Colletti sporchi
Il titolo rimanda già alle conclusioni: è la zona grigia dei colletti spor- chi la vera questione italiana. Quel sistema omogeneo tra mafiosi e imprenditori, massoni e uomini delle istituzioni, politici e giudici. Un sistema che si intravede in tutti i grandi misteri della Repubblica e che il potere giudiziario non riesce a scalfire. Tanto che Luca Tescaroli, il magistrato che ha portato alla sbarra esecutori e mandanti della strage di Capaci e che adesso indaga sull’omicidio Calvi, ha dovuto scrivere un libro per rivelare alcuni retroscena ignorati dalla grande stampa del Paese: le carte parlano chiaro, tanti e troppi elementi di indagine sui mandanti occulti delle stragi portano dritti a Silvio Berlusconi e Mar- cello Dell’Utri. Un’inchiesta a tutto tondo quella condotta dal giornalista e scrittore Ferruccio Pinotti e dal giudice veneto, attraverso i tre livelli della bor- ghesia criminale. Quello delinquenziale, tartassato dalle operazioni di polizia. Il livello di vertice delle mafie, anch’esso duramente colpito dalle indagini delle Dda d’Italia (soprattutto Cosa nostra). E infine il terzo livello, la borghesia mafiosa, o come suggerisce Antonio Ingroia (un altro pm in prima linea nella trincea Sicilia) borghesia tout court. Una borghesia “debole” che da sempre privilegia le trame occulte alla democrazia, gli affari sporchi alla libera concorrenza, il privilegio sistematico alle regole. Attraverso il riciclaggio, la gestione degli ap- palti, le infiltrazioni nell’economia, la sovranità su politica e informa- zione, i poteri si saldano. E la mafia è solo un elemento dell’ingranaggio, forse neanche il più potente e pericoloso. Tescaroli, narrando della sua quasi decennale esperienza nella procura di Caltanissetta (che per competenza ha inda- gato sulle stragi di Capaci e via D’Amelio) pone un quesito inquietan- te. Perché tutte le indagini sul primo e secondo livello di Cosa nostra sono andate in porto, ergastoli su ergastoli, fino all’azzeramento della cupola, mentre le indagini sui mandanti occulti si sono arenate? O meglio: sono state letteralmente ostacolate? Ecco il retroscena: gli ultimi due atti di Tescaroli a Caltanissetta sono stati una relazione per motivare il suo diniego all’incriminazione per calunnia di Filippo Alberto Rapisarda (che parlò dell’ingresso del boss Stefano Bontate come socio occulto di Berlusconi negli anni ‘70), e la richiesta di archiviazione per le indagini sui mandanti occulti delle stragi. Un caso spinoso. Secondo i pm Tescaroli, Anna Palma e Anto- nino Di Matteo, i pentiti Giovanni Brusca e Salvatore Cancemi avreb- bero fornito elementi certi e convergenti sulle stragi, sui mandanti e sui mandanti occulti. Le indagini coperte su Berlusconi e Dell’Utri proseguirono fino all’ottobre del 2000, senza giungere ad un punto fermo. Ecco che si rese necessaria l’archiviazione. Tescaroli, ormai rimasto solo a Caltanissetta, scrisse la richiesta motivandola però con l’insufficienza delle prove. Ma il procuratore capo Giovanni Tinebra, lo stesso che sostenne Tescaroli e gli altri pm durante i processi al gotha di Cosa nostra, bocciò la linea. Arrivò una seconda versione, anch’essa bocciata e riscritta da Tinebra in chiave pienamente liberato- ria. Stessi giudici, stessi pentiti, medesime risultanze d’indagine, due pesi diversi. Che un magistrato debba tener fede al proprio dovere scrivendo un libro è già il sintomo del degrado civile della nazione. I tanti magistrati ascoltati da Pinotti suggeriscono riforme, leggi più efficaci, chiedono garanzie e chiamano la società civile alla mobilitazione. Ognuno deve fare la propria parte fino in fondo, è il messaggio. Però tutti convergo- no su un elemento: il primato della politica. E di questione morale i colletti sporchi sembra non ne vogliano sentir parlare.
Ferruccio Pinotti – Luca Tescaroli Bur – euro 12 – 463 pagine
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