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Il “Calcestruzzo della Legalità”

Di Rino Giacalone il . Sicilia

La data è fissata. È quella del prossimo 9 febbraio, è un lunedì. La Calcestruzzi Ericina tornerà alla fase produttiva con una nuova veste, una impresa trasparente e pronta alle sfide del mercato, che esce dal circuito dei beni confiscati alla mafia per trovarsi gestita da una «coop» di lavoratori, una società cooperativa composta da quegli operai che fino a un paio di anni addietro venivano derisi. Spesso c’era chi si meravigliava che loro lavorassero ancora, si preannunciava loro l’imminenza di trovarsi disoccupati: questo dicevano i colleghi di altre aziende che si sentivano più forti, per i «mammasantissima» che avevano alle spalle quei mafiosi con l’abito da imprenditori, come «don» Ciccio Pace, che in giro andavano raccontando, senza tanti misteri, e senza suscitare scandali o preoccupazioni circa i procurati, pericolosi, «inquinamenti» del mercato del calcestruzzo, di un imminente fallimento della Ericina. Ma questa è la parte più antica di questa storia, dalle condanne però recenti, Pace, il “padrino” ha cominciato a scontare 20 anni, due suoi complici, i valdericini Tommaso Coppola e Vincenzo Mannina, quelli pronti a comprare per ordine della mafia la Calcestruzzi Ericina, condannati rispettivamente 6 e 8 anni.

Intanto occupiamoci della storia odierna. E lo cominciamo a fare avendo tra le mani la lettera di invito all’inaugurazione del nuovo impianto firmato da Luigi Ciotti, il presidente di Libera.

La Calcestruzzi Ericina Libera sarà un moderno impianto di riciclaggio di inerti e produzione di calcestruzzo. È stata oggetto di un investimento che ha superato i 2 milioni di euro. «I beni aziendali di questa impresa, confiscata definitivamente alla mafia nel giugno 2000, stanno per essere affidati, come prevede la legge 109/96, alla cooperativa Calcestruzzi Ericina-Libera, costituita dai lavoratori della stessa azienda. Si tratta di un risultato importante, ottenuto grazie all’impegno e alla collaborazione di tutti i soggetti, istituzionali e non, che hanno condiviso l’obiettivo di salvaguardare il diritto al lavoro, promuovendo un’impresa sana e pulita. Un esempio, piccolo ma significativo, della possibilità di produrre cambiamenti reali in territori che soffrono, purtroppo, per la presenza invasiva delle organizzazioni mafiose».

«I nuovi impianti, accanto alla produzione di materiali di qualità per la realizzazione di opere pubbliche e costruzioni in genere, consentono anche di affrontare, in maniera adeguata, il problema del trattamento di materiali inerti destinati a finire altrimenti in discarica o, peggio ancora, dispersi nell’ambiente. Questi materiali potranno essere riciclati ed utilizzati anche nella produzione di calcestruzzo, con il conseguito risparmio nel prelievo e nell’acquisto di materie prime». «Il calcestruzzo della legalità è il titolo che abbiamo scelto, anche per queste ragioni, per la giornata del 9 febbraio».

Il compito della nuova cooperativa non sarà più solo quello di occuparsi della produzione di conglomerato cementizio, è stato compiuto il salto di qualità contro chi voleva «organizzare» il fallimento. La nuova «Calcestruzzi Ericina» sarà un’azienda che lavorerà per l’ambiente, per la sua tutela, per un nuovo servizio ed un nuovo prodotto. Riutilizzerà gli sfabbrici, trasformerà gli inerti ed i rifiuti non pericolosi, produrràmateriale per fare un cemento «verde», in chiave ambientalista. Semplice chiamarlo riciclo, sarà qualcosa di più sofisticato. Nel meridione d’Italia non trova eguali.

L’impianto si trova nella zona industriale di Trapani, appena sotto uno dei cavalcavia della scorrimento veloce, per decenni è appartenuto al capo mafia Vincenzo Virga, qui lui ed i suoi complici organizzavano i loro affari e svolgevano summit. E questa è l’altra parte di questa storia.

