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Federico del Prete, sette anni dopo

Di Raffaele Sardo il . Campania, Dai territori

Cinque colpi in rapida successione, sparati con una pistola 7,65 da un killer del clan dei casalesi, sette anni fa, misero fine alla vita di Federico del Prete, il sindacalista degli ambulanti.  Era il 18 febbraio del 2002. E anche allora c’era una temperatura molto rigida. Si consumò tutto in pochi istanti, alle 19,30, mentre Federico stava parlando al telefono con una persona nella sede del suo sindacato, in via Baracca a Casal di Principe. Pochi attimi. Entro un killer, sparò cinque colpi. Mirò allo stomaco e al torace. E per Federico non ci fu nulla da fare. Fuori lo aspettava una macchina. C’erano i suoi complici dentro. Tenevano il motore accesso. “Andiamo. E’ fatta”. Una sgommata e via. Nel giro di qualche minuto l’auto venne inghiottita dai vicoli. Probabilmente fatta sparire da qualche parte, smontata pezzo per pezzo o bruciata nella sterminata campagna che circonda Casal di Principe. L’obiettivo della camorra era raggiunto. Il segnale, per tutti quelli che avevano deciso di seguire Federico, era chiaro: fatevi i fatti vostri.

Il giorno dopo sarebbe cominciato il processo contro il vigile urbano di Mondragone, Mattia Sorrentino, arrestato perché accusato di  riscuotere il pizzo nella fiera settimanale per conto del clan La Torre. L’aveva denunciato proprio Federico del Prete. Sorrentino, come ogni anno, a dicembre,  riscuoteva 500mila lire di “pizzo” da tutti gli ambulanti che frequentavano la fiera settimanale. Una “usanza” che i commercianti subivano da tempo, ma non avevano mai pensato di dover denunciare l’estorsione  per paura di ritorsioni.  Ora per quel delitto c’è anche un colpevole. Si chiama Antonio Corvino. E’ un pentito.  Il 23 gennaio scorso è stato condannato a quattordici anni  di reclusione. La sentenza è stata pronunciata dalla seconda sezione della corte di assise del Tribunale di Santa Maria  Capua Vetere. Corvino, che ha beneficiato degli sconti di pena per i collaboratori di giustizia, è stato anche condannato al  risarcimento dei danni alle parti civili, ovvero ai figli e alla moglie di Federico del Prete e alle due associazioni dei commercianti (FAI ed Alilacco). Il pentito ha confermato che Federico del Prete venne ucciso perché si era messo contro il clan La Torre di Mondragone, ma non ha ancora chiarito chi sono i mandanti veri di quell’omicidio.

 In una delle prime udienze del processo, Antonio Corvino, tramite il suo legale, ha chiesto alla famiglia di Del Prete di voler essere perdonato per  l’assassinio di Federico. “Era uno che faceva delle cose giuste”. “Ma io e la mia famiglia non intendiamo perdonare proprio nessuno”. Ha risposto  a stretto giro Vincenzo del Prete, il primo dei dodici fratelli di Federico, che non si lascia intenerire dal pentimento, vero o presunto del killer. “Vogliamo solo che la giustizia debba fare il proprio corso. E accertare fino in fondo la verità. Chi sono i mandanti e quanti sono gli esecutori. Perché pare che fossero almeno in quattro. Quello che hanno fatto a Federico nessuno può dimenticarlo. Era un ragazzo d’oro e lottava per il bene degli altri. Ricordo che una settimana prima che venisse ucciso, ebbi occasione di parlare con mio fratello. Mi raccontò delle minacce. Gli chiesi di lasciare tutto e andare via. “Vattene in Venezuela –  gli dissi –  Mettiamo insieme qualcosa di soldi noi della famiglia e lì ci sono tante opportunità per ricominciare. “Non posso farlo” mi rispose “Non avrei più la forza di guardare in faccia le persone che hanno creduto in me”. Ma mentre mi diceva queste parole, i suoi occhi  si riempirono di lacrime. Si alzò e se ne andò. Da allora l’ho rivisto solo a terra, morto, quella sera del 18 febbraio del 2002.”    

Ma le tragedie per la famiglia del Prete, sembrano non avere fine. L’11 febbraio scorso a Casoria è succiso Salvatore Del Prete, 22 anni, Nipote di Federico, il figlio della sorella che Vincenzo del Prete aveva adottato circa 18 anni fa, quando il convivente la uccise insieme alla madre che tentava di farle da scudo. Era insieme ad un pregiudicato orbitante nel clan Moccia di Afragola, Rocco Perfetto, 49 anni, sorvegliato speciale. Vincenzo del prete spiega la tragedia: “Salvatore non c’entra niente, non c’entra niente con la camorra. Hanno detto e scritto un sacco di bugie. Mio nipote era un bravo ragazzo. Aveva solo dato un passaggio all’altra persona che hanno ucciso. Sembra una maledizione quella della nostra famiglia  – dice Vincenzo mentre si strofina gli occhi per liberare il suo pianto –  Eppure noi siamo persone miti e tutti gran lavoratori. Con la morte del mio ragazzo ho rivissuto gli stessi momenti di dolore di quando fu ucciso mio fratello Federico, il 18 febbraio del 2002, a Casal di Principe. Salvatore – ricorda Vincenzo del Prete –  aveva preso il diploma all’alberghiero di Formia e lavorava in un bar in Piazza Carlo III. Voleva crescere in fretta. Avrebbe dovuto sposarsi in municipio. La sua fidanzata aspetta un bambino. Erano felici di questa scelta. E ora, invece…

” Non ce la fa a continuare. Vincenzo abbassa gli occhi e ricomincia a piangere. “Ho nominato un avvocato difensore per  difendere la memoria di mio nipote. Non voglio che venga infangato il suo nome. Quello che abbiamo passato con mio fratello Federico, non si deve più ripetere. So come vanno queste cose. E anche dopo  la sua morte, abbiamo dovuto lottare per difendere la sua memoria. Spero solo che mi facciano fare i funerali in fretta.” Ma il questore gli ha vietato i funerali pubblici e la famiglia del Prete ha fatto ricorso al Tar proprio per difendere l’onorabilità del ragazzo. Che nel momento in cui scriviamo è ancora all’obitorio in attesa di riposare in pace.

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