Via d’Amelio: quella sentenza coperta dal silenzio
Colpo di spugna su uno dei più grandi misteri delle stragi mafiose del ’92. L’agenda rossa di Paolo Borsellino, vista in via d’Amelio, scompare per sempre per una sentenza e nella disattenzione dei media. Palermo, 19 luglio 1992. Un uomo in abiti civili si allontana, a passo svelto, dall’inferno di fiamme di via D’Amelio.
Tiene stretta una borsa di pelle. E’ quella del giudice Palo Borsellino, appena trucidato insieme agli agenti della scorta. Dentro la borsa c’e’ l’agenda rossa dalla quale il magistrato non si separava mai. Quelle immagini riprese dalle telecamere dei primi reporter giunti sul posto, hanno rappresentato, in questi lunghi 17 anni, la speranza di giungere a una verita’ superiore, di capire quali interessi esterni alla mafia abbiano scatenato, due mesi dopo l’eliminazione di Giovanni Falcone, i macellai di Cosa nostra.
Ebbene, quella verita’ non la conosceremo mai. Con una sentenza passata nel silenzio, praticamente ignorata da giornali e TG, con gli italiani, forse ipnotizzati dal festival di Sanremo o impegnati a sbirciare nel buco della serratura del Grande Ftatello, la Corte di Cassazione ha passato il definitivo colpo di spugna sulle stragi che hanno cambiato il volto dell’Italia.
L’uomo che sottrasse dall’auto blindata di Borsellino quella borsa era il capitano dei carabinieri Giovanni Arcangioli, oggi colonnello. La suprema corte ha respinto il ricorso della Procura della Repubblica di Caltanissetta contro il proscioglimento dell’ufficiale. Non ci sara’ un processo. Dunque, quelle immagini e’ come se non fossero mai esistite. E percio’ l’agenda rossa sulla quale Borsellino annotava riflessioni, intuizioni, notizie, e’ un’invenzione.
Arcangioli si e’ sempre difeso sostenendo di non aver mai preso l’agenda e che la borsa fu consegnata subito dopo. Un fatto e’ certo pero’: l’agenda non e’ mai stata ritrovata.
Carico di rabbia e di amarezza il commento di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, un uomo coraggioso che ha speso questi 17 anni, alla ricerca della verita’. “La giustizia e’ morta – dice – e ogni volta che viene negata si rinnova quel massacro. E ci sono giudici che in questi anni sono stati eliminati senza bisogno di tritolo, quando hanno osato avvicinarsi ai fili scoperti della corruzione”.
Paolo Borsellino era a un passo dall’aprire la porta dei “santuari” della mafia, quel terzo livello su cui si era rotto la testa prima di lui Giovanni Falcone.
Con la sentenza della Cassazione e’ stata messa la pietra tombale sulla stagione delle stragi. E Borsellino e’ sparito dall’agenda della nostra italietta.
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