Una storia di mafia. Non solo di Cosa Nostra sommersa, ma anche di quella sanguinaria, violenta, capace però di frequentare i salotti della città, parlare con i politici. Gli imprenditori che gestivano l’impianto della Calcestruzzi Ericina tra gli anni ’80 e ’90 erano quegli stessi che nel frattempo erano mandanti di omicidi e stragi. Vincenzo Virga ne era il capo assoluto. Contro di lui nel 1994 fu spiccato il primo ordine di arresto. In quelle carte per la prima volta si scrisse che lui era il nuovo capo della mafia trapanese. Fino ad allora era considerato un piccolo imprenditore, ossequiato e rispettato, con una pensione e piccole aziende da gestire. Quando gli fu scovato il patrimonio e confiscato si accertò che il suo era un portafoglio da 7 miliardi di vecchie lire come si dice adesso in tempo di euro. Sette miliardi quanto furono gli anni in cui riuscì a stare latitante, acciuffato infine dalla squadra Mobile di Trapani nel febbraio del 2001. A metà marzo del 1994 era riuscito a sfuggire, dandosi alla macchia, ai carabinieri che dovevano arrestarlo nell’ambito dell’operazione antimafia Petrov. Appena 48 ore prima Vincenzo Virga era stato visto partecipare ad una manifestazione dell’allora neonato partito di Forza Italia a Dattilo, frazione di Paceco, pochi chilometri da Trapani. Era la prima campagna elettorale della seconda repubblica. E Virga guarda caso sarebbe stato in grado di colloquiare in un modo o in un altro con il manager e poi senatore Marcello Dell’Utri. A Trapani invece Forza Italia da quel momento puntò tutto sul poi eletto senatore Antonio D’Alì.

Il nome di Vincenzo Virga compare nelle indagini sui delitti delle guerre di mafia e in quelle sulle stragi, come quella di Pizzolungo del 2 aprile 1985. Ventiquattro ore prima era stato fermato da una pattuglia di Polizia, guidava un’auto, disse che la voleva comprare e la stava provando, tra le mani però, annotarono gli agenti in una relazione di servizio ricomparsa durante il processo per quell’eccidio a Caltanissetta, aveva una cartina stradale, quella di Pizzolungo, la frazione di Erice dove i mafiosi piazzarono quel giorno di aprile di 24 anni addietro un’autobomba per uccidere un giudice, Carlo Palermo e che dilaniò una famiglia, Barbara Rizzo Asta ed i suoi figlioletti, Giuseppe e Salvatore di sei anni. Mandante di stragi e imprenditore. Uno però che aveva fastidi se qualcuno gli si ponesse di traverso. E così sbraitava contro Mauro Rostagno che da un tv non era tenero con chi era colpevole di malaffari. O che un giorno per intimorire un commercialista non esitò ad uccidergli dinanzi, strozzandola con un filo, una gazza ladra.

Tutto questo e molto altro ancora c’è stato fino a quando non sono saltate fuori dalla indagini le connessioni, le complicità, tra mafia, politica ed imprenditoria, e complici anche le guerre intestine dentro Cosa Nostra, Virga è uscito di scena, perchè finito in carcere, lui ed i suoi figli, Franco e Pietro. E anche una schiera di complici, colletti bianchi, commercialisti, imprenditori, prestanome. Sembrava che Cosa Nostra trapanese avesse ricevuto il colpo mortale grazie alle indagini della Dda e della Squadra Mobile di Trapani diretta dal vice questore Giuseppe Linares e che c’era da pensare solo alla cattura del super boss ancora oggi ricercato Matteo Messina Denaro dopo l’arresto di una decina di super latitanti, tra cui quell’Andrea Manciaracina che giovanissimo riuscì ad avere un colloquio a Mazara con l’allora ministro Giulio Andreotti, guarda caso negli anni in cui Riina era latitante in quella città. E invece? Come ha scritto in una requisitoria il pm Andrea Tarondo in quel 2001 era come se la società trapanese fosse rimasta orfana di un capo mafia tanto che un nuovo boss serviva ad ogni costo. Erano gli anni in cui riprendevano flussi finanziari di maxi finanziamenti e ci voleva qualcuno che spartisse la torta. Il nuovo boss divenne Francesco Pace imprenditore di Paceco: si presentò a tutti con una cena a base di aragoste e champagne nel migliore ristorante della città. Insediò la migliore cupola che la mafia sommersa potesse avere, fatta tut
ta da imprenditori. Quelli che piacevano anche ai politici.

La Calcestruzzi Ericina nel frattempo passata dalle mani mafiose a quelle dello Stato, una volta serviva ai mafiosi per entrare nei cantieri e imporre forniture ora veniva usata per sfidare i boss. Un prefetto, anzi “il” prefetto Fulvio Sodano, vedendo in pericolo la sopravvivenza dell’impresa, perchè gli imprenditori non compravano più lì il cemento, convocò gli industriali e disse che per le commesse pubbliche bisognava valutare la convenienza di acquistare il cemento presso quell’impianto. Ciò significava che una fetta di quella «torta» sarebbe sfuggita alle imprese raccomandate dal nuovo capo mafia don Ciccio Pace.

