“Ddl inaccettabile, con o senza carcere”
Lo spettro della galera,
il silenzio-censura sulle indagini, l’oscuramento dei pm e nuovi limiti
nel ddl Alfano sulle intercettazioni, approvato in commissione Giustizia
alla Camera. Un testo inasprito rispetto alle versioni precedenti. Per
“ascoltare” un sospetto sono indispensabili gravi indizi di
colpevolezza (tranne che per mafia e terrorismo), dunque in caso di
indagini contro ignoti sono vietate le intercettazioni (da ricordare
che le indagini sugli stupri si aprono spessissimo senza un indiziato).
Resta il limite dei 60 giorni di durata (al momento è illimitato),
si prevedono dei tetti di spesa per le procure, mentre ad autorizzare
è un collegio di tre giudici (per condannare all’ergastolo ne basta
uno). Sui pm cala il silenzio: vietate le dichiarazioni, oscurati nomi
e volti. È previsto il carcere (da uno a tre anni) per i cronisti che
pubblicano carte segrete e di multe salatissime (fino a 370mila euro)
per le testate. Infine, lo stop alle pubblicazioni di atti di
indagine fino all’avvio del processo, con il divieto di rendere noti
i nomi degli indagati.
È proprio sull’impianto
“oscurantista”, con pesanti limiti al diritto di cronaca, che il
ddl Alfano è bocciato senza riserve dall’opposizione, dal Csm (con
il vicepresidente Nicola Mancino che invoca la libertà di stampa con
parole durissime), da Fnsi e Fieg. Magicamente, di fronte allo stop
alla cronaca giudiziaria giornalisti ed editori hanno ripreso il dialogo
“È il punto essenziale e più pericoloso della riforma – spiega
Roberto Natale, presidente della Fnsi – non perdiamo di vista questo
punto”. Il messaggio è chiaro: non farsi ingabbiare nel dibattito
sull’emendamento presentato da Deborah Bergamini, che in parecchi
tra le fila del Pdl sono pronti a impallinare e che dunque avrà forse
vita breve. È la linea della fermezza, varata dalla Fnsi lo scorso
giugno e confermata oggi da Natale: con o senza carcere, si va verso
lo sciopero dei giornalisti.
Presidente,
sul capitolo intercettazioni la situazione sembra sia
precipitata.
“In realtà, la
sostanza del ddl Alfano è immutata. Gli ultimi emendamenti cambiano
in peggio il testo, ma restano dei nodi essenziali ancora più pericolosi
della previsione del carcere per i giornalisti. Ciò vuol dire che anche
se fosse rimosso l’emendamento Bergamini, il testo rimarrebbe inaccettabile”.
Quindi il carcere
per i giornalisti non è poi così
inconcepibile?
“Al contrario. Dico
che si prevede un dibattito anche interno alla maggioranza sulla questione,
ma non vorrei che si perdesse di vista l’elemento centrale della riforma
come ho detto in precedenza. Sull’emendamento Bergamini, è doveroso
rilevare che è stato motivato dal proponente con l’esigenza di tutelare
i cittadini dalle intrusioni nella loro vita privata. Questo è un obiettivo
che mi vede d’accordo. Ecco io credo però che non si debba perdere
la memoria: le intercettazioni che riguardano l’onorevole Bergamini
non sono relative ad affari privati, si tratta di uno scandalo di dimensioni
rilevanti. Una conversazione tra l’allora alta dirigente Rai e un
alto dirigente Mediaset, Mauro Crippa – lo stesso che ha annunciato
la cacciata di Enrico Mentana – una conversazione dalla quale si evince
in maniera nettissima un accordo Mediaset-Rai per minimizzare l’impatto
sull’opinione pubblica dei programmi sulle regionali del 2005, sfavorevoli
al centrodestra. Penso che i cittadini abbiano il diritto di sapere
se un dirigente del servizio pubblico lavora ai danni del servizio pubblico,
serve interessi di altro tipo. Ecco sembra che l’emendamento Bergamini
sia proprio un emendamento ad personam”.
Da tre anni Fnsi
e Fieg sono ai ferri corti, con un contratto nazionale ancora da rinnovare.
Ma sul nodo intercettazioni sembra si sia ritrovata l’armonia.
“Con gli editori
c’è una convergenza notevole, e inconsueta negli ultimi tempi. Vogliamo
portare avanti con tenacia una battaglia comune, iniziative, comunicati
congiunti sui quotidiani e interventi su tv, radio e quant’altro per
dire quanto inaccettabile una regolamentazione che limita il diritto
ad informare e ad essere informati. Viene di fatto legittimato il potere
di veto degli editori sui direttori. Va dato atto alla Fieg di avere
immediatamente denunciato essi stessi questo pericolo, non vogliono
esser costretti a chiamare i direttori per frenarli. Ma questa è una
battaglia che ci trova a difendere l’interesse generale, e sulla quale
l’opinione pubblica sta con noi, perché nessuno è disposto a rinunciare
al diritto a sapere, a conoscere vicende di rilievo sociale”.
Anche i magistrati
rifiutano l’idea di condurre indagini a fari spenti. Giudici e giornalisti
sono complementari?
“I magistrati sono
stati oggetto di una campagna di delegittimazione, sotto accusa per
un presunto protagonismo. Non so se ci sia stato. Ma le norme previste
avrebbero l’effetto di rendere meno riconoscibili e meno censurabili
gli errori della magistratura. Senza un nome, con chi prendersela? Non
ci saranno responsabilità. Senza i giornalisti, i giudici saranno più
deboli ma anche meno responsabilizzati. Senza il rapporto formale tra
cronisti e giudici, si creerà una situazione oscura, un sottobosco
di notizie accennate, informazioni fatte circolare in maniera non trasparente.
Una zona grigia, pesantemente grigia”.
Come si concretizzerà
l’opposizione della Fnsi al ddl?
“Uniremo le forze.
È pronto un pacchetto di iniziative a breve. Già martedì 24 febbraio
alle 10.30 nella sede della Fnsi si terrà una manifestazione nazionale
convocata dalla Fnsi, dall’Odg, dall’Unci, aperta a Fieg, Mediacoop,
ma soprattutto alla società civile. Ci saranno comunicati congiunti
Fnsi-Fieg. Ai direttori delle testate sarà chiesto di adottare opportuni
accorgimenti grafici e richiami sui pezzi di cronaca per far comprendere
cosa cambierebbe se il ddl diventasse legge, e cioè quali sarebbero
le notizie censurate o addirittura cancellate. Il 3 marzo sarà presentato
un libro bianco promosso dall’Unci, che raccoglie tutte le voci contrarie
alla riforma e fornisce ampia documentazione e pareri giuridici”.
Lo scorso settembre
in un’intervista a Libera Informazione lanciò
l’ipotesi sciopero. È ancora la linea della Fnsi?
“Seguiremo con grande
attenzione il dibattito parlamentare, attendiamo ragionevolezza. Dico
subito che solo una radicale modifica del testo ci farebbe cambiare
idea. La linea è quella decisa già dallo scorso giugno: faremo tutto
quello che un sindacato può fare, se necessario sciopereremo, ovviamente
prima che il testo diventi legge”
Trackback dal tuo sito.