Violenza sessuale, la scorciatoia delle semplificazioni
Se ancora qualcuno cercasse di raccogliere
prove sulla miopia xenofoba della nostra politica e su una semplificazione
sempre più diffusa anche in quegli ambienti, farebbe bene a rilegare
in un dossier il dibattito in corso anche in queste ore sulla violenza
sulle donne. Il ministro dell’Agricoltura Luca Zaia propone la castrazione
chimica, mentre quello per la Semplificazione Roberto Calderoli
è per quella chirurgica. Il senatore Piergiorgio Stiffoni della Lega
Nord, dichiara che “l’etnia romena, se rappresentata da questi
personaggi specializzati in stupri, non è degna di restare in una Europa
unita”. Nei dibattiti in corso non è mancato chi, oltre alla costituzione
di ronde private, ha avanzato proposte di condanne esemplari e chi ha
chiesto che gli stranieri dovessero scontare le pene nelle carceri dei
Paesi di origine per non continuare “a mangiare a spese degli italiani”.
Non ci è capitato di leggere o ascoltare invece considerazioni e riflessioni
sulla reale gravità di un reato come quello della violenza sessuale
che ferisce l’anima oltre che il corpo e troppo spesso è il frutto
più degenere di educazione, cultura e mentalità che riguardano la
dignità della donna, il rapporto col proprio e altrui corpo, con la
dimensione della sessualità… Se l’informazione, la politica e agenzie
educative di questo Paese avessero speso energie e tempo verso la creazione
di questa nuova consapevolezza, avrebbero contribuito non poco a far
crescere una cultura nuova del rispetto che – a dirla proprio tutta
– non si è mai realmente radicata nella testa della gente. A dimostrazione
vi sono i dati preoccupanti denunciati puntualmente in questi anni da
tutte le indagini statistiche che rivelano come la maggior parte delle
violenze sulle donne anche a sfondo sessuale, si verificano tra le pareti
domestiche o vedono protagonisti amici, conoscenti, datori o colleghi
di lavoro. Ancora di più si sarebbe scoperto che ad esempio il numero
delle donne romene stuprate è almeno pari a quello dei rumeni stupratori.
Le fonti del Ministero dell’Interno ci informano che l’anno scorso
in Italia sono stati denunciati 4.465 casi di violenza sessuale e che
le vittime risultano per il 68 per cento donne di nazionalità italiana.
Nei casi restanti il 9,4 sono rumene e il 2,7 marocchine. Il 58 per
cento degli stupratori sono italiani mentre i rumeni sono il 9,2. Quando
poi si va a spulciare tra i giornali si scoprono anche casi eclatanti
come quello che riguarda Roberto Manenti espulso
dalla Lega Nord nel 1999 che
è stato condannato
in primo grado per stupro di gruppo,
avvenuto proprio nel 1999 ai danni di una prostituta rumena. La condanna
consiste in sei anni e otto mesi di reclusione e l’interdizione dai
pubblici uffici. Nel periodo del suo mandato si è distinto per aver
emesso ordinanze per proibire ai musulmani di avvicinarsi alle chiese,
ha stabilito nuove multe per chi esercitava la prostituzione sul territorio
comunale di Rovato e ha intitolato una piazza ai caduti della Repubblica
Sociale. Lo scorso mese di agosto proprio a Roma si sono registrati
almeno tre episodi di violenza sessuale verso donne romene e perpetrati
tutti da uomini di cittadinanza italiana rispettivamente di 50, 66 e
32 anni. Se la violenza sessuale potesse essere circoscritta ad una
sola categoria di persone come a chi è in possesso di un medesimo passaporto,
sarebbe tutto più semplice. Al contrario il virus della violenza che
si riproduce nel’habitat dell’ignoranza è trasversale ad appartenenze
sociali, etniche, nazionali… Il problema della violenza sulle donne
è tanto drammatico che non può essere nemmeno scalfito dalla scorciatoia
illusoria delle semplificazioni e noi non avevamo capito che il ministero
di Calderoli intendesse esattamente questo.
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