Un paradosso: quel  «mercato» e quel «sistema» mafioso che non suscitava scandali e interventi, ma tacite complicità, veniva come «inquinato» dall’intervento dello Stato, dalla legalità. E allora, pensarono i mafiosi, se non era possibile fare fallire la Calcestruzzi Ericina bisognava sollecitarne la vendita. Non riuscì nè l’una nè l’altra cosa. Vi fu la ferma opposizione del prefetto Sodano che riceveva i vertici di Assindustria con l’imprenditore Mannina che si proponevano la vendita quasi che facesse un favore allo Stato, discuteva con loro e diceva che la decisione per la vendita doveva prenderla il Demanio, ma avvertiva che se gli avessero chiesto un parere lui avrebbe detto di “no”. Poi informava la sqaudra Mobile di quegli incontri: la circostanza agli investigatori del vice questore Linares “riscontrava” ciò che sentivano nelle intercettazioni ambientali, il volere di don Ciccio Pace che di quella Calcestruzzi Ericina ne aveva fin sopra i capelli perchè ostacolava le sue imprese mentre al porto di Trapani si aprivano i cantieri con i fiumi dei finanziamenti pubblici.A disposizione un funzionario del Demanio, Francesco Nasca, oggi sotto processo: l’Assindustria e Mannina quando Sodano disse loro che era col Demanio che bisognava parlare, loro risposero che ne avevano già parlato con Nasca, il prefetto si stupì e non lo nascose loro, riferì che a lui risultyava che quel funzionario da quell’incarico di gestione dei beni confiscati era stato rimosso e non poteva più occuparsene. Si capisce bene perchè il prefetto Sodano per i mafiosi era «cosa tinta» e così salavata la calcestruzzi Ericina, messo in moto il sistema bloccato di affidamento e gestione dei beni confiscati (fece sfrattare da casa la famiglia del boss Vincenzo Virga che nel marzo 2001 continuava ad abitare nella palazzina consfiscata da tre anni) da un giorno all’altro si trovò fuori dalla prefettura di Trapani, mandato altrove a fare il prefetto. Che era poi quello che i mafiosi si andavano augurando accadesse oltre che a lui anche al capo della Mobile Linares. E a qualche magistrato. Sodano non è stato premiato per la sua azione. Il Governo Berlusconi nel 2003 su proposta del mnistro dell’Interno Pisanu, attuale presidente della commissione nazionale antimafia, da Trapani lo mandò a fare il prefetto ad Agrigento. Non gli è stata nemmeno concessa la cittadinanza onoraria che invece a Trapani è per esempio andata ad un paio di giornalisti che parlando in tv della città l’hanno esaltato per le buone arancine qui vendute, facendo felici sindaci e parlamentari che di mafia parlano quando debbono parlare dei «professionisti» dell’antimafia.

Nel novembre del 2005 la vicenda è venuta fuori per una buona parte mentre in carcere entravano il nuovo padrino Ciccio Pace ed i suoi complici, mentre venivano confiscate un paio di aziende che erano risultate «strumenti» economici in mano alla mafia. La Calcestruzzi Ericina è andata avanti è ha fatto il salto di qualità, superando i veti dei mafiosi, ostilità di imprese concorrenti legate a Cosa nostra, intoppi burocratici, lungaggini di legge. Se in Sicilia sono stati i segni ed i simboli da sempre a rappresentare le cose peggiori, adesso la realtà è mutata, e la «Calcestruzzi Ericina Libera» non è solo qualcosa di nuovo, ma dimostra che in Sicilia qualcosa di diverso si può fare rispettando la legge e la legalità.

L’iter della trasformazione è così raccontato dall’amministratore giudiziario Luigi Miserendino: «Non è stato facile concludere l’iter burocratico, sono state presentate 35 copie del progetto di riconversione a 13 enti diversi che hanno dovuto concedere i nulla, nel 2005 abbiamo presentato alla Provincia di Trapani la richiesta per l’emissione delle polveri nell’atmosfera, nel frattempo la competenza è passata alla Regione e chi aveva il dovere di farlo non ha trasmesso subito i dossier al nuovo ente responsabile».

