NEWS

Giustizia, Dalla Chiesa all’antimafia sociale
“L’opposizione non c’è, adesso tocca a noi”

Di Alessio Magro il . Interviste e persone

Il concetto è semplice:
per limitare l’uso disinvolto delle intercettazioni bastano ministero
e Csm. E invece si usa la scure. Perché? Nando Dalla Chiesa ha un’idea
chiara sulla riforma della giustizia targata Alfano: l’intera classe
politica si pone al di sopra della legge. Docente universitario, presidente
onorario di Libera, da sempre insieme agli altri familiari delle vittime
delle cosche, quella di Dalla Chiesa è una militanza su più fronti,
dalla politica all’antimafia sociale. E alla politica e all’associazionismo
Dalla Chiesa lancia messaggi chiari: nel futuro c’è il governo Berlusconi,
tocca alla società civile assumersi l’onere della denuncia forte
e diretta perché l’opposizione non esiste e i movimenti politici
non ci sono più.

Siamo agli sgoccioli
sul dl sulle intercettazioni. Dalla Chiesa, cosa ne pensa?

“Inutile dirlo, il
parere è negativo. Ma non ci dobbiamo nascondere che i problemi posti
sono problemi concreti. Certo ci sono tanti modi per risolverli. Nessuno
nega le storture che l’uso disinvolto delle intercettazioni ha comportato.
È chiaro però che la problematica è un pretesto per mettere un freno
alla magistratura”.

C’è chi però
sostiene che casi come quello dell’ archivio Genchi svelino pratiche
perverse.

“Ripeto , ci sono
delle storture evidenti: dalla pubblicazione di trascrizioni di conversazioni
personali al resto. Il punto sta nell’affidabilità di chi si occupa
di attività così delicate, nella professionalità dei consulenti.
Anche quello dei costi è un problema che va affrontato. Fissare dei
tetti di spesa calibrati e limitare le consulenze esterne non è un’idea
malvagia. Il dato di Torino ci dice che si possono fare inchieste serie,
efficaci e portarle a termine con successo senza fare lievitare i costi”.

Cosa suggerisce?

“Semplicemente la
situazione può essere affrontata e risolta con indirizzi precisi del
ministero della Giustizia, dai tetti di spesa ai criteri di assegnazione
delle attività, e con adeguate linee investigative del Csm, per mettere
dei paletti ai pm”.

E invece la riforma
Alfano va giù pesante.

“E invece dicono
che si può intercettare quando ci sono gravi indizi di colpevolezza,
cioè senza il colpevole le indagini non partono: assurdo. Come è grave
continuare a limitare la lista dei reati e limitare la durata delle
intercettazioni. A volte occorre l’ascolto per tempi lunghissimi,
si va molto alla leggera. A volte le indagini partono da ipotesi di
reato minori arrivando a svelare reati gravi e gravissimi, penso al
caso della clinica Santa Rita a Milano. È chiaro che riforma limita
pesantemente la magistratura, si depotenzia il potere di controllo giudiziario.
È un processo che viene da lontano”.

Viene da lontano
e punta ad andare lontano: prossimo obiettivo la separazione delle carriere.
Ma nessuno fa le barricate, a quanto pare.

“Si ha il timore
di sembrare antigarantisti assumendo atteggiamenti rigorosi. Gli abusi
si possono semplicemente limitare. Invece, quando c’è chi apre la
pista proponendo cose inimmaginabili, si cerca di limitare i danni.
E poi quando hai limitato i danni pensi di avere fatto il tuo. Sembra
di stare al mercato. Però quello che passa, in versione ridimensionata,
è sempre un grave danno”. 

Tutto qua? O ci
sono anche delle convergenze sospette?
 

“Ci sono anche le convergenze,
inutile negarlo. Dico che, in generale, c’è una irresponsabilità
della classe politica, che nasce dalla volontà di coprire certi reati.
Ci si appella alla privacy quando viene violato il santuario dei partiti.
Ma nessuno si indigna quando si assiste ad abusi e violazioni della
privacy in altri ambiti”.  

Dato il quadro politico
attuale, cosa ci dobbiamo aspettare?
 

“Nel futuro c’è questo
governo. Il futuro sta nella capacità di opporsi a questo governo.
Non nascondiamoci che i partiti sono deboli, l’opposizione non c’è.
E mancano movimenti politici come quello dei girotondi. E le proteste
che si fanno in piazza, penso a Di Pietro, sono pur sempre iniziative
partitiche. Per questo le posizioni sono più deboli rispetto al 2001”. 

Anche la stampa
è chiamata in causa, si aggira lo spettro del carcere per i cronisti.
 

“Sulla stampa si sono lette
cose inaudite. Porcate memorabili. Campagne stampa prezzolate, giornalisti
che scrivono su comando di persone poco raccomandabili. Falsi, faziosità.
C’è chi scrisse addirittura che Falcone era a capo di una cupola
siciliana, e la passò liscia. Adesso dire che i giornalisti debbano
finire in carcere o pagare somme esagerate quando usano le carte delle
indagini mi sembra assurdo. Anche in questo caso, il rimedio è semplice:
occorrono regole ferree in difesa delle indagini in corso. Pubblicare
il resto è democrazia”. 

E l’antimafia sociale
come si pone rispetto alla fase attuale?
 

“L’antimafia sociale è
poco rappresentata nel dibattito legislativo. Manca la capacità di
incidere quando si parla di riforma della giustizia e di altro. C’è
un atteggiamento psicologico scorretto: si fa la battaglia culturale,
sociale, sui territori, anche campagne sulla stampa di grande efficacia,
però spesso non si interviene sulle questioni generali o non lo si
fa con continuità, come se la giustizia non riguardasse l’antimafia
sociale”. 

È una chiamata alle armi? 

“Dico che l’associazionismo
deve prendersi questo compito, assumersi la responsabilità della denuncia
forte e diretta, soprattutto quando manca una vera opposizione”. 

Si va verso il 21 marzo,
la giornata della memoria delle vittime di mafia di Libera, quest’anno
a Napoli. Un appuntamento ancora più
carico di significati. Ma a quanto pare, il fronte dei familiari arriva
diviso.

“Anche a Napoli saremo in
tanti per dire che la violenza non è e non può essere un modello
di vita, che le mafie si combattono coi valori della responsabilità,
dell’onesta, della vita. È importante andare a Napoli. Ci andremo
compatti. Io queste divisioni non le vedo. Chi vuole lanciare denunce
più forti e dirette, come accade, lo può fare liberamente, è sacrosanto.
Questo non vuol dire dividersi. Siamo una comunità, il legame è talmente
forte che non ci si fa dividere dalla politica. Del resto, se c’è
qualcuno che ha voglia di dividersi, sono fatti suoi”. 

Cosa pensa della partenza
a rilento della commissione antimafia?

“I tempi di partenza della
commissione sono sempre lenti. Io credo che Pisanu sia una persona seria,
lo ha dimostrato in passato, potrà essere un buon presidente. La commissione
antimafia dovrebbe avere la capacità di incidere sulla politica legislativa
del governo, di dare impulsi sui tempi della giustizia. È un ruolo
istituzionale fondamentale. Sono fiducioso”.  

Ultimo punto: sul 41 bis
c’è una stretta positiva. Si andrà
avanti secondo lei?

“La strada è quella giusta.
Adesso si dovrà vigilare sui giudici di sorveglianza: non si devono
ammettere sconti facili sul carcere duro”.

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link