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«Caso Palermo», Csm invia gli atti per indagine

Di Norma Ferrara il . Sicilia

E’ scontro fra la Procura di Palermo e i quotidiani La Repubblica e La Stampa che lo scorso 6 marzo hanno reso noti i collegamenti emersi dalle indagini sul clan dei boss Salvatore e Sandro Lo Piccolo, che coinvolgono un parente del procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Si tratta del cognato del procuratore, marito della sorella della moglie, Sergio Maria Sacco.

Nel dicembre del 2006 Sacco viene intercettato mentre consiglia al Monica Burrosi, moglie del boss Giovanni Bonanno, di “andare via da Palermo, di scappare perché ci sono persone troppo bugiarde e troppo false”. E’ il periodo del post – Provenzano, momenti di assestamento interno e gli “scappati” (boss siciliani che si trovano fuori regione dopo la guerra di mafia degli anni ’80) che cercano di ritornare e una nuova Commissione da ricostituire. Il boss Bonanno però non ascolta il consiglio del cognato del Procuratore di Palermo e rimane in città, andando dritto verso la morte l’ 11 gennaio del 2007.  

Da quel 2006 – come riporta il quotidiano Repubblica (6 marzo 2009) – il collegamento di parentela con il procuratore capo della stessa procura che indaga su queste ed altre indagini in cui Sergio Maria Bonanno è coinvolto, mette in imbarazzo i vertici dei palazzi di giustizia di Palermo.

Il dato più allarmante messo in evidenza dai due quotidiani però riguarda il ruolo che Sergio Maria Sacco avrebbe rispetto a Cosa nostra, ruolo che tra l’altro lo aveva già fatto comparire in altre indagini di mafia dal 1992 in poi. Da circa trent’anni dunque questo nome esce ed entra dai faldoni giudiziari – sottolinea Attilio Bolzoni sulle pagine di Repubblica  –  quello che sembra un dato che imbarazza da poco tempo in realtà è un fatto noto in tutti questi anni. Ma anche un fatto ignorato?

A stabilirlo saranno ulteriori indagini proprio del Consiglio superiore della Magistratura che in una nota dichiara: “il Csm non può rimanere indifferente di fronte a una vicenda di questo genere. Se il vice presidente Nicola Mancino non aprirà d´ufficio una pratica sul caso, credo che lo chiederemo noi lunedì prossimo, quando si riunirà la Prima Commissione». I magistrati però sottolineano che le inchieste giudiziarie (almeno una decina fino al 2008) che riguardano il cognato del Procuratore sono «cose passate», già vagliate dal Csm che le ha ritenute «ininfluenti» quando nominò Messineo (2006) procuratore della Repubblica di Palermo.   

Dopo una riunione del procuratore Messineo con i suoi aggiunti invece è stato diramato un comunicato nel quale si precisa che il cognato del Procuratore, non è iscritto nel registro degli indagati perché nei suoi confronti non sarebbero emersi «nuovi indizi tali da giustificarne l´iscrizione».

I pm difendono inoltre l’operato e la posizione di Messineo e attaccano i due giornali che hanno diffuso le notizie. In una nota della procura, nel ribadire piena fiducia verso il loro procuratore capo, si palesa qualche perplessità sul lavoro fatto dalla stampa e in particolare si dice: “Tali perplessità si accrescono in considerazione della coincidenza temporale con il progredire di delicatissime indagini sulle relazioni esterne di Cosa Nostra”.

I Comitati di redazione dei quotidiani coinvolti reagiscono con comunicati in cui respingono le insinuazioni contenute nel documento redatto dai magistrati della Procura di Palermo e diramato alle agenzie di stampa. Ritenendole tra l’altro particolarmente gravi poiché mettono in connessione un lavoro mosso dal diritto di cronaca con altre dinamiche decisamente oscure e delicate, laddove dovessero ritenersi fondate. 

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