«Grande merito hanno gli stessi dipendenti – continua Luigi Miserendino – Io con loro dal gennaio 2001 abbiamo  vissuto molto da vicino negli ultimi anni quello che è stato fatto a Trapani dalle forze dell’ordine e dalle migliori istituzioni per liberare dal condizionamento mafioso il settore del calcestruzzo e non solo. Quando nel 2001 l’unica azienda confiscata in questo settore stava chiudendo i battenti perché molti imprenditori erano stati indotti a cambiare il fornitore, lo Stato reagì vigorosamente riuscendo a salvare l’azienda da sicuro fallimento. Si badi bene che mantenere il controllo di queste attività è molto importante per un sodalizio criminale che non agisce nella legalità: vuoi per le possibilità di “nero” e quindi di economia sommersa che esse offrono, vuoi per la facilità di controllare più agevolmente il territorio e le sue imprese edili. È sotto gli occhi di tutti il risultato delle indagini svolte dai tanti servitori dello Stato che a Trapani fanno bene il loro dovere: dopo la confisca della Calcestruzzi Ericina, sono state sottoposte a sequestro anche la Calcestruzzi Mannina e la Sicilcalcestruzzi di Pace».

«I risultati che si raggiungeranno con la nuova azienda saranno molti – continua Miserendino – L’azienda sopravviverà, nella zona sarà ridotto l’utilizzo delle cave e verranno smaltiti i rifiuti dell’edilizia con risparmi notevoli per tutti».

Veniamo alle cronache più recenti. Se non fece mai scandalo il fatto che i mafiosi vendevano il cemento, oggi nero su bianco si è anche scritto che lo scandalo è rappresentato dal fatto che lo Stato gestendo in provincia di Trapani un buon numero di aziende di produzione di cemento perchè confiscate, «condiziona» il mercato ed esercita un «monopolio». «Credo – dice Miserendino – che siamo dinanzi ad una grande disinformazione, forse dovuta a mera ignoranza su una materia alquanto delicata, una superficiale lettura dei fatti,  ma anche, nel peggiore dei casi, ad una subdola insinuazione sull’operato delle Istituzioni trapanesi nei confronti dell’organizzazione mafiosa».

«Dalla situazione di partenza, che nel biennio 2001/2002 vedeva il pervicace tentativo del sodalizio mafioso di mantenere il controllo sul calcestruzzo trapanese – evidenzia Miserendino – si è arrivati oggi ad una quasi completa liberalizzazione del settore nella città di Trapani; prova ne sia che se prima il prezzo ed il fornitore erano imposti dai mafiosi, oggi non c’è alcun monopolio dello Stato che, nelle sue diverse articolazioni e forme giuridiche di amministrazione, garantisce la libera concorrenza tra le aziende di calcestruzzo, con indubbio beneficio per gli imprenditori edili sia in termini di maggiore libertà che in termini di maggiore convenienza economica.

Non direi che tanto è il nulla, anzi direi che di questi risultati bisognerebbe essere orgogliosi e ringraziare quanti si prodigano quotidianamente per raggiungerli».

Esempi? «Mentre Virga imponeva il prezzo pieno o al massimo il 3 per cento di sconto agli imprenditori più forti, oggi la Calcestruzzi Ericina per essere competitiva sul mercato pratica scontistiche molto accentuate, in alcuni casi fino al 12 per cento (per le commesse più grosse). Inoltre, oggi gli imprenditori sono veramente liberi di andare dove vogliono, almeno per il calcestruzzo, e possono star sicuri che gli amministratori delle imprese confiscate o sequestrate non praticheranno mai alcuna politi
ca di cartello, pena le conseguenze di carattere anche personale che l’autorità giudiziaria comminerebbe».

Quanto ai criteri con cui gli amministratori giudiziari amministrano le aziende ed il futuro dei lavoratori? «Mi pregio di informare quanti non lo sapessero, che la Calcestruzzi Ericina in questi otto anni di lavoro alla luce del sole, è riuscita a realizzare un investimento di oltre 2 milioni e mezzo di euro, e con le proprie forze inaugurerà a breve il nuovo impianto aumentando i lavoratori impiegati a 14 unità».

Anzi i dipendenti sono 15, ce ne è uno assunto con carattere straordinario e per rendergli onore, il prefetto Fulvio Sodano. È lui il 15° uomo della nuova Calcestruzzi Ericina. E lunedì ha promesso che ci sarà anche lui a far festa con i suoi «colleghi operai».

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