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Le mafie restituiscano il maltolto

Di Lorenzo Frigerio il . L'analisi

Fin dalle loro
origini, le associazioni mafiose si sono connotate per la ricerca spasmodica
del potere e delle ricchezze. Ogni nuovo business illecitamente controllato
si è trasformato in un volano di ulteriore sviluppo criminale, nel
corso dei decenni, dei secoli. Dal dominio dei latifondi alle infiltrazioni
negli appalti, dal traffico di droga alla tratta degli esseri umani,
dal contrabbando di sostanze dopanti allo smaltimento illecito di rifiuti
tossici: nella loro escalation criminale le cosche hanno accumulato
grandi patrimoni, parte dei quali sono stati reinvestiti in nuovi traffici,
ma parte dei quali sono stati utilizzati per acquistare terreni, immobili,
beni di consumo.

Negli anni
Sessanta, lo Stato si trova nell’impossibilità di processare le associazioni
mafiose in quanto tali, per l’assenza di strumenti legislativi idonei.
E i processi di Catanzaro e Bari agli uomini delle cosche siciliane
si chiudono con una serie di assoluzioni per insufficienza di prove.

Lo spartiacque
costituito dalla legge Rognoni-La Torre del 1982, costata la vita allo
stesso La Torre e al Prefetto dalla Chiesa, è il punto di non ritorno,
perché consolida nel dettato normativo la specificità dell’associazione
mafiosa e la centralità del sequestro nella fase di contrasto.

Grazie a questa
legge, il pool di Falcone e Borsellino istruisce il maxiprocesso di
Palermo e avvia la moderna fase storica della lotta alle mafie. Eppure
resta ancora molto da fare se si vuole nei fatti togliere le ricchezze
illecite ai mafiosi.

Ecco perché,
appena costituita nel 1995, Libera, il nuovo network di associazioni
e diverse realtà sparse sul territorio italiano, promuove una raccolta
di firme che porta, a camere chiuse in vista delle elezioni politiche,
all’approvazione della Legge 109 del 1996.

Questa importante
legge prevede l’utilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi: uno
strumento legislativo veramente prezioso per far capire ai cittadini
la convenienza della lotta alla mafia. Si dimostra nei fatti che il
contrasto del crimine può e deve essere motore di uno sviluppo diverso,
di uno sviluppo che restituisca ai cittadini il diritto al lavoro come
diritto pienamente esigibile e praticabile.

La legge 109/96
viene a rendere più vincente l’intuizione di La Torre che capisce
la centralità dell’aggressione ai patrimoni mafiosi, perché la normativa
in questione consente di colpire le cosche proprio a partire da ciò
che hanno di più caro: le ricchezze illegalmente accumulate, che vengono
così restituite alla collettività.

Nell’ultimo
decennio, l’aggressione ai patrimoni illegittimamente conquistati
diventa la frontiera più avanzata nel contrasto alle cosche, una frontiera
dove le forze dell’ordine, la magistratura e gli enti locali hanno
potuto avvalersi anche dell’impegno di cittadini, associazioni, realtà
produttive.

Oggi sono conosciute
in Italia e all’estero le cooperative di giovani che lavorano sui
terreni confiscati alle mafie e commercializzano i loro prodotti con
il marchio di qualità nella legalità “Libera Terra”. Oggi sono
loro il simbolo più efficace del cambiamento in atto: se oggi è possibile
voltare pagina è grazie anche al sacrificio di tanti uomini delle istituzioni
e della società, alcuni dei quali hanno perso la vita, altri ancora
la rischiano quotidianamente per amore della libertà.

Non è stato
un cammino agevole e ancora molto rimane da fare. Tanti sono stati i
ritardi e ancora oggi sono auspicabili una serie di riforme al procedimento
che dal sequestro porta alla confisca e dalla confisca all’assegnazione
per fini sociali.

Nelle pagine
di un saggio pubblicato il mese scorso da Aggiornamenti Sociali, il
prestigioso mensile della Compagnia di Gesù in Italia, viene ricostruito
il percorso che le istituzioni e il movimento antimafia hanno compiuto
per arrivare oggi ad avere questi importanti risultati.

Oggi resta
da capire, alla luce della situazione attuale, quali sono le prospettive
di azione rimaste aperte e quali strumenti lo Stato vuole adottare per
non vanificare quanto di positivo è stato fino ad oggi realizzato.

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