozona nel modenese per conto dei casalesi e allo
stato latitante, inserito tra i trenta ricercati più pericolosi.
L’ultima operazione riguardante Modena, condotta dai carabinieri e
coordinata dalla dda di Bologna, ha preso avvio in seguito ad alcuni
arresti di piccoli spacciatori operanti nelle zone di Modena e Ferrara.
Solo successivamente sono stati arrestati esponenti di alto rango del
traffico di droga. Tra i “pesci grossi” figurano camorristi,
‘ndranghetisti e criminali albanesi. L’eroina veniva importata dall’Est
tramite i canali albanesi mentre il viaggio della polvere bianca passava
per Olanda, Spagna e Germania. Successivamente veniva diffusa in alcune
zone del nord Italia attraverso gli uomini della ‘ndrangheta per conto
del “locale” Farao- Marincola. Per tutti gli arrestati l’accusa
è di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti.
Viene a mancare il 416 bis perché, ha spiegato il sostituto della Dda
di Bologna, nelle zone dove manca il controllo del territorio e il vincolo
di assoggettamento è molto difficile attribuire l’associazione mafiosa.
Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati sei chili di cocaina
e altrettanti di eroina, ma si tratta di una quantità irrisoria rispetto
al “vortice” di traffico effettivo condotto in tutta Italia da questo
sodalizio estremamente dinamico e veloce durante i suoi anni di attività.
A conferma della professionalità dei mafiosi calabresi basti pensare
che le ordinanze di arresto sono state emesse un po’ in tutta Italia:
Modena, Cosenza, Monza,Mantova, Bologna, Crotone, Reggio Emilia, Reggio
Calabria, Caserta, Siracusa, Agrigento, Salerno e Vibo Valentia. Oltretutto
la loro estrema professionalità è dimostrata dalle modalità con cui
comunicavano tra di loro. Infatti si avvalevano di Skype e delle e-mail.
Gli inquirenti hanno descritto così il sodalizio mafioso:”Una struttura
orizzontale con contatti tra pari grado e con una spiccata vocazione
ad adattarsi ad ogni condizione del mercato”. Utilissime alla riuscita
dell’operazione sono state le intercettazioni e le dichiarazioni di
un pentito. E’proprio a Modena qualche settimana fa si è tenuto un
consiglio provinciale straordinario sulle infiltrazioni mafiose alla
presenza del professore Enzo Ciconte e di Lucia Musti , sostituto procuratore
della dda bolognese. Avevano avvertito di come la camorra, in particolar
modo i casalesi, fossero ben radicati nel modenese con bische, camuffate
da circoli super blindati, e usura. Ciconte metteva in guardia, in un
momento di crisi come quello attuale che è anche crisi di liquidità,
dalle infiltrazioni nel tessuto economico attraverso truffe, fallimenti
e bancarotte. Sulla stessa lunghezza d’onda il consiglio dato da Nicola
Gratteri, ospite a Modena ad un convegno sulla legalità, il quale ha
segnalato che la ‘ndrangheta, oltre ad avere acquisito il monopolio
del traffico di cocaina arrivando a possedere vere e proprie coltivazioni
in Colombia, fruisce di un enorme liquidità a cui molti imprenditori,
privi di etica, potrebbero fare la corte o comunque accettarla
passivamente pur di salvare i loro affari aziendali. L’ultima operazione
è semplicemente la conferma di come non esistano terre immuni dalla
metastasi mafiosa. Non rappresenta più un emergenza perché è un fenomeno
consolidato e, indisturbato, procede invisibilmente coi suo traffici.
Una questione allarmante è la presenza di tantissimi reati economici
nel curriculum dei mafiosi, segno, questo, del loro perfetto adattamento
al contesto che muta, alla modernità che non si arresta.
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